cerNObyl

Cosa è successo a Chernobyl?

Antonio Politi

 

Che cosa è successi in Ucraina la notte tra il 23 e il 25 aprile? E' tutto finito oggi 16 maggio o il pericolo permane? L'informazione esistente non è sufficiente a fornire risposte certe, ma la casistica degli incidenti possibili in una centrale elettronucleare lascia poco spazio alla fantasia. E' evidente infatti che in Russia si è verificato uno degli incidenti previsti quali quasi impossibili nei rapporti sulla sicurezza nucleare, che gli scienziati hanno prodotto per sostenere l'affidabilità dell'energia prodotta dalla fissione dell'uranio (primo fra tutti, la bibbia dei filonucleari, il rapporto Rassmussen in sigla WASH - 1400). Tale tipo di incidente va sotto il nome tecnico di LOCA (Loss Of Cooling Accident), cioè surriscaldamento e fusione del nocciolo del reattore a causa di un guasto nei sistemi di refrigerazione, ed era previsto possibile solo una volta ogni 100.ooo reattori funzionanti per anno.

Chernobyl: uno dei tanti

Attualmente con solo alcune migliaia di reattori/anno l'incidente è già avvenuto e per altre due volte è stato sull'orlo di verificarsi negli Stati Uniti (a Browns Ferry nel 1975 e a Three Mile Island nel 1979; nel rapporto della Commissione Presidenziale istituita per indagare sull'incidente di Harrisburg si dice testualmente che non è possibile sapere perché la bolla di idrogeno formatasi dentro il reattore non sia esplosa con conseguenze catastrofiche, ma quelle che è certo è che ciò non può essere attribuito ad alcun intervento umano, ma solo al caso). E' vero che il rapporto Rassmussen era stato criticato da più parti (compreso un rapporto dell'American Physical Society), ma nessuno aveva previsto una tale frequenza che, se confermata, renderebbe con il numero di reattori attualmente funzionanti nel mondo un nuovo incidente pressoché certo nei prossimi cinque anni.

La cosa più preoccupante è che non è facile credere che l'emergenza sia finita. Non è infatti per nulla sufficiente affermare che l'incendio del reattore è spento; infatti quello che bisogna temere sono le conseguenze possibili in quanto una massa radioattiva non raffreddata ed in fase di fusione (meltdown) continua a produrre calore per effetto delle stesse radiazioni nucleari e finisce per fondere qualsiasi contenitore, rischiando di sprofondare nella crosta terrestre con conseguente dispersione nelle falde acquifere. E' necessario, quindi, asportare calore dalla massa del materiale radioattivo o frantumarla per controllarne più facilmente la temperature e diminuirne l'attività. Tutte e due queste possibilità incontrano le difficoltà del mancato controllo della dispersione di radionuclidi nell'ambiente. E' per questo che la scelta a Chernobyl è stata quella di seppellire la massa fusa radioattiva sotto un'ingente quantità di materiali refrattari, nell'attesa che nei prossimi mesi la temperatura cali molto al di sotto degli attuali 2.000 gradi e nella speranza di riuscire nel frattempo a contenerla con continui interventi.

Il nuovo cavallo di battaglia dei filonucleari nostrani è l'arretratezza della tecnologia sovietica e la scarsa sicurezza dei loro impianti. E' un dato di fatto che la filiera del tipo di quella di Chernobyl è largamente obsoleta, ma è altrettanto certo che incidenti (e la storia delle centrali statunitensi già citate lo conferma) del tipo suddetto sono possibili anche nelle filiere occidentali e non c'è doppio contenitore che sia in grado, in questo caso, di limitare le cause catastrofiche che ne conseguono. L'esplosione dei gas può, per esempio, frantumare il vessel (contenitore in acciaio speciale del nocciolo) ed i suoi frammenti possono squarciare qualsiasi altro contenitore, con conseguente dispersione nell'atmosfera dei radionuclidi.

Quello che deve essere chiaro è che ciò che è successo in Unione Sovietica può succedere ovunque, negli Stati Uniti, e, con conseguenze dirette molto più gravi per il nostro paese, nell'Europa Occidentale.La nazione con più alto tasso di nuclearizzazione nel mondo è la Francia, dove, tra l'altro, è dal settembre scorso entrato in funzione il Superphenix (potenza 1.200 Mwe), il più grande breeder (LMFBR) del mondo. Sarebbe molto lungo spiegare cosa sia in breeder, quello che interessa in questa sede è che, a differenza dei reattori tradizionali, questo tipo di centrale nucleare può subire un'autentica esplosione nucleare, che la tecnologia relativa è tutta ancora in fase di sperimentazione e che il loro contenuto di plutonio (il radionuclide più pericoloso e dalla vita media di 24.000 anni) è notevolmente superiore. Gli effetti di un incidente a Creys Malville sul Rodano, dove è situato il Superphenix a meno di 100 km da Torino, sarebbero incalcolabili e sicuramente molto più disastrosi di quelli di Chernobyl.

L'Italia partecipa per un terzo, insieme a Francia e RFT, a questo progetto e l'ENEA ha in fase di avanzata costruzione una centrale di questo tipo, destinata solo a scopi di ricerca e non di produzione di energia elettrica, al Brasimone sull'Appennino Toscano fra Firenze e Bologna: il PEC (la Regione Toscana ha recentemente denunciato l'accordo con l'ENEA, sotto l'influenza psicologica dell'incidente sovietico).

Nella vita di una centrale nucleare, comunque, non vanno presi in considerazione solo gli incidenti (97 tra più e meno gravi a Caorso), ma i rilasci che essa scarica periodicamente nell'ambiente circostante. La quantità di questi rilasci, che interessano la popolazione che vive attorno alla centrale, può essere stimata ottimisticamente in 10 mRem/anno, pari ad un decimo del fondo naturale. Occorre precisare che tale radioattività si somma a quella naturale, producendo un surplus di cancri e malformazioni genetiche, e che per di più, essendo tale da entrare nella catena alimentare e quindi da sottoporre l'uomo all'irraggiamento interno che p più pericoloso, il rapporto 1 a 10 è da considerarsi non certo in termini così strettamente matematici. Per far dimenticare questi problemi l'ENEL paga ai Comuni in cui vengono insediate le centrali nucleari mezza lira per KWh prodotto.

La nube di Chernobyl ha investito l'Italia creando scene di panico e di allarmismo generalizzato. Certo l'informazione fornita dagli organi preposti è stata tutto tranne che chiara, giustificando tutte le voci incontrollate ed il loro contrario. Se sarà difficile fare il punto su quanto è effettivamente successo, è innegabile che la radioattività proveniente dall'Ucraina comporterà un carico aggiuntivo di malattie mortali nei prossimo decenni perché, checché sostenga l'ENEA-DISP, non esiste alcun livello di soglia al di sotto della quale la radioattività è priva di effetti.

Se da una parte i dati forniti appaiono eccessivamente tranquillizzanti, dall'altra le misure protettive prese in assenza di adeguate chiare informazioni hanno creato paure spesso eccessive e resta il dubbio se le autorità avessero a cuore effettivamente la salute dei cittadini. Dall'altro lato infatti si minimizzano sistematicamente gli effetti normali delle centrali in funzione. Ci sarebbe da sperare che le precauzioni assunte in queste occasioni fossero assunte in futuro in tutte le occasioni, solo ora si è venuti a conoscenza delle massicce dosi radioattive assunte dalla popolazione negli anni sessanta per effetto degli esperimenti nucleari francesi nel Sahara.

Il ragionamento, comunque, deve iniziare a divenire globale. E' necessario individuare e puntare ad eliminare tutti i fattori di nocività cui siamo giornalmente sottoposti, e quindi non solo la radioattività di Chernobyl, ma quella nostrana, l'inquinamento chimico, la sofisticazione del cibo industriale, la nocività degli ambienti di lavoro. E' tutto un sistema di produzione che deve essere criticato, un sistema di produzione che sacrifica alla logica del profitto la salute e la vita di tutti. 


Di radioattività si muore, Anna Gambino

Indice