cerNObyl

Di radioattività si muore

Anna Gambino

 

In seguito ad un'esplosione nucleare vengono liberati circa duecento radionuclidi, la maggior parte dei quali fa un periodo di dimessamente inferiore ad un giorno. Nella ricaduta delle particelle radioattive si possono fondamentalmente distinguere tre fasce a seconda del diametro delle particelle medesime:

  1. ricaduta locale: costituita da particelle di diametro maggiore a 200 micron che si depositano nelle immediate vicinanze dell'esplosione;
  2. ricaduta troposferica: rappresentata dalla frazione che si deposita entro 20-30 giorni dall'esplosione, la zona interessata da questa ricaduta è più ampia della precedente;
  3. ricaduta stratosferica: sono particelle aventi un diametro inferiore a 5 micron, provenienti dalla stratosfera nella quale sono state spinte dall'esplosione, queste particelle impiegano molti anni per depositarsi e quindi possono pervenire a grande distanza dalla zone di esplosione.

Dei circa 200 radionuclidi che si liberano, solo pochi rappresentano un rischio dal punto di vista sanitario. I più importanti sono: Iodio-131 con tempo di dimezzamento di 8,1 giorni, il Cesio-137 con tempo di dimezzamento di 33 anni, lo Stronzio-90 con tempo di dimezzamento di trent'anni. Inoltre questi radionuclidi sono immessi nell'atmosfera anche nel caso di fusione del nocciolo di un reattore nucleare (vedi incidente di Chernobyl).

La penetrazione nell'organismo sia umano che animale può avvenire sia per via inalatoria, sia attraverso l'ingestione di alimenti inquinati. La via alimentare è di gran lunga la più importante specialmente nel caso delle ricadute stratosferiche che giungono a grande distanza dal luogo dell'incidente.

Gli alimenti (verdure) possono inquinarsi:

  1. per deposizione diretta dei radionuclidi, specie con le piogge
  2. indirettamente per assorbimento da parte delle radici, dei radionuclidi depositatisi nel suolo.

Dei tre nuclidi più importanti dal lato sanitario il Cesio-137 si distribuisce a tutto l'organismo e soprattutto alle masse muscolari, lo Iodio-131 si concentra nella tiroide, lo Stronzio-90 ha come organo critico le ossa dove viene trattenuto anche per molto tempo.

La principale caratteristica della radioattività consiste in una instabilità del nucleo dell'elemento radioattivo, per cui si osserva la emissione di energia sottoforma di particelle alfa o beta e a volta anche di raggi gamma. Questo fenomeno è conosciuto col nome di decadimento radioattivo o di disintegrazione radioattiva; pertanto le radiazioni ionizzanti sono il risultato della disintegrazione di un atomo con emissione di radiazioni e formazione di nuovi atomi, il processo si ripete finché non si arriva ad un elemento stabile che non può decadere in un elemento radioattivo si trasformi per decadimento si chiama semivita radioattiva o tempo di dimezzamento.

La semivita dei nuclidi varia enormemente, in alcuni casi è di qualche miliardesimo di secondo, in altri casi può protrarsi fino a qualche miliardo di anni.

Si parla anche di semivita biologica che è il tempo necessario affinché l'organismo alimini metà delle sostanze radioattive penetrate e di semivita effettiva che coincide col tempo che necessita affinché un elemento radioattivo si riduca della metà per l'effetto combinato della eliminazione e del decadimento radioattivo:

semivita effettiva = semivita biologica x semivita fisica/semivita biologica + semivita fisica.

L'unità di misura della radioattività è il curie.

Si parla di:

  1. dose di esposizione:rappresentata dal numero delle ionizzazioni prodotte dalle radiazioni X o Y. L'unità di misura è il Roengten;
  2. dose assorbita: definita come la quantità di energia caduta dalle radiazioni ionizzanti all'unità di massa del materiale irradiato. L'unità di misura è il rad;
  3. dose biologica efficace: questa dose tiene conto non solo della dose assorbita ma anche del tipo di radiazione; è chiamata anche EBR (efficacia biologica relativa) ed è il prodotto della dose assorbita per il coefficiente EBR. L'unità di misura della dose biologica è il rem.

I tessuti particolarmente radiosensibili sono quelli ad elementi labili (ad elevata attività biologica - sangue, pelle) spontaneamente.

Le particelle alfa hanno un potere di penetrazione scarso infatti sono arrestate da pochi centimetri di aria e non penetrano nei tessuti per più di 0,1 centimetri, pertanto provocano lezioni solo se vengono inalate o se si verifica l'ingestione di materiale radioattivo, altrettanto dicasi per le particelle beta che tuttavia hanno un potere di penetrazione maggiore tra i 3 e gli 8 cm, per quel che riguarda i raggi gamma bisogna dire che hanno un potere di penetrazione molto alto per cui anche una sorgente esterna può provocare lesioni ai tessuti profondi e di organi interni.

Il periodo necessario affinché la metà dei nuclei presenti la sensibilità dei vari tipi di cellule cresce secondo il seguente ordine:

  1. tessuto nervoso;
  2. tessuto muscolare;
  3. tessuto connettivo;
  4. tessuto endoteliale (pareti vasali, fegato, milza, ecc.);
  5. tessuto epiteliale;
  6. tessuto emopoietico.

Per quanto le radiazioni siano diverse tra loro si può affermare che ogni lesione da raggi è la conseguenza diretta e indiretta di un assorbimento di energia tale da provocare modificazioni di struttura in molecole costituenti la cellula. Le molecole critiche sono quelle del DNA (contenute nei cromosomi del nucleo), perché una loro alterazione strutturale implica una modificazione del messaggio genetico capace di provocare una stabile lesione biochimica o addirittura la morte delle cellule.

Quando un tessuto viene irradiato con una dose massiccia di raggi si ha arresto dell'attività riproduttiva delle cellule cui segue la frammentazione e la rottura dei nuclei, rigonfiamento torbido del citoplasma, seguito da fenomeni regressivi più profondi e infine da morte della cellula.

Quando la dose somministrata è minore si osservano modificazioni caratteristiche della moltiplicazione cellulare. Il tessuto irradiato, dopo un periodo di latenza, presenta diminuzione del numero delle mitosi (divisioni cellulari) (effetto primario) dovuta a modificazione della forma e della disposizione dei cromosomi tra loro, che conduce alla formazione di nuclei picnotici (diminuzione di dimensione) e di aspetto abnorme. In un secondo stadio (periodo intermedio) non c'è più traccia di mitosi, ma si osservano nuclei picnotici e frammentari. In un terzo tempo (effetto secondario) ricompaiono le mitosi, ma in forma patologica. Tutto questo ci spiega le modalità di insorgenza dei tumori e dei danni genetici.

Gli effetti biologici delle radiazioni vengono di solito divisi in effetti somatici e in effetti genetici.

1) Effetti somatici

Questi possono manifestarsi dopo breve tempo dall'assorbimento (effetti immediati o precoci) oppure dopo un periodo di latenza di mesi o addirittura di anni (effetti ritardati)

Effetti somatici immediati

Sono tanto più precoci e gravi quanto maggiore è la quantità di radiazione assorbita.

Effetti somatici ritardati

I più importanti sono la cataratta e le neoplasie specialmente leucemia, tumori della tiroide, della pelle, delle ossa.

2) Effetti genetici

Effetti sulla prima generazione

Questi possono essere il risultato di un danno ereditario o embrionale. Il danno ereditario è costituito dal danno subito dalle cellule germinali (uova e spermatozoi) e legato ad alterazioni cromosomiche e a mutazioni dominanti. Il danno embrionale si presenta con malformazioni che possono essere compatibili o incompatibili con lo sviluppo sia prima che dopo la nascita; si assisterà cioè ad aborti, nati morti e nati vivi malformati.

Effetti sulle generazioni successive alla prima

Sono danni esclusivamente ereditari, legati quindi ad alterazioni cromosomiche o a mutazioni.

Di conseguenza:

  1. il danno può interessate la prima generazione successiva alla mutazione, però nella maggior parte delle mutazioni recessive il danno può manifestarsi dopo alcune generazioni;
  2. non esiste la guarigione del danno;
  3. non esiste una dose soglia e quindi qualsiasi esposizione anche se modesta è sufficiente a far aumentare la frequenza di mutazione.

Inoltre:

  1. esiste una relazione lineare tra la frequenza di mutazioni e la dose accumulata;
  2. una dose compresa fra 30 e 80 rads è detta dose raddoppio perché provoca un numero di mutazioni pari a quello che si verifica spontaneamente per ogni generazione;
  3. in una popolazione irradiata, il numero dei danni di origine genetica nei nati della prima generazione è sempre maggiore al numero dei danni che si manifestano in qualsiasi generazione successiva;
  4. la somma dei danni di origine genetica che si manifestano nei nati di tutte le generazione successive alla prima supera di gran lunga il numero dei danni della prima generazione. 

Disinformazione programmata, Pio Baldelli

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