Una giornata nella vita di un visitatore a Tel Rumeida, Palestina
30.05.05

 

Sembrava una cosa semplice: fare un salto a trovare gli abitanti palestinesi di Tel Rumeida, portando la nostra solidarietà. Così, con spirito allegro siamo partiti, diretti a Gerusalemme e al solito punto di incontro al parco con i cappelli contro il sole, le bottiglie di acqua e le scarpe adatte. Ed eccoci là, 40 cittadini ben intenzionati che si sono infilati in 4 furgoncini che ci avrebbero portato alla nostra destinazione.

Tel Rumeida è un quartiere alla periferia di Hebron, la città dei patriarchi, e si trova su una piccola collina che da sulla città. Con zelo innato atto a riconquistare la terra, gli infaticabili coloni hanno creato un accampamento di roulette in cima a questa collina, nel bel mezzo di un quartiere esclusivamente arabo. I coloni vanno in giro pregando e sono fortemente armati e le strade che circondano la colonia sono state dichiarate chiuse ai palestinesi. Tenete ben presente questo fatto: i risultati per i vicini palestinesi sono catastrofici.

Come forse sapete, queste escursioni da parte dei pacifisti sono pubblicizzate apertamente in internet e tra i nostri lettori più avidi ci sono quelli della polizia e dei servizi segreti. Quindi, non deve stupire che ancor prima di uscire da Gerusalemme, eravamo in compagnia di 2 jeep della polizia e una macchina con 4 gorilla.

Benché sia perfettamente legittimo fare un'escursione nei pressi di Gerusalemme con 4 furgoncini, Hebron è tutta un'altra cosa: Hebron è situata nella Zona A, cioè sotto il controllo dell'Autorità palestinese ed è quindi severamente vietato ai cittadini israeliani. Quindi, la polizia ci segue fino al punto che diventi chiaro che sta per compiersi un reato, e poi...

Gli organizzatori tra di noi, che sanno bene come vanno le cose, hanno deciso di lasciare la strada principale a Halhul (sulla strada di Hebron). In tutta fretta, abbiamo abbandonato i furgoncini, scavalcato un muro e, voilà, eravamo già nella Zona A. Furbi, no? Lì, abbiamo ingaggiato alcuni taxi palestinesi e dopo aver accolto alcuni membri dell'organizzazione di mediazione, Christian Peacemakers Team, siamo entrati a Hebron di buon umore.

Non avrete pensato, però, che i servizi segreti israeliani sono del tutto cretini, vero? Infatti, appena arrivati a Hebron abbiamo trovato un comitato di accoglienza che ha arrestato 24 di noi (subito trasportati indietro in Israele, interrogati, identificati anche con impronte digitali, perquisiti dentro e fuori, accusati e fermati fino a sera, rilasciati non senza l'intervento di un avvocato).

Il nostro taxi, e un altro ancora, miracolosamente mancati dai militari, ci ha lasciato in mezzo al Suq in modo che potevamo fare gli ultimi 500 fino a Tel Rumeida a piedi. Non si poteva proseguire con il taxi dal momento che il blocco stradale permanente rimane chiuso il giorno dello Shabat, su richiesta dei coloni (che non portano le macchine comunque quel giorno!), un fatto che assicura un giorno di riposo anche agli abitanti mussulmani e cristiani di Tel Rumeida - tanto, non contano loro...

Ora, potete immaginare che un gruppo di israeliani nel Suq di Hebron sia più che facilmente individuabile, e infatti quasi subito 2 compagni sono stati arrestati da una pattuglia militare israeliana. Ormai era chiaro che dovevamo sparire. I rimasugli del gruppo hanno corso su per le stradine in direzione di Tel Rumeida e dopo qualche parola di spiegazione in arabo, ci hanno fatto subito entrare nei cortili delle case dei palestinesi, in modo che non ci potessero beccare le pattuglie.

Dovevamo raggrupparci con l'uso dei telefonini, difficile per l'assenza di segnale in queste zone. Ma alla fine, si siamo tutti raggruppati e alcuni abitanti disponibili ci hanno guidato per un labirinto di vicoletti e cortili, immondizia e muri, fino ad una "casa sicura". Questa casa, che resta appena sotto la zona di giurisdizione israeliana, apparteneva ad un medico palestinese che ci ha cordialmente accolto con tè e limonata. Egli ha sfruttato l'occasione per potersi scaricare di dosso il dolore vissuto da lui e la sua famiglia. La sua casa si trova sulla "strada degli ebrei" che porta alla piccola colonia in cima alla collina. La strada spesso viene dichiarata chiusa ai palestinesi, in modo che i coloni si possono muovere in sicurezza, con la conseguenza che gli abitanti si trovano spesso agli arresti domiciliari, che i bambini non possono andare a scuola, che non si può fare la spesa. Più volte hanno buttato giù a calci il portone di casa e rompono i vetri delle finestre a sassate. Se gli si rompe un elettrodomestico, è impossibile far pervenire un tecnico per aggiustarlo. Lui stesso è stato picchiato o preso a sassate diverse volte e le denunce alla polizia vanno a vuoto. L'esercito è completamente remissivo nei confronti dei coloni. 

Dopo aver ascoltato tutte queste "buone notizie", abbiamo deciso di proseguire con il nostro viaggetto. In gruppi di tre abbiamo attraversato la strada che è frequentemente pattugliata, e facendo un'altra serie di vicoli e cortili abbiamo raggiunto la persona palestinese che ci doveva accogliere a Tel Rumeida. Abita direttamente di fronte alle roulotte dei coloni. Il portone di casa è sotto il livello della strada ed è sempre bloccato dai rifiuti della colonia, e se lui o qualcuno della sua famiglia osasse farsi vedere sulla strada, sarebbe sparato o minimo vittima di una sassata. Quindi, l'ingresso "normale" a casa sua è quel percorso contorto che abbiamo fatto noi per arrivarci. I coloni gli entrano tranquillamente in giardino e hanno già tagliato tutti gli alberi. La casa del vicino è stata quasi del tutto distrutta con le finestre in frantumi e i buchi dai proiettili che perforano i muri. La vita di questo vicino era diventata talmente intollerabile che se n'è andato. Ed è proprio questo lo scopo delle vessazioni da parte dei coloni.

Anche qui abbiamo sentito una lunga lista dei crimini dei coloni, aiutati apertamente dai militari. Gli hanno tagliato il corrente tante volte, sparano contro il serbatoio dell'acqua sul tetto, i suoi figli vengono aggrediti mentre vanno a scuola dai figli dei coloni e sotto l'occhio compiaciuto di quest'ultimi e delle autorità. La polizia non vuole avere niente a che fare con queste piccole questioni da vicini!

Quando era giunta l'ora di andar via, abbiamo scoperto che due coloni armati stavano prendendo il sole nel giardino abbandonato del vicino, chissà se fosse una combinazione... Comunque il nostro amico palestinese si è innervosito visibilmente, dicendoci che era meglio non uscire dal giardino e che questi signori erano capaci di spararci per la minima provocazione. Così, siamo andati via con il percorso alternativo di prima, in gruppetti scavalcando muri, passando per i vicoli in mezzo all'immondizia, nei cortili delle case fino a Suq, dove ci aspettava un minibus con i vetri scuri, che ci avrebbe portato fuori Hebron, senza essere avvistati.

Abbiamo visto uno Stato dentro uno Stato. Ed era pure lo Shabat... un giorno durante il quale i coloni se ne stanno a casa. Ma durante la settimana, circolano liberamente e fanno quello che vogliono. E quello che vogliono fare è infastidire gli abitanti palestinesi fino al punto che si decideranno di andarsene.

Non credo che farò altre visite a Hebron nel prossimo futuro.

Eldad Kisch