Temi sul debito

 

La finanziaria subisce gli ultimi ritocchi che non modificano l'insieme, dove il dato centrale è l'allungamento dell'età pensionistica che ha un significato economico preciso. Il debito pubblico verrà pagato dai pensionati, determinando un risparmio dal 2018 di €20 miliardi all'anno, che servono per ridurre l'importo del debito, oggi al 120%, fino al 2030. E' questa la data a cui il Parlamento europeo, centro democratico, ha deliberato vada riportato al 60% il debito dei singoli paesi. Spostando il pensionamento verso i 70 anni futuri e non rivalutando gli importi secondo inflazione, si ottiene un discreto risparmio, almeno di €320 miliardi dopo il 2018, almeno €100 miliardi entro il 2018 stesso.

Questo è il senso della finanziaria di Monti nei suoi elementi "strutturali", a cui si deve aggiungere la fine definitiva della concertazione sindacale, nata nel 1993, per cui i sindacati non vengono coinvolti nelle scelte; viene a loro, solo successivamente, data comunicazione delle scelte prese nell'ambito del governo e delle commissioni parlamentari, prima della ratifica del voto parlamentare. Questo determina il ruggito dei topi che improvvisamente si trovano a indire uno sciopero di 3 ore, loro che da anni fanno solo trattative di vertice e presidi simbolici; ed infatti ne è risultata una mobilitazione inutile che serve solo ad anticipare l'incazzatura della base e dei delegati nelle aziende deviandolo in azione simbolica, dopo che molti cortei avevano spontaneamente sospeso la produzione nelle fabbriche. Infatti si colpisce il corpo centrale della struttura sindacale e anche produttiva italiana: i 50enni.

Nel mentre le liberalizzazioni sfumano, i tagli della casta si stemperano, le privatizzazioni spariscono, la patrimoniale diventa una speranza per le future generazioni; persino la vendita degli immobili pubblici si è persa nei meandri del parlamento. Rimangono i trasferimenti alle aziende (€10 miliardi all'anno), dati strutturali fatti di riduzioni IRAP e di ACE che servono a ricapitalizzare le imprese, a costi nulli come tassazione, in un momento dove il costo degli interessi avrebbe spinto autonomamente i padroni ad usare maggiormente i propri soldi, anziché andare in prestito dalle banche come stanno da sempre facendo, almeno per 88% degli ammortamenti correnti. Una delle caratteristiche dell'imprenditoria italiana è usare denaro altrui nelle aziende, pari al 12%, mentre in Germania o Francia usano almeno il 30%, quindi si preferisce pagare interessi piuttosto che tasse. Questo è il progetto della Confindustria che era stato definito a metà luglio, altro che interessi della finanza multinazionale. Mentre a sinistra si discute sulla "metafisica" del debito, altri decidono chi lo paga nei prossimi anni e sono i soliti noti.

mm

15 dicembre 2011