I MAKHNOVISTI E I LIBERI SOVIET

Prefazione

 

Una delle accuse più frequenti rivolte agli anarchici è quella di essere portatori di un ideale utopistico che, alla luce della dura realtà della vita quotidiana, non reggerebbe, vuoi perché la natura umana non lo consentirebbe, vuoi perché il caos che ne deriverebbe implicherebbe il ritorno a uno stato selvaggio dove sopravvivono solo i più forti (ma non è proprio quello che accade oggi?).

Ma il fatto è che è tutt'altro che irrealizzabile l'ideale del comunismo anarchico - ossia una società senza dominio e sfruttamento, in cui ognuno gode delle ricchezze collettive della società in ugual misura, portando il proprio contributo al ciclo produttivo e partecipando direttamente al processo decisionale di tutto ciò che lo riguarda. E la prova del fatto che si tratta di una teoria strettamente coniugata con la pratica viene proprio dalle realizzazioni concrete effettuate dai comunisti anarchici quando le situazioni rivoluzionarie le hanno rese possibili. In quelle occasioni i fatti, e non le parole, hanno dimostrato che il comunismo anarchico è in grado di gestire anche società industriali complesse (come lo era quella catalana nel 1936).

Tuttavia, il comunismo anarchico deve essere voluto, richiede la sedimentazione di prassi e mentalità libertarie e l'acquisizione e l'acquisizione delle conoscenze tecniche e organizzative necessarie a strutturare e fare funzionare una società libertaria.

Non si tratta di un'astrazione insomma. E due ottimi esempi della natura pratica del comunismo anarchico ci vengono forniti dal programma dei Makhnovisti nell'Ucraina tra il 1917 e il 1922, e da quello degli Amigos de Durruti durante la Rivoluzione spagnola.

Questo dittico di quaderni ha lo scopo, anzitutto, di presentare per la prima volta in lingua italiana due documenti che nascono non dalle torri d'avorio intellettuali, ma da situazioni rivoluzionarie concrete, dalle persone coinvolte direttamente nella lotta per la sopravvivenza stessa della rivoluzione.

Il primo dei due documenti è frutto del lavoro di Nestor Makhno e del Gruppo comunista anarchico di Guliai-Pole, e fu adottato durante una sessione del Soviet Rivoluzionario Militare dell'Esercito Insorto Rivoluzionario (Makhnovista) dell'Ucraina il 20 ottobre del 1919. Dopo aver pubblicato il testo, portandolo a conoscenza della popolazione di quella regione liberata dell'Ucraina, che fu il teatro di operazioni dei Makhnovisti, le tesi del programma furono presentate al Secondo Congresso Regionale degli operai, contadini e insorti.

L'Esercito Makhnovista in quel tempo controllava gran parte dell'Ucraina meridionale e contava quasi 80.000 combattenti. E sebbene il documento stesso non sia stato adottato subito dal Congresso, fu accolto bene dai partecipanti (con pochissime eccezioni). Lo svilupparsi della situazione militare impedì un ulteriore dibattito sulle tesi e la successiva adozione del programma. Tuttavia la bozza di Dichiarazione è innegabilmente il documento che meglio rappresenta la volontà di larghe fasce dei lavoratori rivoluzionari ucraini del periodo.

Meno di venti anni più tardi il comunismo anarchico faceva di nuovo la sua comparsa nel mezzo di una situazione rivoluzionaria, questa volta in Spagna.

Il secondo quaderno di questo dittico presenta il testo di un opuscolo pubblicato a firma della Agrupación Amigos de Durruti, un raggruppamento di circa 5.000 militanti all'interno della CNT, il sindacato anarchico i cui militanti furono i protagonisti della rivoluzione sociale in Spagna, ma che, con la sua entrata nel governo repubblicano, tendeva sempre più a privilegiare la guerra civile a scapito della rivoluzione sociale. Rei di aver "tradito" l'anarchismo entrando nel governo in collaborazione con la borghesia, di non opporsi alla militarizzazione delle milizie popolari, ma soprattutto di aver sprecato la più grande opportunità di instaurare il comunismo libertario, dirigenti della CNT furono oggetto della rabbia e dell'amarezza di migliaia di membri del sindacato, che si costituirono come raggruppamento rivoluzionario interno, pubblicando un giornale, El Amigo del Pueblo, che dava voce alle rivendicazioni rivoluzionarie. Nel 1938, in seguito alle continue capitolazioni dei vertici di CNT e FAI di fronte alla restaurazione dello Stato borghese e del capitalismo, frutto dell'opera congiunta del governo repubblicano e del Partito Comunista (che per gli interessi di Stalin aveva il compito di spazzare via una "pericolosa" rivoluzione proletaria di segno libertario) gli Amigos de Durruti pubblicarono come opuscolo il testo che presentiamo, in effetti una sintesi di quanto il raggruppamento avesse scritto sulle pagine del suo giornale, un ultimo appello per il ritorno alle ideali della rivoluzione sociale. Come disse Jaime Balius, segretario di quel raggruppamento,

"Per questa ragione noi decidemmo di pubblicare Verso una nuova rivoluzione che era, come dicemmo, un messaggio di speranza e di determinazione a rinnovare il combattimento contro un capitalismo internazionale che aveva mobilitato i suoi gendarmi negli anni '30 (in altre parole le sue camicie nere e brune) per abbattere la classe lavoratrice spagnola alla cui testa marciavano gli anarchici, le schiere rivoluzionarie e la base della Confederación Nacional del Trabajo".

Ma era ormai troppo tardi. L'opportunità era sfuggita ed entro pochissimo tempo finì anche la guerra civile con la vittoria di Franco, della borghesia e della chiesa, ponendo fine alle speranze di un successo rivoluzionario.

Il legame fra i due quaderni del dittico sta quindi nel comunismo anarchico, nella sua lotta rivoluzionaria per una società senza Stato e senza capitalismo. Il comunismo anarchico non è tanto una delle correnti del più variegato movimento anarchico, quanto e soprattutto l'erede diretto e il continuatore dell'anarchismo delle origini, prima che subisse gli inquinamenti delle ideologie borghesi individualiste; dell'anarchismo di Bakunin, della Prima Internazionale, della "settimana rossa", della FORA argentina e, naturalmente, di Makhno e della rivoluzione proletaria spagnola. È l'anarchismo per la rivoluzione.

Dicembre 2005

N. McNab

 


 

“La Makhnovshcina non è anarchismo. L’esercito makhnovista non è un esercito anarchico, non è formato da anarchici. L’ideale anarchico di felicità e di uguaglianza generale non può essere raggiunto attraverso lo sforzo di un qualsiasi esercito, anche se formato esclusivamente da anarchici. L’esercito rivoluzionario, nel migliore dei casi, potrebbe servire alla distruzione del vecchio e aborrito regime; nel lavoro costruttivo, nell’edificazione e nella creazione, qualsiasi esercito, che logicamente non può che appoggiarsi sulla forza e il comando, sarebbe completamente impotente e persino nociva.

Perché la società anarchica diventi possibile, è necessario che in ogni luogo, in ogni città, in ogni villaggio, si risvegli fra i lavoratori il pensiero anarchico; è necessario che gli stessi operai nelle fabbriche e nelle officine, gli stessi contadini nelle loro campagne e nei loro villaggi, si pongano alla costruzione della società antiautoritaria, non aspettando da nessuna parte dei decreti-legge. Né gli eserciti anarchici, né gli eroi isolati, né i gruppi, né la Confederazione anarchica creeranno per gli operai e i contadini una vita libera. Soltanto i lavoratori stessi, con sforzi coscienti, potranno costruire il loro benessere senza Stato né padrone.”

 

Put’ k Svobode, luglio 1920

 


Introduzione

Indice