Le due principali tendenze nell'anarchismo
Tendenze alternative dell'anarchismo

 

Uri Gordon, Anarchy Alive!, 2008
Michael Schmidt & Lucien van der Walt, Black Flame, 2009.

E' stato scritto da vari teorici che ci sono due principali tendenze nell'anarchismo moderno. Il come esse vengano concettualizzate dipende poi da chi ne scrive. Cercherò di dire la mia sulle due principali tendenze nell'anarchismo moderno, usando i due libri summenzionati per illustrare le due tendenze (senza farne una recensione di Black Flame in particolare). Ne metterò in evidenza le differenze in relazione alle questioni di rivoluzione o riformismo, della democrazia, del significato delle "politiche prefigurative" e del rapporto con la classe lavoratrice.

Quasi all'inizio di un suo recente libro sull'anarchismo (2008), Uri Gordon, un anarchico israeliano, discute della "divisione più evidente" tra gli anarchici. Inizia col citare David Graeber (2002), statunitense, il quale vede questa divisione tra "una tendenza minoritaria di gruppi 'settari' o della 'A maiuscola'", i quali hanno sviluppato programmi politici dogmatici, ed "una tendenza maggioritaria di 'anarchici con la a-minuscola' ... i quali 'sono il punto del dinamismo storico oggi'" e che sono molto più aperti programmaticamente (Gordon 2008; pp.23-24; per le mie opinioni sull'anarchismo di Graeber, vedi Price, 2007). Il solo gruppo anarchico che Graeber individua come settario, dogmatico e con la A-maiuscola, è la North-Eastern Federation of Anarchist Communists (e della NEFAC faccio parte anch'io, anche se non ne sono un portavoce ufficiale).

Gordon ritiene che vi è "della sostanza" nella distinzione di Graeber, ma che questa dovrebbe essere più "sottilmente" interpretata. Prima di tutto, "i gruppi con la A-maiuscola raramente sono una tendenza minoritaria ... [avendo] molte migliaia di militanti" (p. 24). Il che è vero se ci mettiamo anche i militanti anarcosindacalisti in Europa e altrove. Contrariamente alle accuse di "settarismo" e "dogmatismo," Gordon fa notare che la maggior parte dei "piattaformisti" non considera la Piattaforma Organizzativa di Makhno del 1926 come un testo sacro, anzi la tratta come un inizio per la discussione. (Spesso, dare del "dogmatico" a qualcuno è un modo dello scrittore per dire che c'è qualcuno che non è d'accordo con lui e che si rifiuta testardamente di accettare le sue opinioni.)

Invece, Gordon vede la distinzione tra le due tendenze come un discorso di "cultura politica" (il che è un modo non ideologico per affrontare le differenze). Una tendenza (gli anarchici con la A-maiuscola) si identifica con "la tradizionale cultura politica del movimento anarchico affermatasi prima della Seconda Guerra Mondiale" (p. 25), quando vi erano strutture formali con delegati eletti e con decisioni spesso prese tramite votazione. Si dava molta importanza all'organizzazione sul posto di lavoro, alle attività contro la guerra, all'editoria. L'altra tendenza (a-minuscola) non si cura molto delle tradizioni anarchiche, ha solo gruppi informali, prende decisioni consensuali e, scrive Gordon, si occupa principalmente di ecologia, politiche identitarie, comunità sperimentali, spiritualità orientale.

"La differenza tra i due anarchismi è generazionale - una 'Vecchia Scuola' ed una 'Nuova Scuola'" (ibidem). Senza voler denunciare gli anarchici di Vecchia Scuola, Gordon (come Graeber) si pone pienamente dalla parte dell'anarchismo di Nuova Scuola. (Gordon però non è sempre così non settario; sempre nel suo libro giungerà a denunciare con rabbia le mie opinioni su Israele/Palestina - argomento che non è in relazione con il tema in questione qui; vedi pp. 149-151; risposta a Gordon in Price, 2009).

Sebbene io pensi che Gordon abbia accuratamente individuato le due principali tendenze nell'anarchismo attuale, non penso però che contrapporre il Vecchio al Nuovo sia utile per comprendere dove sta la divisione. Molte delle idee della cosiddetta Nuova Scuola che egli cita si ritrovano nella storia anarchica, a cominciare da Proudhon e Stirner ed altri. Gordon specificatamente cita le idee di Gustav Landauer dal 1911, per illustrate le sue. Molte di queste idee sono state riprese da Paul Goodman e Colin Ward, tra altri anarchici, negli anni '60 e '70. Sono poche le idee nuove della Nuova Scuola.

La grande tradizione anarchica

Tuttavia la distinzione così espressa resta valida. Ciò che Gordon chiama la Vecchia Scuola e che Graeber chiama anarchismo con la A-maiuscola viene individuata da Schmidt e Van der Walt dello Zabalaza Anarchist Communist Front del Sud Africa, come la "grande tradizione anarchica" [broad anarchist tradition]. Si tratta della tradizione dell'anarchismo che va da Mikhail Bakunin a Pjotr Kropotkin a Emma Goldman a Nestor Makhno, compresi i comunisti anarchici e gli anarcosindacalisti. La maggior parte di coloro che si sono definiti anarchici si sono posti storicamente in questa tradizione.

L'unica cosa su cui non sono del tutto d'accordo nel libro Black Flame è quando i due autori considerano come non "anarchici" coloro i quali si pongono fuori della grande tradizione anarchica, concedendo che possano definirsi almeno "libertari." "L'anarchismo di classe, a volte chiamato anarchismo rivoluzionario e comunismo anarchico, non è un TIPO di anarchismo; secondo noi è l'UNICO anarchismo" (Schmidt & Van der Walt, 2009; p. 19). Dal momento che Proudhon non era né per la lotta di classe, né per la rivoluzione, né per il comunismo, nemmeno lui vi rientra: ha solo "influenzato" l'anarchismo similmente a Marx. Questo approccio non porta a niente. Ci sono e ci sono stati tanti che si sono dichiarati "anarchici", ma che non c'entrano niente con la grande tradizione anarchica. Magari sono anti-statalisti ed anticapitalisti, spesso si ritengono dei "rivoluzionari." Eppure vale la pena puntualizzare che essi non fanno parte della tradizione principale, ma è utile argomentare se essi sono veramente "anarchici"? La cosa potrebbe farci apparire come settari e dogmatici. Dovremmo piuttosto argomentare sul contenuto delle loro tesi (sui loro errori politici) piuttosto che sulla loro etichetta.

Del resto, Gordon non nega che la cosiddetta Nuova Scuola non segue "la cultura politica tradizionale del movimento anarchico." Ma non gliene importa affatto, anzi pensa che sia una virtù.

Differenze politiche tra le due tendenze: sulla rivoluzione

Per cogliere le reali differenze tra le due tendenze dell'anarchismo, è necessario soffermarci sulle serie differenze politiche tra loro - non sulla base di una "cultura" non ideologica, ma sulla politica reale.

La grande tradizione anarchica (anarchismo comunista di classe oppure anarchismo della Vecchia Scuola o quello che sia) è sempre stata rivoluzionaria. Cioè, i suoi militanti hanno ritenuto che la classe dominante difficilmente lascerà il potere senza resistere, e che questa resistenza si effettuerà principalmente tramite lo Stato. Un vasto movimento degli oppressi e degli sfruttati deve insorgere ed abbattere lo Stato e smantellare l'economia capitalista e tutte le forme di oppressione. Al loro posto devono sorgere nuove forme di autogestione ed auto-organizzazione popolare. Questo non contraddice la lotta per riforme e miglioramenti nel presente, anzi ne costituisce uno fine strategico.

Gordon è un tipico anarchico della Nuova Scuola (o quello che sia) quando respinge l'approccio rivoluzionario. Gli anarchici tradizionali, scrive, erano soliti argomentare su come organizzare la società dopo la rivoluzione. "Oggi, in contrasto, il discorso anarchico non punta più sull'attesa di una eventuale rottura rivoluzionaria..." né ha interesse per prevedere una società post-rivoluzionaria (Gordon, 2008; p. 40). Inoltre, "gli anarchici oggi tendono a non pensare alla rivoluzione - ammesso che ancora usino questo termine - come ad un evento futuro quanto piuttosto ad un processo nel presente..." (p. 41). Invece di cambiare tutta la società, cosa che potrebbe o non potrebbe essere possibile - scrive - gli anarchici dovrebbero promuovere "l'anarchia come cultura" che possa comprendere sì grandi eventi ma anche "momenti passeggeri di non-conformismo e di ugualitarismo disinteressato" (ibidem). Vengono citate le TAZ [Zone temporaneamente autonome] di Hakim Bey, le quali - dice Gordon - potrebbero includere "fare una trapunta in gruppo" o una "cena con amici".

Non che il non-conformismo o le feste mangerecce non vadano bene; anzi. Ma non sono una strategia per un cambiamento popolare dello Stato capitalista. Me nemmeno Gordon se ne preoccupa. "Lo sviluppo delle strutture non gerarchiche ... è, per la maggior parte degli anarchici, un fine in sé" (p. 35). Gordon non dice mai chiaro e tondo che la sua tendenza l'ha fatta finita con la rivoluzione, eppure io non saprei come leggerla altrimenti.

Per sentirsi radicali, Gordon ed altri anarchici insistono che non è da anarchici fare richieste allo Stato, cercare di conquistare benefici lottando contro lo Stato o la classe capitalista. "...Una 'politica di richieste' ... comporta un non dovuto riconoscimento ed una non dovuta legittimazione del potere dello Stato ... una strategia lontana dall'anarchismo" (p. 151). Invece, si suppone che gli anarchici possano creare un mondo migliore agendo differentemente uno verso l'altro.

Ma gli anarchici hanno sempre fatto richieste allo Stato, come mettere fine alle guerre oppure liberare i prigionieri o provvedere a benefici sociali. E' un modo per dimostrare ai non anarchici che non si può contare sullo Stato e deve essere sfidato se si vuole ottenere dei vantaggi. Ma noi facciamo richieste anche ai capitalisti, lottando per il riconoscimento sindacale o per migliori condizioni. Rifiutarsi di fare richieste allo Stato o ai capitalisti può suonare come una cosa radicale (come se a loro importi qualcosa se gli anarchici gli danno "riconoscimento e legittimazione"!) ma in realtà è una piega riformista, un'abdicazione della lotta.

Gordon mette l'enfasi sulle "politiche prefigurative." Tutte e due le "scuole" dell'anarchismo sarebbero d'accordo sulla costruzione di istituzioni non gerarchiche qui ed ora. Ma per Gordon e per la sua tendenza ciò che importa è la dinamica interpersonale delle reti informali degli anarchici, al di là se siano veramente efficaci per ulteriori scopi.

Per la grande tradizione anarchica, quello che conta è costruire una controcultura della resistenza, democratica e popolare. Riferendosi a "scioperi degli affitti ed organismi sul territorio", Schmidt e Van der Walt (2009) dicono: "in quanto parte del progetto di costruzione del contropotere, gli anarchici di massa costruiscono reti a maglie strette e sovrapposte di vita popolare associativa. Tra cui compagnie teatrali, comitati di quartiere, scuole serali per lavoratori, ed anche università popolari..." (p. 180).

Gordon non accetta questa concezione, in parte perché lui non crede nella democrazia, nemmeno nella versione più radicale, più partecipativa, della democrazia diretta. Pochi anarchici di questa tendenza sono così schietti nel respingere la democrazia. (Graeber [2002], per esempio, è per la democrazia che lui identifica nel consenso.) "L'anarchismo ... non rappresenta la forma più radicale di democrazia..." ma qualcos'altro (p. 70). Con questo Gordon sembra inizialmente riferirsi al consenso, ma ben presto spiega che egli pensa ad una leadership in mano ad una elite nascosta nell'organizzazione del movimento. "Gli anarchici sono portati a riconoscere come questo invisibile, sotterraneo e quindi irriconoscibile uso del potere sia non solo inevitabile ... ma anche utile da impiegare, dal momento che è coerente con la loro visione del mondo sotto alcuni aspetti importanti" (p.75). Questo è coerente con gli aspetti peggiori e più antidemocratici del pensiero di Proudhon e di Bakunin, che la gran parte dell'anarchismo ha da un pezzo abbandonato.

In contrasto, la visione degli anarchici di classe e rivoluzionari dice che, "l'anarchismo non sarebbe altro che la più completa realizzazione della democrazia - la democrazia nei campi, nella fabbriche, nei quartieri, coordinati attraverso le strutture federali ed i consigli dal basso verso l'alto..." (Schmidt & Van der Walt, 2009; p. 70). L'uso del consenso o del voto rientrano nelle questioni pratiche e non diventano questioni di principio.

Differenze politiche: sulla classe

Per la grande tradizione anarchica, il centro della sua politica è la classe: si radica ed agisce all'interno della classe operaia e contadina. Parimenti sostegno alle lotte su base non di classe come il genere, la razza, la nazionalità, l'orientamento sessuale, la guerra e l'ecologia - tutti ambiti che si sovrappongono ed interagiscono con la classe. Ma la nostra tradizione ha visto la classe lavoratrice come dotata di un potere particolare, perlomeno potenziale, in grado di fermare la macchina del sistema per farla ripartire del tutto modificata. (Un'eccellente difesa della prospettiva di classe la si può trovare in Meiksins Wood, 1998.) Per questa ragione, la grande tradizione anarchica dell'anarchismo di classe si sovrappone alla interpretazione libertaria di Marx.

Mai Gordon fa un'analisi di classe della tendenza anarchica a cui si richiama, né di altri temi. Anzi dice che il movimento per la "liberazione animale" tra gli altri è "tanto prominente quanto le lotte operaie. In quest'ultima area, il settore industriale ed il sindacalismo tradizionale vengono sostituiti dai McJobs e da sindacati auto-organizzati di lavoratori precari" (p. 5). Questo bel pezzo di ignoranza sarebbe quasi tutto quello che la sua versione dell'anarchismo offre a milioni di lavoratori in tutto il globo.

Bookchin e altre differenze

Chi mi legge si chiederà se la mia concezione delle due tendenze dell'anarchismo abbia a che fare con la distinzione fatta da Murray Bookchin (1995) tra "anarchismo sociale" e "anarchismo come stile di vita". Lasciando da parte lo stile al vetriolo che aveva Bookchin nell'argomentare, ci sono alcune somiglianze. L'anarchismo sociale di Bookchin è anch'esso radicato nel comunismo anarchico ed è a favore della democrazia diretta. Molte delle sue critiche rivolte a ciò che egli chiama anarchismo come stile di vita, sono appropriate anche per l'anarchismo di Nuova Scuola pensato da Gordon.

Ma ci sono anche dei problemi. Non sarebbe corretto ridurre le opinioni di Gordon ad un semplice "stile di vita". Egli, come altri, crede di far parte di movimenti popolari contro il capitalismo e contro lo Stato. Egli inizia il suo libro con la sua partecipazione alle manifestazioni del 2005 contro il G5. Bookchin, d'altro canto, condivide fin troppo le idee degli anarchici riformisti. "Bookchin ... ha cercato di erigere una nuova strategia 'anarchica' - liberata dalla lotta di classe ed ostile alla classe operaia organizzata..." (Schmidt & Van der Walt, 2009; p. 79). La sua strategia ("il municipalismo libertario") era basato sulle elezioni del governo locale. Cosa che è persino più riformista degli anarchici con la a-minuscola". In tutti i modi, Bookchin smise più tardi di definirsi un anarchico.

Vi è, allora, una tendenza - l'anarchismo rivoluzionario - che promana dal grande movimento anarchico storico, che è rivoluzionaria nei metodi e negli scopi, che è radicalmente democratica nei mezzi e nei fini prefigurati, che è centrata sulla classe lavoratrice ma sostiene al tempo stesso ogni altra lotta contro l'oppressione, e che punta ad una società socialista (comunista) libertaria.

Da parte sua invece, Gordon sostiene una consistente tendenza nell'anarchismo moderno che io chiamerei "anarchismo riformista" dal momento che esso è non rivoluzionario nei metodi e nella strategia (per quanto comunque esso possa eventualmente prevedere una nuova società). Esso non nasce dalle maggiori acquisizioni dell'anarchismo tradizionale. E' spesso non democratico, almeno in teoria. Sminuisce le questioni di classe o le ignora del tutto nella pratica. Esso è apertamente anticapitalista e presumibilmente socialista o comunista, ma, senza una strategia per la rivoluzione per creare una società, tutto questo non ha molto significato pratico.

Vi sono altre questioni fra le due tendenze, come pure in ciascuna delle due, di cui non mi sono occupato. Gordon, per esempio, simpatizza con l'anarco-primitivismo e con l'anarco-pacifismo, ma non è pienamente d'accordo con nessuno dei due. E, come Schmidt e Van der Walt fanno notare, la grande tradizione anarchica ha al suo interno una separazione tra gli anarchici insurrezionalisti e gli anarchici per la lotta di massa (vedi capitolo 3), come pure tra coloro con ogni sorta di idea sul fatto se gli anarchici debbano organizzarsi separatamente (capitolo 8 sul "piattaformismo"), se stare nei sindacati (capitoli 6 e 7), se difendere l'autodeterminazione delle nazioni oppresse (capitolo 10), ecc. E' proprio per questo che viene chiamata la GRANDE tradizione anarchica! Ma le idee di fondo sono chiare.

Wayne Price


BIBLIOGRAFIA

Articolo scritto per www.anarkismo.net
Traduzione italiana a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali