Per una teoria libertaria del potere - parte 1

Ibáñez ed il potere politico libertario

di Felipe Corrêa

 

"Per una teoria libertaria del potere" raccoglie una serie di recensioni su libri ed articoli scritti da autori di area libertaria che vertono sulla questione del potere. Il suo obiettivo è quello di presentare la letteratura contemporanea sul tema in questione per offrire elementi utili alla elaborazione di una teoria libertaria del potere, che possa quindi contribuire alla elaborazione di un metodo di analisi della realtà e di una strategia su basi libertarie, affinché possa essere utilizzato da individualità ed organizzazioni. E' stato pubblicato in origine in portoghese su "Estratégia e Análise".

In questo primo articolo della serie propongo alla discussione l'articolo "Per un potere politico libertario" ("Por um Poder Político Libertário"), di Tomás Ibáñez [*]. In questo breve articolo, l'autore si pone criticamente in relazione all'approccio libertario sul tema. L'articolo di Ibáñez è stato scritto inzialmente per un seminario su "Il Potere e la sua negazione", promosso dal CIRA (Centre International de Recherches sur l'Anarchisme, ndt) e dal Centro Studi Libertari Pinelli, nel luglio 1983. In quell'occasione, l'autore propose una lettura dell'anarchismo come "ancorato ad una rigidità concettuale e propositiva maturata per la maggior parte nei secoli XVIII e XIX". Per lui, poter discutere in profondità della questione del potere avrebbe avuto il significato di un rilevante rinnovamento della teoria dell'anarchismo.

 

Il problema semantico nel dibattito sul potere

All'epoca Ibáñez sottolineava come "la polisemia del termine 'potere' e l'ampio spettro di significati possibili portasse ad un dialogo tra sordi". Per lui, nel dibattito sul potere, i discorsi tendevano a sovrapporsi senza articolarsi l'un l'altro. E questo succedeva perché "venivano affrontati in profondità oggetti differenti, all'interno della confusione indotta dal ricorso ad un altro termine comune: "forza".

E quindi occorreva "una nostra definizione del termine "potere", prima di dare inizio a qualsiasi discussione". Nonostante tali sforzi, l'autore non riteneva possibile giungere ad una definizione "asettica" della parola "potere", dal momento che essa è pregna di significati, analizzabili da un preciso punto di vista, e quindi irriducibile ad una definizione "neutra".

 

Il potere in tripla definizione

Il primo elemento per iniziare un dibattito sulla definizione di "potere" è quello, all'interno di una prospettiva libertaria, per cui esso non può essere considerato solo in una accezione negativa: "in termini di negazione/diniego, esclusione, rifiuto, opposizione, contraddizione". Per Ibáñez, il potere può essere definito a partire da 3 interpretazioni: 1) in quanto capacità, 2) in quanto asimmetria nelle relazioni personali, e 3) in quanto strutture e meccanismi di regolazione e controllo. Seguiamo lo stesso Ibáñez nella definizione di potere in base a questi 3 significati.

1. Potere in quanto capacità

"In uno dei suoi sensi e probabilmente quello più generale e diacronicamente primo, il termine "potere" agisce come equivalente dell'espressione 'capacità di', vale a dire come sinonimo di tutti gli effetti di cui è causa diretta o indiretta un agente dato, animato o inanimato. E' interessante che, fin dall'inizio, il potere viene definito in termini relazionali, fino al punto che perchè un elemento possa produrre od inibire un effetto, è necessario stabilire una interazione."

Pensato in questo senso, il potere potrebbe essere concepito come 'avere il potere di' oppure 'avere il potere per', la capacità di realizzazione di una forza potenziale che potrebbe applicarsi in una relazione sociale. In questo modo le relazioni sociali vengono poste come premessa alla definizione di potere. Cioè, interazione tra agenti sociali.

2. Potere come asimmetria nella relazioni di potere

"In un secondo senso il termine 'potere' si riferisce ad un certo tipo di relazione tra agenti sociali, ed è quello che ora viene usato per caratterizzarsi quale capacità asimmetrica o disuguale attribuita agli agenti nel loro causare effetti nella polarità di una relazione data."

Benché ancora legato al significato di potere in quanto capacità, questo ulteriore significato ci permette di pensare alle asimmetrie delle differenti forze sociali che si incontrano in una particolare relazione sociale. Queste forze, sempre asimmetriche e disuguali, una volta poste in condizione di interazione/relazione, forgiano gli effetti su uno o molteplici poli, dal momento che ognuna di esse possiede una forza distinta e, perciò, una distinta capacità. Di nuovo, si afferma il potere come relazione sociale tra agenti sociali, ognuno dei quali ha una capacità distinta di causare effetti sugli altri.

3. Potere come strutture e meccanismi di regolazione e controllo

"In un terzo significato, il termine 'potere' si riferisce alle macro-strutture sociali ed ai macro-meccanismi di regolazione e di controllo sociale. In questo senso, si parla di "strumenti" o di "dispositivi' del potere, di 'centri' o di 'strutture' del potere, ecc."

Concepito in questo modo il potere andrebbe a costituire il "sistema" di una società data, per quanto concerne le sue strutture ed i suoi meccanismi di regolazione e controllo. Sarebbe il corpo delle regole di una società data, che comprende tanto il processo decisionale per il suo assetto e per definirne il controllo, quanto l'applicazione fattuale di tale controllo. Una strutturazione della società che rende necessarie le funzioni deliberative ed esecutive.

 

Quali sono le possibilità per una società senza potere?

A partire da queste tre interpretazioni, si può affermare che "parlare di una società 'senza potere' costituisce un'aberrazione, se ci si pone dal punto di vista del potere/capacità (chi vorrebbe una società che non potrebbe fare niente?), o se ci si pone al livello delle relazioni asimmetriche (come pensare ad interazioni sociali senza effetti asimmetrici?), o ancora ponendoci dal punto di vista del potere in quanto meccanismi e strutture di regolazione macro-sociale (che sistema sarebbe quello i cui elementi non siano 'forzati" dal corpo delle relazioni che definiscono esattamente il sistema stesso?)".

Non c'è nessuna società senza agenti sociali con capacità, e non c'è nessuna società in cui tutte le relazioni sociali siano simmetriche - cioè una società in cui tutti gli agenti sociali abbiano la stessa capacità di causare effetti sugli altri, in tutte le relazioni sociali - oppure una società senza strutture e meccanismi di controllo e regolazione. Tutto questo ci trova d'accordo con Ibáñez in relazione all'assurdo che ne deriva, tenendo conto delle definizioni presentate dall'autore, da espressioni quali società senza potere, lottare contro il potere, oppure mettere fine o distruggere il potere.

Ibáñez crede che "le relazioni di potere siano intimamente collegate al fatto sociale in sé, ne sono inerenti, lo impregnano, lo contengono, nello stesso istante in cui provengono da esso". Quando ci occupiamo di qualsiasi aspetto del cosiddetto contesto sociale, si può affermare che in esso esistono interazioni tra diversi elementi che costituiscono un sistema dato. Per l'autore, oltre a ciò, "ci sono inevitabilmente certi effetti del potere del sistema sui suoi elementi, esattamente come ci sono anche effetti del potere tra gli elementi del sistema". Cioè, il potere permea tanto le relazioni tra gli elementi quanto le relazioni tra il sistema ed i suoi elementi.

Concepire una società senza potere significa, per l'autore, credere alla possibilità dell'esistenza di una "società senza relazioni sociali, senza regole sociali e senza processi decisionali sociali". Cioè, sarebbe come concepire "l'impensabile".

 

Una concezione libertaria del potere

Tali argomentazioni consentono di poter affermare che "può esistere una concezione libertaria del potere ed è falso che tale concezione debba fondarsi sulla negazione/diniego del potere". Negare questo fatto implicherebbe necessariamente una difficoltà sia in termini di analisi della realtà, sia in termini di elaborazione di una strategia. "Finché questo non sarà pienamente assunto dal pensiero libertario", sottolinea Ibáñez, "questo non avrà la capacità di dare inizio all'analisi ed alle azioni che gli consentono di avere forza nella realtà sociale".

Ciò che egli sostiene ha senso se noi guardiamo alla storia dell'anarchismo o anche a quella che è stata chiamata "area libertaria". Andando oltre le asserzioni semantiche - che molto spesso hanno dato e ancora danno alla parola 'potere' il significato di Stato - appare chiaro che il "pensiero libertario" non ha mai negato né la capacità degli agenti sociali, né le asimmetrie nelle relazioni di potere e nemmeno le strutture ed i meccanismi di regolazione e controllo.

Ecco un esempio che è significativamente comune nella tradizione libertaria. Considerando le relazioni asimmetriche di classe nella società capitalista e, basandosi sull'idea delle capacità della classe lavoratrice, i libertari cercano di promuovere una rivoluzione sociale in cui si abbatte la forza della classe dominante e si costituisce un sistema di regolazione e controllo fondato sull'autogestione e sul federalismo. Anche in questo generico esempio, si può affermare che la classe dominante viene rimossa dalla sua condizione di dominio per aprire la strada ad una struttura libertaria, anche nella futura società. questa relazione di potere tra la classe dominante separata dal dominio e la classe lavoratrice va a costituire una relazione asimmetrica.

In questo senso è possibile assumere che nei fatti, storicamente, c'è una concezione libertaria del potere la quale - benché non sia stata dibattuta con sufficiente profondità e sia stata complicata da una serie di fattori - contiene elementi rilevanti per questo dibattito che ora si va ad aprire.

 

Dominazione come tipo di potere

Quando i libertari affrontano il discorso contro il potere, dice Ibáñez, essi usano il "termine 'potere' per riferirsi nei fatti ad un 'certo tipo di relazione di potere', cioè, molto concretamente, a quel tipo di potere che si rileva nelle 'relazioni di dominazione', nelle 'strutture del dominio', nei 'dispositivi del dominio', o negli 'strumenti della dominazione' ecc. (siano queste relazioni di natura coercitiva, manipolativa o di altra natura)." Perciò, per lui, la dominazione è un tipo di relazioni di potere, ma non si può definire la dominazione come potere, dal momento che si tratta di categoria distinte. Per l'autore, non si possono comprendere all'interno delle relazioni di dominio "le relazioni che collegano la libertà dell'individuo a quella dei gruppi". Cioè, non si possono incorporare le relazioni libertarie nella categoria di dominio. Ma questo appare alquanto ovvio. Ciò che invece non è ovvio, infatti, è che quando si fanno equivalere potere e dominio, si assume il potere come termine opposto alla libertà. Un'affermazione che l'autore non condivide. "La libertà ed il potere non si trovano realmente in una situazione di relazione tra semplici opposti." E: "il potere e la libertà si ritrovano così in una inestricabile e complessa relazione di antagonismo/possibilità". Così concepito, il potere potrebbe essere in contraddizione con la libertà, ma potrebbe anche potenziarne la sua realizzazione. Sarebbe, infatti, il tipo di potere che determinerebbe questa relazione con la libertà.

Così, Ibáñez ritiene che "i libertari si collochino, in realtà, contro i sistemi sociali basati sulle relazioni di dominio (nel senso stretto).' Abbasso il potere!' è uno slogan che dovrebbe scomparire dal lessico libertario per essere sostituita con 'Abbasso le relazioni di dominazione'. Ma su questo punto è necessario cercare di definire le condizioni che rendono possibile una società siffatta".

 

Contro la dominazione e per un potere politico libertario

Si può dire, sulla base di queste argomentazioni strutturale, che "i libertari non sono contro il potere, ma contro un certo tipo di potere", e nella loro strategia cercano di porsi come "costruttori di una varietà del potere, che sia utile (ed appropriato) per noi definire ora come 'potere libertario', o, più precisamente come: 'potere politico libertario'". Questo comporterebbe che i libertari difendano un modello (libertario) di lavoro fatto di strumenti, dispositivi e relazioni di potere.

Felipe Corrêa
Giugno 2011

 

* Tomás Ibáñez. "Per un potere politico libertario: considerazioni epistemologiche e strategiche". Articolo originariamente pubblicato nel 1983 nella rivista italiana Volontà. Per le citazioni ho usato una traduzioni dal portoghese di Miguel Serras Pereira, per una pubblicazione portoghese degli anni '80. L'articolo si trova anche nella raccolta nota come Actualidad del Anarquismo, pubblicata da Aarres Books, Buenos Aires nel 2007. [note del traduttore inglese: le citazioni sono di conseguenza tradotte dal portoghese all'inglese e non dall'italiano, cosa che potrebbe dare luogo a qualche leggera discrepanza].

Traduzione in inglese: Jonathan Payn (ZACF)
Traduzione in italiano a cura di FdCA-Ufficio Relazioni Internazionali.

Nota dei redattori del sito Estratégia e Análise:

Felipe Corrêa è un lavoratore intellettuale nel vero senso del termine. Egli infatti lavora come redattore ed è un militante, studia a livello professionale e dedica la sua vita alla diffusione ed al radicamento di idee che conducano la maggioranza ad ampliare ed a garantire i propri diritti nella pienezza della loro realizzazione. Questo sito ha ricevuto il testo di Felipe con grande piacere ed incommensurabile soddisfazione, perché capiamo la rilevanza di queste parole che incontrano la nostra vocazione alla diffusione scientifica e contribuiscono alla scienze umane prodotte allo scopo di liberarci dai mali oscuri della dominazione mondiale che usurpano e inibiscono il potenziale della nostra liberazione. In questo modo ritorniamo ad uno dei nostri scopi permanenti, quello della diffusione popolare di dibattiti di alto livello politico nati dalla matrice del pensiero libertario.

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