Parlando della Spagna: la confusione tra anarcosindacalismo e politica
Gli anniversari degli eventi storici quando vengono celebrati da coloro che vi vedono una parte della propria storia, in linea generale sono commemorazioni apologetiche: lì non c’è spazio per lo spirito critico. In qualche modo si comprende il desiderio di non rovinare la festa.
Nel 2006 si commemorano i settanta anni dall’inizio della rivoluzione spagnola, in relazione della quale è praticamente nascondere il carattere libertario che animò le masse popolari nella lotta contro il fascismo e nella pratica delle collettivizzazioni spontanee. Lasciamo che le celebrazioni si svolgano come di consueto, e anticipiamo sul piano temporale un frammento di discorso critico. Il tema della rivoluzione spagnola ha un’ampiezza immensa, e in queste poche righe parleremo solo si una questione che il più delle volte è trascurata negli scritti sull’anarchismo spagnolo; ma che, nonostante ciò, è di una rilevanza notevole, dato che essa nel merito non si è esaurita negli anni della guerra civile, ma che è proseguita nei decenni successivi: parliamo della confusione di ruoli tra anarcosindacalismo e anarchismo "politico".
In una prospettiva astratta e teorica, la situazione era chiara: la CNT costituiva un’organizzazione sindacale e la FAI un’entità "politica" anarchica. La confusione a cui ci riferiamo comincia a manifestarsi con la partecipazione della CNT, in nome dell’anarchismo spagnolo, nel governo regionale della Catalogna e poi in quello della repubblica presieduto da Francisco Largo Caballero. Questa scelta tattica -che poi purtroppo di rivelò quasi strategica- si sa che suscitò critiche molto forti in seno all’anarchismo internazionale. Personalmente, non essendo né dogmatico né revisionista per vocazione, considero questa decisione un errore politico terribile: meglio sarebbe stato proclamare il comunismo libertario, costasse quel che costasse, e lottare con decisione contro il risorgere dello Stato borghese.
Tuttavia, in qualche modo si sarebbe potuta rivelare una tattica discutibile e pericolosa, ma utile, se sviluppata con astuzia: ossia, per condizionare dall’interno i governi di Spagna e Catalogna (considerata la forza dell’anarchismo spagnolo tra le masse nel 1936), facendo in modo che essi non fossero un ostacolo per la rivoluzione proletaria esplosa in tutta la zona repubblicana.
In concreto, al contrario, la scelta di partecipare ai governi borghesi rivelò un errore fatale ed autolesivo a causa dello spirito di lealtà, degno di miglior causa, che animò gli apparati della CNT e della FAI, perfino quando la borghesia e gli stalinisti arrivarono ad usare le armi contro la rivoluzione libertaria. Questo insieme ad altri errori, come il lasciare l’oro della Banca di Spagna nelle mani del governo della repubblica, il non dare impulso a una rivolta nel Marocco spagnolo, il non organizzare guerriglie dietro le linee franchiste e soffrire il condizionamento psicologico dato dal timore che le "democrazie occidentali" diventassero nemiche della repubblica durante la guerra civile!
A parte questo, la cosa che stranizza di più è il fatto di essere stata la CNT ad assumere la rappresentanza anarchica nel governo della repubblica (era l’unico sindacato al governo), e non la FAI, come invece ci si sarebbe potuto aspettare sulla base della distinzione di "competenze" sopra detta. Male minore, considerati gli errori comuni alle due organizzazioni? Non so. E non lo so perché in questo modo finì con l’essere vincolata alla scelta governativa l’organizzazione di massa i cui militanti stavano facendo la rivoluzione sociale, come parte integrante delle masse popolari. In questo modo la confederazione sindacale, essendo entrata nel governo in rappresentanza del movimento libertario spagnolo, fece come tale una scelta di campo che non le lasciò le mani libere per agire tra i lavoratori come soggetto rivoluzionario: con tanti saluti al Congresso Confederale di Saragozza del 1936 che aveva sancito il comunismo libertario come obiettivo dell’azione della CNT nella società spagnola. Il resto fu solo conseguenza.
Come detto all’inizio, questa confusione di ruoli proseguì dopo la guerra civile, producendo disastri, se non definitivi... quasi. A marzo del 2004 Siglo XXI de España Editores ha pubblicato un libro fondamentale di Ángel Herrerín López: "La CNT durante el franquismo. Clandestinidad y esilio (1939-1975)", molto documentato e ricco di analisi, che offre un’interessante storia organica dell’anarcosindacalismo spagnolo in quel periodo. Ma che cosa è accaduto in concreto con riferimento al nostro tema? È accaduto che la confusione di cui parliamo non solo si è mantenuta, ma ha operato al di là delle stesse questioni spagnole (fossero esse dell’interno della Spagna o dell’anarchismo dell’esilio). Qui possiamo fare solo un’esposizione schematica, di modo che verranno necessariamente trascurati altre cause e altri fattori, per quanto non secondari. Diamo anche per conosciute -per lo meno a grosse linee- i lunghi contrasti tra la maggioranza "possibilista" degli anarcosindacalisti dell’interno della Spagna (i quali vivevano giorno dopo giorno la repressione della dittatura franchista) e la maggioranza "ortodossa" e intransigente dell’esilio, egemonizzata dall’apparato cenetista a sua volta sotto il discutibile controllo della "famiglia Esgleas" (dal cognome di Germinal Esgleas, marito di Federica Monteseny).
Parallelamente a questo contrasto si colloca l’atteggiamento negativo assunto dogmaticamente e rigorosamente dalla FAI in relazione alle tattiche e alleanze della CNT che si estendessero ad altre entità politiche. La CNT fu fortemente influenzata dalla FAI in questo senso. Così quell’orientamento politico della FAI -che sicuramente può essere vista come una legittima determinazione di questa organizzazione "politica" rivoluzionaria- fu trasferita anche all’AIT. Da lì risultò un atteggiamento di approccio alla realtà che muoveva un presupposto purtroppo non realistico: il non essere accaduto nulla nel mondo dopo gli anni ’30, e l’essere ancora a portata di mani, nello spazio di una no due generazioni, la rivoluzione proletaria e il comunismo libertario. Atteggiamento che costò caro all’AIT come pure alla sua più importante aderente: la CNT. L’AIT è oggi la pallida ombra di una teorica internazionale sindacale dei lavoratori; prosegue la pratica delle espulsioni delle poche organizzazioni che ancora ad essa aderiscono se imputate di "riformismo". L’AIT, che senza la CNT (per quanto oggi abbastanza piccola) sarebbe meno di nulla, all’interno del movimento dei lavoratori rimane in una posizione che può essere definita per lo meno marginale. L’AIT è rimasta sotto il condizionamento della CNT (e attraverso essa delle politiche della FAI) quanto meno dalla guerra civile spagnola, quando l’AIT accettò la posizione all’epoca difesa dalla CNT, che faceva parte del governo della repubblica borghese: cioè l’essere possibile realizzare le finalità libertarie attraverso la scelta tattica della collaborazione politica con partiti "antifascisti". Ed anche dopo la guerra civile - quando la c.d. fazione "ortodossa" della CNT ottenne l’egemonia tra gli anarcosindacalisti dell’esilio, con l’amore o con la forza. Fu così che l’AIT (per l’impulso di questa componente della CNT, in cui operavano militanti che negli anni 1936-1939 avevano aderito alla collaborazione governativa) scelse il rigorismo più assoluto, che la condannò alla sterilità sindacale.
La sorte della CNT è stata simile: mantenne una specie di rappresentanza del movimento libertario che univa il ruolo politico rivoluzionario e il ruolo sindacale nella resistenza (anche militare) al franchismo; per le contraddizioni interne sopra accennate, non riuscì a sviluppare nella società spagnola un radicamento (che l’eroica lotta antifascista dei suoi militanti avrebbe dovuto legittimare) tale da potersi contrapporre alla socialista UGT ed alle comuniste Comisiones Obreras, né a concretizzare un’efficace strategia di alleanze politiche e/o sindacali; si persero le basi per l’unità interna; e quando -come nota Herrerín López- lo spazio occupato in Spagna alla morte di Franco da ciascuna organizzazione avrebbe costituito il fondamento della lotta sindacale, per la CNT -nonostante il seguito di massa di cui ancora disponeva- furono immense le difficoltà incontrate nello forzo di occupare uno spazio suo in una società mutata in tutte le sue strutture: economia, politica, cultura, sistema giuridico del lavoro, etc.
Con il risultato che oggi esistono in Spagna ben quattro (!) organizzazioni sindacali che si considerano anarcosindacaliste: la CGT (la terza confederazione sindacale del paese), la più piccola CNT, la piccola Solidaridad Obrera e la CNT Catalana "deconfederata". Per amore del passato eroico è forse meglio non giudicare in linea generale l’albero in base a questi frutti specifici.
Prepariamoci alle celebrazioni dell’anno prossimo.
Pier Francesco Zarcone
Dal periodico anarchico di Lisbona «A BATALHA» N. 213