La Crisi del sindacalismo 

Seminario organizzato dal Centro Studi Per La Promozione della Cultura Libertaria
Bologna, 15 ottobre 1989

Intervento di Franco Salomone (responsabile CGIL-Sanità, provincia di Savona)

 

Ringrazio chi mi ha invitato per avermi dato l'opportunità di tornare a Bologna dopo tanti anni ed un'occasione anche per verificare che molto di quel movimento che esisteva allora è rimasto ed altri se ne sono aggiunti.

Io volevo solo modificare qualche cosa della premessa del compagno. Io credo che la storia di quel periodo debba essere rivisitata, riscritta, ragionata per capire che cosa veramente è accaduto in quei giorni del ferragosto del '73; allora si tenne qui a Bologna un convegno di lavoratori anarchici a cui parteciparono tutte le anime di quel movimento, una di quelle anime era il sottoscritto e la sua organizzazione che non aveva, a mio parere, delle posizioni così marcatamente piattaformiste, c'erano altri che poi si aggregarono ad alcune posizioni nostre e si aprì un processo che ebbe un certo tipo di vita. Però io credo che allora si fece, finalmente per il nostro movimento, un grande salto di qualità; chi ha la possibilità di studiare, documentarsi rispetto alla produzione anarchica libertaria degli anni '60-'70, potrà certamente certificare che le tematiche del mondo del lavoro erano scarsamente presenti, dopo di allora un dibattito, una crescita di interesse ci fu anche se le posizioni a tutt'oggi sono moto diversificate.

Ma questo fa parte delle caratteristiche del nostro movimento, perché, come già veniva detto durante la presentazione di questo convegno, ci sono compagni in Italia che militano nelle organizzazioni confederali e non solo, nei Cobas, alcuni nel sindacalismo autonomo. Io credo che questi compagni, indipendentemente dalle esperienze, abbiano il dovere di confrontarsi per vedere se è possibile insieme disegnare delle prospettive, che hanno un valore soprattutto per il mondo del lavoro. C'è un interesse al sindacalismo in tutto il movimento libertario a livello mondiale; io non ho informazioni recentissime però posso garantire che il movimento che conosco, dall'America Latina al Sud Est Asiatico, al Nord Europa, si sta movendo in questa prospettiva di ricostruire un sindacalismo rivoluzionario, una opposizione alle politiche dominanti.

Noi, come comunisti libertari in Europa, stiamo tentando di organizzare prima del '93 una conferenza delle opposizioni operaie in Europa; credo che sarà opportuno che ci si mantenga in contatto nell'eventualità di riuscire ad organizzare questa cosa che è piuttosto vasta, raggruppa sindacati come quelli spagnoli, i compagni libertari francesi, tedeschi, olandesi, svedesi, danesi, oltre ai compagni dell'Organizzazione Socialista Libertaria della Svizzera.

C'è questo interesse in tutti questi paesi, tralascio il resto del mondo, e ci sono delle posizioni diversificate. E' giusto chiarirci se è possibile.

Il tema che affrontiamo oggi è quello della crisi del sindacato. Io milito all'interno della CGIL, ho degli incarichi di responsabilità, non voglio giustificare in questa sede la mia posizione, cercherò di parlare brevemente di questa questione del sindacato.

L'oggetto è la crisi del sindacato, bisogna vedere prima di tutto che cosa intendiamo per crisi del sindacato, se è qualche cosa che discende dalle campagne che i media stanno facendo in questo senso, se è qualche cosa che corrisponde ai desideri di qualcuno di noi, bisogna vedere se è qualcosa di reale, si tratta di vedere poi chi paga questa crisi e chi di questa crisi è consapevole.

Rispetto alla elaborazione delle strategie, rispetto all'analisi su quello che sta veramente succedendo anche con l'ausilio di studiosi, rispetto al movimento sindacale italiano ci sia -potrebbe sembrare paradossale- una crescita culturale notevole. Una crescita culturale notevole al di là delle filosofie che ispirano il sindacalismo confederale in questa fase che lo vede da una parte diviso non solo tra confederazioni ma anche in anime che esistono all'interno delle stesse confederazioni e per certi aspetti lo vede diviso in maniera trasversale su alcune tematiche.

C'è un travaglio. C'è un sindacato di governo, e mi pare che il compagno che mi ha preceduto citasse alcuni aspetti significativi, e c'è un sindacato dell'opposizione; anche nella citata vicenda della scala mobile io credo che si sia potuto capire molte cose.

In quel caso non era solamente un problema di compatibilità ma era proprio un problema di chi vuole la cogestione, di chi vuole la concertazione, di chi anche e soprattutto per motivi di opposizione, riteneva che il sindacato potesse portare consensi ed essere cavalcato su posizioni antipopolari. Ma su questa vicenda, per esempio, delle posizioni chiare, diffuse nel movimento su alcuni tipi di approdo di questa vicenda riportate dalla stampa non sono uscite le posizioni di classe e si è parlato genericamente di svendita o di difesa di questa indicizzazione salariale. Di fatto non si è voluto capire che con la disdetta del '75 la scala mobile non esisteva più; il sindacato, e non dobbiamo dimenticarcelo, ha un ruolo trade-unionistico in questo tipo di società, altra cosa è la nostra esigenza strategica di ricostruire visto che ci sono dei problemi che non possono essere allontanati come questa emergenza ecologica che ci coinvolge tutti, questo limite allo sviluppo che ci piaccia o non ci piaccia, che piaccia a lor signori si deve imporre; visto che c'è addirittura l'esigenza di spingere rispetto all'integrazione delle economie perché il divario che esiste tra il Nord e il Sud del mondo diventa una contraddizione che non sappiamo fino a che punto possiamo gestire, anche dal nostro punto di vista, basta vedere che cosa sta succedendo dal punto di vista elettorale nella Germania federale o in Francia. Già qualche segnale rispetto ai problema dei terzomondiali lo possiamo verificare in Italia al di là delle scelte momentanee ed emozionali che il sindacato fa su questo terreno dopo il fatto di Villa Literno.

Io credo che ci sia una elaborazione sufficientemente alta del sindacato, questo dipende da contingenze economiche ma anche dai fattori di trasformazione che accompagnano le città oltre che dalle contingenze politiche. Abbiamo visto nel nostro paese nascere dalle ceneri dei sindacati fascisti un sindacato come la CGIL, poi, senza farla troppo lunga, si è rotta soprattutto sulla prima svendita, c'è stato un innalzamento di valori, di combattività, di contenuti negli anni '60 non solamente sconfiggendo la logica della gabbie salariali che peraltro si sta proponendo, ma partendo anche dalla spinte del '68, dell'operaio-massa, le grandi battaglie vinte in quella fase dell'inquadramento unico tra operai e impiegati di cui non dobbiamo assolutamente dimenticarci. In quella fase che ha visto prevalere la democrazia di massa, quindi un rapporto tra le centrali sindacali e la gente, soprattutto i lavoratori, non è stata vissuta sufficientemente e compresa dal nostro movimento, forse c'era un po' troppa lotta continua; di fatto quella stagione che proponeva l'egualitarismo, il superamento della divisione ideologica ma poi anche pratica tra operai e impiegati, ha visto l'approdo di una struttura vecchia però in quella fase politica nuova, che furono i consigli dei delegati e i consigli di fabbrica che determinarono il movimento di quegli anni e che furono recuperati. Furono recuperati perché ci fu quella che il compagno ha chiamato una strana unità sindacale, ci fu il patto federativo che fu uno strumento politico per ingabbiare quel tipo di strutture dove i libertari si ritrovavano pienamente.

Il patto federativo fu lo strumento per tentare di far passare quella che noi abbiamo definito l'ideologia della riforma, i problemi della sanità, della casa, e quant'altro.

Su questo terreno dell'ideologia della riforma abbiamo perso perché l'onda lunga di quel movimento ha prodotto l'ingrossamento delle fila del sindacato, ha prodotto l'aumento dei consensi elettorali del PCI nel '75-'76; tenete conto che ci fu il primo choc energetico nel '73, per cui in un periodo di crisi la sinistra avanzava, non ha retto nella fase successiva perché le divisioni che citavo tra le filosofie del sindacato già allora esistevano. Solamente l'ingenuità, io la chiamo così, di molti compagni che poi si sono pentiti anche loro, non ci ha permesso di fare un'azione, io credo che comunque noi in qualsiasi condizione ci troviamo ad operare dobbiamo esercitare quella di creare le contraddizioni tra la gran masa della gente, soprattutto quella orientata sulla sinistra, e coloro che la dirigono.

Ma nel '75-'76 c'è stata, insieme ad una crisi che sopraggiungeva nel movimento operaio, una caduta culturale dovuta proprio a questo successo elettorale della sinistra; il Partito Comunista soprattutto si è trovato più seggi a disposizione di quelli che poteva prevedere ed ha operato una sorta di sequestro delle intelligenze, delle persone anche capaci che esistevano nel sindacato e le ha utilizzate nel partito. Oggi, che la disponibilità in assessorati e quant'altro sono venute meno, un certo ritorno di intelligenze si è verificato all'interno del sindacato.

Io credo, per esempio, che l'elaborazione che ha fatto la CGIL nella conferenza di aprile di Cianciano, che è stata una elaborazione tutta di vertice che non ha toccato assolutamente il mondo del lavoro, con la definizione dei valori limite per cui il sindacato non può spingersi oltre se non cadendo in una enorme contraddizione, sia elaborazione accettabile su cui si può intervenire, al di là dell'appartenenza a questa confederazione.

Io avevo preparato una sintesi delle idee di Cianciano ma mi rendo conto che prenderei troppo tempo, ad ogni modo in questa nuova strategia che ha immaginato la CGIL dovrebbero trovare un supporto, un sostegno nel modo di lavorare di questa organizzazione sindacale.

Io credo che questo programma ambizioso vivrà un momento di crisi proprio quando si tratterà di trovare modi o uomini per poetare avanti, con gradualità, un certo tipo di quelle posizioni che sono abbastanza interessanti; ci doveva essere una conferenza di organizzazione ad ottobre ed è già slittata al mese di novembre.

Vale però la pena ricordare come si è arrivati a questa cosa; c'è stata nella più grossa confederazone italiana una rivolta che è stata chiamata "la rivolta dei colonnelli". Per la prima volta nella storia della CGIL s'è stato il cambiamento di un segretario generale non in una sede congressuale; a questa rivolta hanno partecipato una parte dei cosiddetti falchi, i duri, i sinistri della CGIL con altre parti che sono i destri, quelli propensi all'accordo a tutti i costi con il PSI. Di fatto si è letto in molti modi, chi legge "Il Manifesto" avrà seguito questa vicenda; questa cosa io la leggo sostanzialmente nel fatto che Pizzinato, che ha una origine operaia, ha lavorato poco però ha lavorato nelle fabbriche di Sesto San Giovanni, ha fatto una scuola di partito in Unione Sovietica negli anni '50, comunque aveva sempre mantenuto un forte legame con il suo ambiente, ha posto questo grande tema della rifondazione del sindacato perché a suo parere questa organizzazione, questi uomini non avrebbero retto a questo impatto.

Questa rifondazione, se fosse stata coerente, avrebbe certamente ridimensionato in maniera consistente l'apparato che questa organizzazione sindacale si era data, un super-apparato, un qualche cosa che comunque condiziona e condizionerà, farà da freno alle scelte politiche anche apprezzabili che possono essere scritte a tavolino.

E' questo aspetto che determina la crisi; ci sono, in sostanza, dei pensatori che fanno delle grandi elaborazioni, c'è l'impossibilità di trasmettere queste elaborazioni in dibattito politico sulle stesse, la crisi sta nel mezzo, sta nell'apparato, perché la trasformazione del sindacato italiano tutto impedisce a questo sindacato di recepire qualsiasi messaggio, indicazione, scelta politica che viene dalla gente che lavora o dalla gente che subisce le conseguenze di questo lavoro, creando dei momenti di lacerazione. Valga per tutte quella vicenda, che conosco abbastanza, che sta succedendo in Val Bormida che ha assunto una rilevanza nazionale, dove abbiamo la popolazione contro gli operai e viceversa, una parte della popolazione e degli operai della Liguria contro lavoratori e popolazione del Piemonte, uno scontro tra le confederazioni di una provincia contro quelle dell'altra, una lacerazione anche all'interno del PCI.

Nel savonese queste tesi che occorre porre dei limiti allo sviluppo, evidentemente a difesa di questa azienda, non sono state digerite.

Ritorniamo un momento, per capire se questo sindacato è in crisi o meno, all'apparato. Io ho alcuni dati sui distaccati del settore pubblico e parapubblico che sono stati, tra l'altro, pubblicati sul settimanale della CGIL. Questi dati tengono conto dei distacchi CGIL sia nel settore energia, credito-assicurazioni, scuola, funzione pubblica, trasporti e nelle telecomunicazioni.

In questi settori la CGIL ha 2435 funzionari; sono una cosa enorme e non credo che il PCI abbia un numero così elevato di funzionari. Se a questi dati aggiungiamo quei funzionari che sono all'interno dei patronati, poi ci sono alcuni scambi, quelli che dirigono i settori industriali, aggiungendo una parte consistente dell'apparato tecnico, l'apparato supera le 10.000 unità.

Sarebbe interessante capire come vivono questa cosa queste 10.000 persone. Da quello che posso vedere credo che nemmeno l'1% di questi sia consapevole della crisi, anzi le cose non sono andate così bene come ai giorni nostri perché questo funzionario sindacale ha un'ottima retribuzione, certamente più alta della media dell'industria delle diverse zone, ha agevolazioni rispetto a problemi che ci si pongono rispetto alla vita quotidiana, ha la possibilità di avere dei rimborsi spese scarsamente controllati che innalzano il suo tenore di vita. Questa gente credo che ritualmente parli di crisi del sindacato, di emergenza, di crisi economica, si attardi anche a disquisire sulla composizione di classe, sulla distribuzione del lavoro, sui non garantiti a seconda degli eventi emozionali.

Io volevo trattare anche, brevemente, un aspetto cioè quello del supporto economico del sindacato. L'analisi di alcuni dati che vi darò brevemente sta a dimostrare che il sindacato, da questo punto di vista che non è da poco, gode di ottima salute, ha molti soldi ed anzi si sta organizzando per farne degli altri. Ho fatto un conto, sempre sulla CGIL, delle entrate denunciate; tenete conto che la falsificazione dei dati è un sistema generalizzato sugli iscritti, tanto è vero che nella confederazione europea dei sindacati siamo poco credibili some sindacato italiano, la falsificazione degli iscritti, che significa poi posti di potere e la falsificazione dei bilanci perché una gran parte di questi soldi, che sono anche tangenti in molti casi, per pagare gli stipendi ai sindacalisti, vengono poi dirottati dalle organizzazioni sindacali ai partiti, sicuramente al partito socialista e al partito comunista. Non so se questo avviene per Democrazia Proletaria.

Le entrate che denunciano gli amministratori sono di 600 miliardi all'anno; questi 600 miliardi sono un dato significativo di una crisi che solamente la metà di questi soldi denunciati sono soldi che arrivano dalle contribuzioni dei lavoratori, cioè contributi e tessere. Gli altri 300 miliardi in parte sono anche giustificati in quanto 60 miliardi vengono trasferiti dal Ministero del Lavoro alla CGIL, in questo caso, per le attività di patronato, 80 miliardi che sono definiti di "servizio", cioè le vertenze che vengono fatte all'atto del licenziamento del lavoratore che non è iscritto al sindacato, 50 miliardi trasferiti dall'INPS verso la CGIL per pagare i contributi ai distaccati della legge 300. Il 50% delle entrate non è frutto della contribuzione, quindi il peso dell'iscritto rispetto al nuovo concetto di organizzazione che si sta portando avanti è un peso limitato al 50% perché il finanziamento giunge per altre vie.

Volevo però dire che su questo versante il sindacato, questa nuova figura che io chiamo il sindacato finanziere, chi con più e chi con meno entusiasmo si sta buttando in questa operazione, cioè rafforzare il suo potere economico.

Questa operazione che si sta tentando, pur con qualche incidente di percorso, del polo biennale INA-INPS, dove l'INPS avrà un rappresentante delle organizzazioni sindacali, è un'operazione grossa in quanto punta a gestirsi una fetta del patrimonio dell'INPS, che movimenta qualche cosa come 200 miliardi per anno. C'è questa operazione che CGIL, CISL e UIL, seppur con diverse partecipazioni, hanno fatto in questo ultimi mesi di costituire insieme all'UNIPOL lavoro e previdenza, c'è stato un incremento di capitale, nel corso di quest'anno ci sarà il raddoppio del capitale delle azioni della UNIPOL. C'erano, come ho detto, delle differenze all'interno delle varie organizzazioni sindacali, entusiasmo nella UIL, grande interesse nella CISL, moderazione nella CGIL che però poi si lava la coscienza ma interviene in queste cose. C'è stata resistenza rispetto all'intervenire anche nel sistema bancario, ma è di questi tempi l'entrata della confederazione nella Banca della Lega delle Cooperative.

Un ultimo dato, io ho dei dati disaggregati molto qualsiasi, ma diventa troppo lungo fare un discorso più articolato. C'è questa nuova scelta, soprattutto della CISL, del sindacato degli imprenditori, in primavera si è costituita una società mista tra la CISL e la Olivetti. E' pur vero che la Olivetti ha il 51% del capitale e la CISL il 49%, ma questa è una società che produce dei programmi di servizio soprattutto per il settore pubblico dove la CISL è il sindacato dominante. Quindi il problema del sindacato dei lavoratori con queste scelte va revisionato ed è di questi giorni addirittura la richiesta della UIL di avere il finanziamento pubblico per le organizzazioni sindacali. La CISL dice che va bene, la CGIL finge di scandalizzarsi, ma sotto sotto, facendo distingui, chiedendo una articolazione diversa, punta anch'essa al finanziamento pubblico. A quel punto io credo che di crisi si possa parlare anche leggendola in questa maniera che dicevo io. Vi ringrazio.