Metalmeccanici: l'ombra lunga del '93

 

La vicenda contrattuale dei metalmeccanici, nel suo tormentato evolversi fino alla controversa conclusione, ha messo in evidenza la parte sommersa dell’iceberg che gela le relazioni industriali.

Federmeccanica (e Confindustria) hanno cercato per oltre un anno di anticipare nel contratto dei metalmeccanici la revisione degli accordi del luglio 1993 spingendo su 3 direzioni:

Firmando il contratto, Federmeccanica e Confindustria sembrano aver rinunciato per ora alla loro strategia, attuando un improvviso disgelo nelle relazioni industriali che sembra riscaldare il clima di una primavera ormai vicina in cui un mutamento di governo possa tornare utile nella revisione degli accordi del ’93, ripristinando la concertazione, ed era perciò meglio evitare l’ingombro di un trascinarsi della vertenza.

Tuttavia sull’allungamento della durata contrattuale Federmeccanica porta a casa 6 mesi in più, così come sul secondo livello ottiene l’estensione della pratica dell’orario plurisettimanale (con allungamenti nelle fasi di picco della domanda e restrizioni nei periodi di calo degli ordinativi), per tutte le aziende del settore oltre a quelle con lavorazioni stagionali ed infine ottiene l’ampliamento dell’istituto dell’apprendistato.

E’ solo a questo punto, che Federmeccanica ha aperto spiragli verso la soglia dei 100 euro medi di aumento.

L'obiettivo raggiunto da Cgil-Cisl-Uil, sta soprattutto nell’aver ristabilito la necessità e l’inevitabilità del ruolo del sindacato nelle relazioni industriali in quanto:

Insomma il sindacato concertativo, messo ai margini dalla strategia attuata dal governo Berlusconi, rientra nei giochi siglando questo contratto che segue quello degli statali, ma non appare un segno di cambiamento nelle relazioni industriali.

Ma la vera vittoria dei lavoratori e delle lavoratrici non è certamente sul misero piano salariale, né su quella dell’orario e della produttività (quelle due commissioni incombono minacciose sul loro destino).

La vera vittoria dei metalmeccanici è quella di essere riusciti ad imporsi come soggetto autonomo nelle piazze, con una lotta sfibrante e tenace, tanto radicale e spontanea quanto determinata e generalizzata, da indurre vertici sindacali e confindustriali ad evitare l’inasprirsi di un conflitto ormai lacerante.

Nelle consultazioni, o nel referendum nelle fabbriche se la FIOM riuscirà a farlo svolgere nonostante il parere contrario di Cisl, Uil e di molta Cgil, il contratto potrà essere recepito o respinto; ma quello che conta è che sia rinata la consapevolezza che auto-organizzarsi, manifestare, lottare per i propri diritti è non solo possibile, ma anche necessario e ripetibile qualora governi il centro-sinistra e si riapra la stagione dei guasti della concertazione.

E’ su questo che si misurerà la decisiva radicalità e conflittualità finora dimostrata dalla FIOM.

Infatti, la lotta salariale non può che guardare oltre la moderazione dei 100 euro, dal momento che le prime 40 aziende italiane hanno già accumulato nel 2005 profitti per 30 miliardi di euro; la lotta contro la flessibilità non può che guardare oltre il contenimento della Legge 30, e quindi prevedere la re-introduzione del lavoro a tempo indeterminato in tutti i settori pubblici e privati; la lotta sindacale non può che guardare oltre le vecchie e nuove compatibilità per riguadagnare e praticare autonomia ed unità di classe fra tutte le categorie, attraverso una piattaforma conflittuale elaborata dal basso ed alla base dei sindacati, nei luoghi di lavoro e nel territorio. 

FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI
25 gennaio 2006