SETTORE ENERGIA

 

1- Il processo di privatizzazione dell'Enel continua

Visto il successo del collocamento in borsa della terza tranche Enel (10%), avvenuto ad ottobre 2004, con cui il Tesoro ha incassato 7,5 miliardi, lo stesso si prepara a cedere un altro 20%.

Il ministero dell'Economia attualmente detiene direttamente il 31,5% del capitale della società elettrica e indirettamente (attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, controllata dal Tesoro ) il 10,35%. L'operazione finanziaria che avverrà ad aprile, vedrà la cessione di circa il 10% dell'Enel alla Cassa Depositi mentre un altro 10% dovrebbe essere collocato sul mercato, questo potrebbe fruttare a Siniscalco entro fine anno altri 16 miliardi. Lo Stato controllerà comunque circa il 30% del capitale della società elettrica.

La proprietà dell'ex Ente Pubblico è ormai in mano al capitale privato. Negli ultimi tempi l'Enel ha venduto i propri immobili, una quota decisiva di Terna ed ha perduto la maggioranza di controllo sulla S.p.a. Il 3 novembre 2004, secondo il quotidiano "Finanza e Mercati" , l' Enel avrebbe avviato contatti per cedere il 49% di una società che includerebbe i servizi, le attività diversificate e…6000 lavoratori di Ape, Enelpower, Enel.it, Enel Facility Manegement , Enel Hydro, Dalmazia trieste ( immobili ). Ci si prepara a nuovi efficientamenti per nuovi scorpori o esternalizzazioni, proseguendo, per gli aspetti finanziari la politica dei dividendi, dove il maggior beneficiario rimane il Ministero del Tesoro.

L'Enel rimane in regime di monopolio, prima pubblico ora privato. Ora per rimanere sul mercato dovrà contare sulla sua efficienza aziendale e sugli spazi di mercato che saprà conservare, considerato che la compressione dei costi avviene con i tagli agli investimenti e all'occupazione.

"La liberalizzazione dei mercati elettrico e del gas ha portato fino ad ora solo una forte diminuzione dei posti di lavoro, ma non ai benefici che erano stati promessi: la sicurezza degli approvvigionamenti non è stata incrementata, i prezzi dell'energia alle famiglie non sono diminuiti, gli investimenti delle aziende elettriche sia nella rete di distribuzione che nella generazione sono sempre più scarsi". 

Sono gli stessi sindacati confederali a denunciare questa situazione che aggiungono: "Sarebbe un grave errore privarsi del controllo e della proprietà delle infrastrutture di base (la cosiddetta "autostrada elettrica") che si interconnettono con la rete europea, consegnando in mani private, non necessariamente europee, un monopolio naturale di interesse strategico, nel quale non sono realizzabili condizioni di concorrenza" e ancora: "l'operatore pubblico garantisce meglio lo sviluppo e il mantenimento della qualità del servizio…ecc. ecc.". Peccato che tutte queste belle parole si scontrano nella realtà dei fatti dove la sudditanza politica rispetto alle scelte suggerisca solo misure tampone dove spesso prevale la difesa del proprio orticello.

 

2 - La politica energetica dell'Enel

Il 17 febbraio 2005 il Gruppo Enel ha firmato il contratto con il governo della Repubblica Slovacca per l'acquisto del 66% di "Slovenske Elektrarne", la principale società di produzione elettrica slovacca che, con i suoi 7000 MW di potenza, di cui 2640 nucleari ( per la prima volta dopo l'87 l'Enel torna a gestire la produzione nucleare), 2400 idroelettrici e 1840 a carbone e lignite, rappresenta l'83% della capacità totale del paese ed è la seconda società di generazione dell'Europa Centro-Orientale. In precedenza l'Enel aveva già acquisito una centrale termica da 450 megawatt e aveva rilevato il 51% di due società distributrici di elettricità ( Dobrogea e Banat) in Romania e altre ancora sempre nell'Europa dell'est e in Spagna.

Con questa operazione l'Enel conferma la strategia di operare soprattutto nei mercati dell'elettricità e gas ( ha venduto l'ultima partecipazione nel settore delle acque ), compresa l'espansione all'estero.

Questo preoccupa non poco i sindacati del settore elettrico slovacchi ( Soze, aderente alla confederazione slovacca KOZSR) come confermato nell'incontro avvenuto a gennaio con i sindacati dello stesso settore italiani (Filcem-Cgil, Flaei-Cisl,), che pongono sul piatto problemi reali come : garanzie occupazionali, sociali e contrattuali dei lavoratori (la S.E. conta quasi 10.000 dipendenti), in seguito alla liberalizzazione del mercato europeo dell'energia e alle privatizzazioni.

Per quanto concerne lo scenario nazionale è prevista una possibile crescita nel settore del gas mediante nuove acquisizioni, mentre nel settore della produzione elettrica l'Enel tende ad una "difesa al meglio" delle proprie posizioni a fronte anche di un aumento delle importazioni e dell'offerta di altri operatori.

L'incremento dell'offerta ha fatto si che nel 2004 l'Enel abbia registrato una minor crescita della domanda elettrica di quella prevista, anche se i consumi elettrici in generale sono cresciuti con una media del 3% annuo con punte del 4%.

Il forte incremento della domanda di elettricità è avvenuto in un momento di bassa crescita del PIL ( solo lo 0,4%) , questo si spiega solo con un maggior ricorso ai condizionatori e alla diffusione dei sistemi informatici.

Negli ultimi anni il sistema elettrico è stato sottoposto a diverse tensioni, dovute a interruzioni programmate di fornitura di energia e al successivo "black-out" totale del 28 settembre, avvenuto in situazione di assoluta normalità (nella notte fra sabato e domenica), oltre a sensibili rialzi del prezzo dell'elettricità.

Questi fatti dovuti in parte a motivi strutturali come : l'alto costo dei combustibili, la scarsa diversificazione delle fonti, la mancata programmazione del sistema che stabilisce quali sono i livelli di rischio accettabili per la continuità del servizio (indisponibilità di centrali, o loro incapacità, ad aumentare la produzione in caso di necessità). In sostanza emerge la necessità che sia realizzata una capacità di coordinamento tecnico, propria del GRTN, e non la necessità di costruire altre centrali, più volte sbandierata dal governo, la quale risponde più ad esigenze di "business" del mercato elettrico.

La questione poi delle localizzazioni pone altri problemi, la conflittualità che si è venuta a creare intorno alle installazioni energetiche, visto il comportamento del Governo, è destinata a perdurare nel tempo. La vicenda del Decreto Scanzano sui rifiuti nucleari , è un esempio del metodo adottato dal Governo, il quale ha manifestato l'intento evidente di ignorare la volontà popolare e di escludere dal processo decisionale le amministrazioni locali e la stessa Regione Basilicata.

Alla base della giusta mobilitazione delle popolazioni locali c'è una forte preoccupazione ambientale e c'è anche una maggiore consapevolezza dei rischi.

Negli ultimi anni c'è una crisi localizzativa che rallenta anche l'attività di riqualificazione dei siti elettrici esistenti, oltre a nuove localizzazioni per nuovi impianti di ogni tipo di tecnologia, un esempio è la centrale di Mercure in Calabria nel parco nazionale del Pollino, dove nonostante la riconversione a biomasse (scarti della lavorazione del legno e altri vegetali ) e la conseguente diminuzione delle emissioni di CO2 nell'atmosfera, trova la resistenza delle popolazioni locali , in quanto per trasportare le 320.000 tonnellate annue occorrenti per far funzionare la centrale, dovrebbero giungere in media 80 Tir al giorno per 250 giorni lavorativi, un aumento quindi del traffico e dell'inquinamento atmosferico. Questa situazione è resa ancora più esasperata dalla linea decisionista del Governo che non tiene conto delle reali esigenze del territorio ma solo alle esigenze di business del mercato elettrico, definisce alcune opere di preminente interesse statale, e minaccia le autonomie locali di adottare il potere sostitutivo. 

Nessuna nuova localizzazione, nessuna decisione può essere presa sulla testa degli abitanti del luogo. I processi decisionali devono partire dalle assemblee dei cittadini organizzati in comitati locali che valutino l'effettiva esigenza di un nuovo impianto, evitando le grosse concentrazioni produttive in singole realtà (piccolo oltre che bello è anche meglio) evitando così la costruzione di grandi linee di trasporto e le conseguenti dispersioni di energia, ricorrendo alle fonti rinnovabili, da noi sotto-utilizzate rispetto ad altri paesi europei, tenendo conto che le misure di risparmio e di efficienza energetica (ambientalizzazioni , riconversione ed efficientamento dei siti elettrici esistenti), sono già un modo per contenere il numero di centrali da costruire per i prossimi anni.

La necessità di riconvertire alcune vecchie centrali ad olio combustibile (l'Enel punta al carbone oltre che al metano, anche i sindacati confederali sembrano d'accordo ) per ragioni di basso rendimento data l'età degli impianti, ubicazioni degli stessi, costi elevati di produzione, pone alcune migliaia di lavoratori delle centrali Enel in una situazione di conflitto con l'azienda.

Inoltre la chiusura di centrali elettriche messe fuori mercato o a "riserva fredda" dall'andamento dell'offerta e della borsa elettrica, porrà problemi di riutilizzo di personale che nel frattempo si è reso disponibile.

Per il momento l'Enel sembra disponibile al riutilizzo in altre unità e all'esodo incentivato con non pochi problemi dovuti al disagio che i lavoratori dovranno sostenere al loro trasferimento.

La situazione in altri comparti non è migliore: nel settore della "Distribuzione" continua la strategia della " esternalizzazione " del lavoro che oltre a porre problemi di perdita di professionalità si è ridotto e di molto il numero dei lavoratori.

Sono state fatte con il contagocce alcune assunzioni, che servono principalmente a sostenere quelle realtà che fanno fatica a mantenere il servizio, dove i lavoratori sono costretti a sostenere doppi turni di reperibilità.

Il lavoro dato alle imprese appaltatrici, non sempre viene eseguito in modo corretto e spesso non vengono rispettate le norme di sicurezza; questo perché gli appalti vengono assegnati al costo più basso. Molti sono stati gli incidenti anche mortali fra il personale delle imprese e anche dell'Enel; purtroppo però non si è avuta la giusta risposta da parte sindacale, i pochi minuti di sciopero dichiarati sembrano una presa in giro.

Siamo alla vigilia della scadenza contrattuale (luglio 2005), anche gli accordi regionali, che servono ad aggiornare le indennità (mense, convenzioni, trasferte ecc.) non vengono rinnovati da quattro anni. Per il recupero dell'inflazione su tali indennità, l'Enel Lombardia parla di inflazione programmata a posteriori a distanza di quattro anni. Nelle convenzioni con i ristoratori ormai in alcuni di questi, ai dipendenti dell'Enel non viene più garantito il pasto ma solo una parte di esso. 

In Lombardia ormai l'Enel conosce solo il linguaggio della riduzione dei costi e di voler primeggiare su questo.

E' in questa situazione che dovremo affrontare il prossimo rinnovo contrattuale.

Aprile 2005

Commissione Sindacale FdCA - (settore energia)