RICOMINCIARE DALLE LOTTE PER I DIRITTI, PER I SALARI, PER LA DEMOCRAZIA

Stiamo entrando in un autunno che si annuncia caldo. Il percorso di lotte sociali intrapreso con la battaglia per la difesa dell'articolo 18 si è via via inevitabilmente arricchito di contenuti dai contorni sempre più definiti.

La politica esplicitamente aggressiva del Governo Berlusconi e della Confindustria nei confronti delle masse popolari sta scoperchiando quella pentola a pressione che troppo a lungo era rimasta compressa negli anni del centrosinistra.

L'azione combinata dell'attacco ai diritti dei lavoratori e dei pensionati, dell'estensione selvaggia della precarietà, dell'affermazione del primato dell'impresa, delle privatizzazioni con i provvedimenti presi dall'esecutivo a tutela dei suoi stessi interessi nel campo della giustizia e dell'informazione, ha ottenuto il risultato di far crescere visibilmente un'opposizione diffusa ancorché frammentata e divisa negli obiettivi strategici.

Un'opposizione che rischia di essere preda di quell'Ulivo responsabile delle politiche antioperaie che Berlusconi sta ora finalizzando.

Non è un caso che le prime reazioni del centrosinistra al blocco delle tariffe deciso dal Governo sia stato critico proprio partendo da un punto di vista di difesa del libero mercato.

Difendere ed estendere i diritti,
abbandonare la concertazione,
rilanciare la contrattazione

La lotta per la difesa dello Statuto dei Lavoratori e contro il Libro Bianco ha visto nei mesi scorsi la crescita di forti mobilitazioni condotte dalla Cgil e dai sindacati di base sulle quali sin da subito - e per l'impegno profuso dall'area del sindacalismo conflittuale - si sono innestati forti elementi di rivendicazione contrattuale.

Delegati rsu, quadri sindacali, strutture territoriali ed interi sindacati di categoria, come la Fiom, hanno capito che la battaglia sull'articolo 18 non può e non deve essere una semplice battaglia di principio ma occasione per il rilancio di una nuova stagione di vertenze e contrattazione da opporre alla decennale concertazione ed alla politica dei redditi.

C'è un filo rosso che collega il grande sciopero unitario del sindacalismo di base contro l'accordo quadro sul pubblico impiego del 4 febbraio, le successive astensioni dal lavoro e le agitazioni a scacchiera, lo sciopero generale del 16 aprile e l'imponente manifestazione della Cgil del 23 marzo:

tutte queste scadenze di lotta, anche quelle più "rituali", hanno visto la partecipazione attiva e visibile dell'area del sindacalismo conflittuale trasversale alle organizzazioni.

Dai referendum per l'estensione
dei diritti alle richieste salariali:
costruire nei posti di lavoro
e nelle piazze la piattaforma sociale

Per contrastare il progetto neoliberista del Governo Berlusconi deve essere utilizzato ogni strumento efficace (in questa fase anche i referendum per l'estensione dell'articolo 18 alle aziende con meno di 15 dipendenti - ed in generale per l'estensione dei diritti dei lavoratori, lo possono essere e per questo motivo i comunisti anarchici li sostengono). Tuttavia la battaglia sui diritti - oltretutto condotta sul terreno istituzionale - si rivelerà perdente se non sarà accompagnata da una forte accelerazione del conflitto, scandita da una stagione di scioperi generali e di categoria.

Oggi oltre 5 milioni di lavoratori sono in attesa di rinnovo contrattuale ed è necessario avere minimi comuni denominatori nelle piattaforme delle diverse categorie: almeno la richiesta del recupero dell'inflazione reale, il contenimento del fenomeno del lavoro straordinario, la rivendicazione di assunzioni a tempo indeterminato, la riduzione di orario a parità di salario.

Questo significa costruire dal basso una piattaforma sociale che si ponga come obiettivo - oltre al recupero dell'inflazione reale con aumenti salariali uguali per tutti e svincolati dalla produttività - lo stop a tutte le privatizzazioni dei servizi pubblici, una politica di piena occupazione con contratti collettivi nazionali a tempo indeterminato, la riduzione sensibile del prelievo fiscale ai lavoratori dipendenti, il salario sociale, l'aumento delle pensioni, la lotta contro la legge Bossi - Fini.

Unità di tutti i lavoratori
oltre le sigle
per una vera democrazia sindacale

I comunisti anarchici guardano da sempre con favore tutte le esperienze di autorganizzazione delle lotte che sanno spingersi oltre le sigle. Nelle realtà in cui sono presenti, i comunisti anarchici incoraggiano e costituiscono con gli altri lavoratori comitati e coordinamenti territoriali intersindacali, che in certi casi assumono le caratteristiche di vere e proprie proprie camere del lavoro e del non lavoro. Sui posti di lavoro, i comunisti anarchici si battono per la difesa e lo sviluppo della democrazia sindacale, per la valorizzazione del ruolo attivo ed indipendente delle rsu e per il coinvolgimento diretto nell'attività sindacale di tutti i lavoratori. Sono queste, infatti, le premesse necessarie alla costruzione davvero autogestita di una piattaforma sociale unificante, perché le lotte di massa non vengano fermate o deviate dalle burocrazie sindacali e politiche.

E' questa la via sulla quale incamminarsi verso una nuova stagione di lotte, verso un autunno veramente caldo.