Il lavoro svolto in tutti questi mesi, anche sulla base di quanto riportato nel documento sotto riprodotto, da parte del Coordinamento Cittadino Aziende Holding Campidoglio USI AIT LAZIO che ha dato vita al Roma Work Forum con RSU, lavoratori e lavoratrici presenti in varie aziende pubbliche e private ed anche in altre strutture di base: Comune di Roma (Biblioteche, AEC, Asili Nido, Scuole dell’Infanzia, Amministrativi e Tecnici Cartografia Informatizzata, Servizi Ambientali) e RSU Comunali (USI-RdB-CNL), Roma Multiservizi, A.M.A. SpA, ALL CLEAN, Case di Riposo/Coop. Sociale IL CIGNO, FARMACAP, Zètema Progetto Cultura, StA, CILO - Consorzio SOLARIS/ACLI, RSU della Formazione Professionale (Unicobas), Coop. Sociali socio assistenziali, imprese di pulizia, punto INFOLAVORO c/o L.T.Q. Roma XI, Lavoratori e RSU Scuole Statali, Associazioni e Coop. di lavoro autogestite, ha dato risultati concreti e positivi, riuscendo ad ottenere un Consiglio Comunale straordinario sul lavoro il 6 maggio che ha approvato all’unanimità diversi ordini del giorno di indirizzo sulle proposte dell’USI e del Coordinamento Cittadino.

Il protocollo d'intesa firmato il 4 febbraio 2002 tra le organizzazioni sindacali e il governo, che servirà come guida per i rinnovi contrattuali del pubblico impiego per la stagione contrattuale 2002/2005, è inserito totalmente nella politica dei redditi dell'accordo del luglio 1993 (come richiamato dal punto 1). Politica dei redditi che subordina gli aumenti contrattuali all'inflazione programmata, da adeguare in sede di verifica "all'inflazione effettiva". Vi è da precisare che l'inflazione programmata è sempre inferiore a quella effettiva, e gli adeguamenti salariali "all'inflazione effettiva" non sono automatici ma dipendono dalla contrattazione, contrattazione debole in questo caso da parte dei sindacati per cui l'adeguamento è stato più che altro in questi anni nient'altro che un buon proposito quasi mai attuato. "L'inflazione effettiva" è calcolata dall'ISTAT sulla base di un paniere di beni di consumo non adeguati alle reale vita quotidiana della popolazione, per cui l'inflazione reale è sempre di qualche punto percentuale superiore. I salari in questi ultimi dieci anni hanno perso notevolmente il loro potere d'acquisto. L'accordo del luglio 1993 viene rispettato dal governo soltanto per le parti a lui favorevoli (il contenimento della spesa ect.), scordandosi ad esempio di attuare un rimborso salariale provvisorio ed economicamente irrisorio spettante ai lavoratori del pubblico impiego allo scadere del contratto collettivo in attesa del nuovo contratto chiamato in gergo tecnico "vacanza contrattuale". Viene ribadito che nei vari contratti del pubblico impiego una quota delle risorse finanziare dovrà essere destinata all'incentivazione dell'efficienza del servizio e della produttività, parole roboanti ma prive di significato, in realtà si vuole dividere i lavoratori premiare quelli più servili, legare il salario alla presenza negando i diritti dei lavoratori (alla malattia, alla maternità ect.). Viene riconfermata la filosofia della legge quadro del pubblico impiego, per cui la normativa del rapporto di lavoro viene contrattualizzata, il che implica per i lavoratori una perdita dei diritti, e per gli utenti (non clienti) una mercificazione dei servizi pubblici. Si ribadisce la separazione tra potere politico (funzione di indirizzo) ed amministrativo (funzioni di gestione) per cui i politici decidono ma non hanno responsabilità operative, ed i dirigenti eseguono, anche quando le decisioni sono al limite della legalità spesso oltre, perché il loro rapporto di lavoro essendo contrattualizzato, li rende più ricattabili, rischiando di essere in questa maniera perseguiti penalmente cosa in realtà abbastanza rara. Il dirigente pubblico da persona che doveva applicare la legge, per cui la propria carriera era definita da una serie di norma, diventa sempre di più un manager il cui scopo è di far quadrare i bilanci e realizzare gli interessi dei politici. I contratti di lavoro dei dirigenti assumono le forme più varie, per diventare emanazione diretta del potere politico. Il governo si impegna ad iniziare le procedure per lo smobilizzo del rateo annuale del Trattamento di Fine Rapporto, si vuole demolire il sistema pubblico previdenziale, e permettere e conseguentemente costringere i lavoratori a rivolgersi al privato per garantirsi un reddito decente in pensione. E' quasi comico viene ribadita l'autonomia delle parti nei vari gradi di contrattazione (nazionale ed integrativa) nel rispetto delle compatibilità di bilancio. La spesa per i contratti è determinata inderogabilmente, l'unica contrattazione effettiva è la determinazione della differenzazione salariale tra i lavoratori. In questo protocollo non vengono nemmeno individuate le risorse economiche necessarie a finanziare i contratti, c'è soltanto un generico impegno a trovare le risorse nella legge finanziaria. Per i contratti integrativi che hanno caratteristiche di finanziamento differenti nei vari comparti del pubblico impiego ( ad esempio per il contratto degli enti locali le risorse aggiuntive vengono determinate da risparmi di spesa nella gestione del personale) si precisa che le risorse economiche dovranno essere destinate alla produttività. A cercare di misurare la produttività le pubbliche amministrazioni non ci sono mai riuscite ( cosa vuol dire produttività in una scuola o in servizio sociale?), in realtà si vuole differenziare il salario tra i vari lavoratori in modo da incrinare tra loro il concetto della solidarietà. Questo protocollo in realtà non garantisce nulla per i lavoratori in relazione ai contratti, e si inserisce a pieno titolo nella politica delle compatibilità e nella smobilitazione del pubblico impiego. Si deve chiedere con la lotta sindacale aumenti salariali cospicui, e ribadire la difesa dei diritti. La CGIL il 4 febbraio, sperando che l'era della concertazione non fosse finita, firmò insieme agli altri sindacati confederali questo protocollo revocando lo sciopero proclamato per il 15 febbraio. Sciopero confermato dai sindacati di base che ottennero una discreta affermazione. Affermazione non saputa gestire perché causa il cambiamento di politica della CGIL, i sindacati di base nella loro maggioranza hanno portato avanti una politica di differenzazione dalla CGIL, di affermazione sterile della propria individualità (non si collabora per principio con la CGIL indipendentemente dagli obbiettivi) senza un'analisi organica della fase. E' vero che la CGIL ha cambiato politica per una questione di sopravvivenza, e che se la fase si modifica la CGIL riprende la vecchia maniera di gestire le questioni sindacali, ma per il bene dei lavoratori si devono sfruttare le contraddizioni che si presentano per cercare di costruire se possibile un reale ed incisiva conflittualità nei luoghi di lavoro.

Certamente è una ulteriore piccola vittoria nella vertenza cittadina che oppone i lavoratori e le lavoratrici al Comune di Roma, nelle Aziende pubbliche comunali e in quelle affidatarie dei servizi e che proseguirà nei prossimi mesi, per costruire un altro mondo che rispetti diritti e bisogni. Le nostre esperienze e le nostre vittorie ci portano, oggi, a dare come USI la nostra piena disponibilità, anche del nostro ufficio legale nazionale, a tutte le compagne ed a tutti i compagni che, a livello nazionale, si volessero autorganizzare. Per contatti: usiaitl@tin.it; romaworkforum@tiscali.it

Così come ci portano a lanciare da subito a tutte le realtà del sindacalismo alternativo e/o ai militanti di base della CGIL, una proposta di incontro a Roma, il 14 settembre presso il CSIA VILLAGGIO GLOBALE (o altra sede da definire), per costruire unitariamente lo SCIOPERO GENERALE su una PIATTAFORMA SOCIALE DI LOTTA. IN PREPARAZIONE DELLO SCIOPERO GENERALE E GENERALIZZATO DI OTTOBRE, INFORMIAMO TUTTI/E CHE COME USI AIT ABBIAMO GIA’ ESPERITO NEGATIVAMENTE IL TENTATIVO OBBLIGATORIO DI CONCILIAZIONE PRESSO IL MINISTERO DEL LAVORO, IL 29 LUGLIO, SULLA SEGUENTE PIATTAFORMA: CONTRO LE POLITICHE GOVERNATIVE SUL LAVORO E IL PATTO PER L’ITALIA, GLI EFFETTI DEL DPEF, GLI ATTACCHI ALL’ISTRUZIONE E ALLA SANITA’ PUBBLICA, CONTRO PRIVATIZZAZIONI E DISMISSIONI DEI SERVIZI PUBBLICI E SOCIALI, PRECARIZZAZIONE DEL RAPPORTO DI LAVORO, LA LEGGE BOSSI-FINI, PER ADEGUATI AUMENTI SALARIALI E PARI DIRITTI SUL LAVORO, L’ESTENSIONE DELLO STATUTO DEI LAVORATORI E LA DIFESA DELLE LIBERTÀ SINDACALI.

 

A proposito di Bilancio partecipativo, forme della democrazia diretta:

 Nella realtà romana, nella quale lavoriamo e abitiamo, il percorso che è stato messo in piedi da un anno dalle lavoratrici e dai lavoratori che hanno dato vita al Coordinamento Cittadino Aziende Comunali e della Holding Campidoglio (Marzo 2001) e successivamente dal Roma Work Forum (Settembre/Ottobre 2001), al quale partecipano realtà lavorative non inserite nell’ambito del Comune di Roma e delle società partecipate o collegate ad esso, ha affrontato anche le questioni relative allo sviluppo di quello che è definito ‘bilancio partecipativo e alle esperienze di democrazia diretta e dal basso. Il dibattito non è per nulla concluso, anzi la continua verifica pratica di quello che si cerca di costruire suoi posti di lavoro e nel territorio con la coerenza su alcuni principi e criteri fondamentali, è uno dei punti di forza che permette a queste situazioni di mantenere una certa vitalità, evitando di farle ricadere nello sterile intergruppi superpoliticizzato, ma fuori dalle dinamiche reali o dal gruppo di esperti che elaborano ipotesi mai verificate o verificabili in concreto.

Il fatto di sporcarci le mani e smuovere i neuroni collettivamente e all’interno di processi lavorativi e di un impegno sociale, permette a noi tutti/e di operare delle scelte di campo ben precise, che hanno nell’autorganizzazione sindacale e sociale, nella democrazia assembleare, nella costruzione autogestita e dal basso di iniziative e di proposte concrete, nella solidarietà umana e di classe contro sfruttamento, discriminazioni, intolleranza e settarismo, il nostro quotidiano e costante modo di agire e di pensare, portando alla luce un fattore dinamico e ineliminabile, il conflitto, nelle varie forme e modalità nelle quali esso si esplica. Questo contributo è da considerarsi una sintesi del nostro lavorio continuo, di questo processo di verifica teorico/pratico, tuttora in fase di movimento e di sviluppo del conflitto. Città metropolitana, decentramento municipale, partecipazione diretta: partiamo dal punto di vista di lavoratrici e lavoratori. La prima considerazione che si è fatta, partiva dall’analisi delle realtà lavorative e dalle profonde mutazioni in termini di disgregazione e frammentazione della classe lavoratrice. La progressiva scomposizione del lavoro, la diversificazione dei regimi contrattuali, lo smantellamento o il progressivo indebolimento di diritti considerati come acquisiti, da trasmettere alle future generazioni di lavoratori e lavoratrici come patrimonio e dote per la conquista di nuove garanzie e di condizioni migliori per operare una radicale trasformazione dell’esistente, ci ha portato a ridefinire e a rifocalizzare alcune categorie e alcuni discorsi. La disgregazione della classe operaia come è stata identificata in passato, a seguito del superamento del modello fordista e taylorista e del modello di fabbrica, il progressivo squilibrio e la frammentazione del proletariato come perno per lotte sociali di ampio respiro, per servizi/reddito/ diversa socialità e qualità della vita, hanno prodotto la scomparsa di una diffusa cultura dell’opposizione e dell’antagonismo classico, quindi su dimensioni dell’ambito economico e sociale, dal punto di vista dei modelli relazionali imposti dalla grande fabbrica e dal sistema gerarchico che irreggimenta la forza - lavoro. Questo non significa assolutamente che non esistano più operai, fabbriche o che si sia estinto il capitalismo e lo sfruttamento; significa comprendere le trasformazioni avvenute e quelle in atto, le modificazioni dei luoghi di produzione e delle relazioni sociali, i suoi effetti sul territorio urbano e sulle forme di partecipazione democratica, sugli assetti istituzionali e sulle modalità di intervento delle classi subalterne e dei ceti popolari all’interno di questo rinnovato sistema di potere. Se si accetta che il nuovo modello di fabbrica diffusa, coerente con le fasi di ristrutturazione capitalistica su base mondiale ha ridefinito le relazioni sociali che produce, estendendole a tutta la compagine sociale (in sintesi, quello che si definisce come globalizzazione), la diminuzione degli spazi di libertà e di decisionalità dal basso fino alla totale negazione o superamento delle regole delle libertà civili di stampo liberal - borghese, sono due situazioni che hanno assunto una loro visibilità e una loro rilevanza, è quindi necessario operare un’inversione dialettica e uno sviluppo di modelli ed esperienze che partendo dal basso e dalla verifica concreta della irriducibilità e dell’ineliminabilità del CONFLITTO, sviluppi dei percorsi di effettiva e maggiore partecipazione diretta, di rifiuto della delega e del loro intrecciarsi sulle scelte in ambito istituzionale dei nuovi assetti, relativi al decentramento urbano, delle competenze, responsabilità, poteri e al nuovo ruolo delle municipalità.

Su questo terreno, fermo restando che non esiste un altro modello possibile da poter esportare tout court in ogni situazione, ma un percorso e delle idee di fondo comuni in tutto il pianeta, che hanno necessità di essere adattate alle concrete realtà (politiche, economiche, sociali), diverse le une dalle altre, oltre che dal fattore dinamico e ineliminabile del conflitto, è possibile e fattibile partire per sperimentare e introdurre modelli partecipativi, di autogoverno e di forme di autogestione, per sviluppare proposte e iniziative per una economia non mercantile, ecosostenibile ed ecocompatibile, per un recupero di assetti urbani e di relazioni sociali non mercificate. Insomma, tornare a praticare la logica del pensare globalmente e agire localmente dal punto di vista anticapitalista. Le assemblee sui posti di lavoro, di singolo reparto o sede decentrata, le assemblee plenarie e i gruppi di lavoro, tipica espressione della democrazia diretta e partecipativa delle classi lavoratrici, la rotazione degli incarichi e delle responsabilità, la scelta delle priorità sulle quali investire le energie e le risorse, privilegiando la collettività delle decisioni, la loro condivisione e il rispetto dell’unità nella diversità, sono patrimonio comune da proporre con rinnovato vigore e assumono tutta la loro attualità, all’interno delle iniziative e dei percorsi di intervento sul piano locale e di assetto municipale, senza dimenticare l’esperienza italiana e francese delle Camere del Lavoro Rivoluzionarie e delle Case del Popolo... Le esperienze dei comitati di caseggiato, di quartiere, le forme di assemblearismo popolare, che traggono dall’antica civitas e dall’agorà i loro presupposti storici e di riferimento, sono esperienze di decisionalità dal basso e di autogoverno delle priorità nelle scelte di campo, che possono incidere profondamente in senso positivo, se accompagnati dalla ripresa delliniziativa culturale antagonista ai modelli dominanti, per ridurre i fattori di danno prodotti dalla mercificazione della cultura e dal prevalere della logica del dominio e dell’autoritarismo del potere. E la riconquista della politica nel suo senso più genuino, del fare e del condividere insieme rispetto al dover - fare e dal dover - obbedire, tipici di ogni assetto autoritario, per quanto democratico possa essere concesso all’interno di assetti istituzionali liberal/capitalistici.

L’ALTERNATIVA NON AUTORITARIA E NON CONCESSA del MUNICIPALISMO Questi spunti di riflessione ci hanno portato a porre una scelta di campo, uno spartiacque imprescindibile; la scelta è una maggiore democrazia partecipativa concessa dall’alto, anche per effetto di esponenti istituzionali più illuminati su scala locale o anche nazionale, all’interno di un rispetto della compatibilità oggi ancor più dominante (quindi sotto il primato della politica del potere economico e finanziario e del controllo dei flussi di informazione, della formazione e della cultura in genere), che al massimo possono mettere una pezza qua e una là al disastro ambientale, alla distruzione di rapporti di solidarietà e di socialità non mercificata, allo sfruttamento bestiale su scala planetaria della forza - lavoro, spacciando questa pratica come il minore dei mali possibile e l’unica alternativa di governo della parte insana della globalizzazione capitalistica. Oppure agire e sviluppare la dinamica del conflitto sul territorio urbano, sulla città, sulle modalità concrete di decisionalità dal basso nelle scelte di destinazione delle risorse (produttive, finanziarie, sociali culturali...) esistenti e sul recupero della dialettica, questa pure conflittuale, finalizzata allo sviluppo di forme di autogoverno (da verificare e implementare progressivamente)e di consenso verso un modello di relazioni economiche e produttive che sostituiscano nei settori indicati come prioritari e utili collettivamente, la produzione e lo scambio per la ripartizione e la socialità, rispetto al profitto e all’accumulazione, la valorizzazione e il recupero delle risorse ambientali senza uso di sostanze inquinanti. Su queste sfide e su queste scelte di campo, si misura il reale stato e grado di verifica delle forme di autogoverno, della compatibilità con i modelli non mercantilistici e non inquinanti, l’apprezzamento e la condivisione di settori crescenti di cittadini/e e di segmenti ricomposti delle classi lavoratrici, di esperienze concrete da coordinare e da federare, eliminando il carattere autoritativo delle decisioni e del potere e l’affermazione di un reale cambiamento nel segno della libertà e della solidarietà. Questo percorso e questa sfida sono il terreno sul quale siamo impegnati a misurarci e a confrontarci... e dal quale partiamo anche per le nostre iniziative politico sindacali, come quella organizzata in occasione del Consiglio Comunale straordinario sul lavoro a Roma, da noi richiesto con varie mobilitazioni, che si è svolto il 6 maggio (data la sua importanza, possiamo inviare documentazione anche delle delibere approvate contro il lavoro precario e contro l’esternalizzazione dei servizi).

 

USI AIT LAZIO - Unione Sindacale Italiana - ROMA WORK FORUM

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