Scuola:

L'ACCORDO SCELLERATO

di Saverio Craparo

 

Gli insegnanti avranno nel mese di aprile una busta paga pesante (ovviamente tutto è relativo e non è il caso di montarsi la testa), proprio poco prima della tornata elettorale e si dice che questa è la categoria che più massicciamente votò per l'Ulivo nel 1996. Un contratto così ricco (si fa per dire) non si vedeva dal mitico 1988. Ma molte sono le punte avvelenate che esso nasconde. Vediamole.

1. Le risorse. - Nonostante che l'aumento reale in busta paga sia al netto inusuale per i docenti (circa £ 160.000 medie al mese), pochi di questi denari sono freschi. Una parte è frutto del recupero dell'inflazione programmata, una parte derivano dagli stanziamenti già previsti per l'art.29 del CCNL del 1998-2001 (il famigerato concorsone respinto con forza dalla categoria) e solo 850 miliardi sono di nuovo ingresso (pari a circa £ 50.000 medie nette al mese). E' da precisare, però, che già a settembre il Ministro aveva messo a disposizione i ¾ della cifra e che per ottenere il restante (nemmeno £ 15.000) sono stati programmati e svolti due scioperi nazionali che sono costati nel loro complesso ai lavoratori quanto poi si ritroveranno in aggiunta per l'intero 1001. C siamo pagati i nostri aumenti.

2. Gli ATA. - Il personale Tecnico, Amministrativo e Ausiliario (i vecchi non-docenti) è stato anch'esso chiamato allo sciopero e ha risposto massicciamente. A questo impegno non è corrisposto alcun mutamento retributivo che esulasse dal recupero dell'inflazione programmata. E' vero che la vertenza era centrata sul riconoscimento salariale per la docenza, ma sarebbe stato più coretto non far scendere in sciopero gli ATA perché contribuissero ad una vertenza che non li riguardava. Anche loro hanno contribuito, con il sacrificio del loro stipendio a finanziare gli aumenti dei docenti. Questi ultimi, però, non sono veri incrementi stipendiali, ma si collocano sull'accessorio, e non figureranno quindi nella tredicesima, nel computo della buonuscita e nel calcolo della pensione.

3. La CGIL. - Uscita vittoriosa dalla elezione delle RSU (circa 27% dei suffragi, primo sindacato per rappresentatività nella scuola, per la prima volta al di sopra della CISL), la CGIL-Scuola ha imposto le proprie linee nella trattativa con l'ARAN. Fatto curioso ogni proposta della CGIL trovava riscontro in un'analoga direttiva del Governo all'ARAN oppure nella linea di conduzione dell'ARAN. Sintonia? Rispondenza dell'Esecutivo e dell'agenzia di contrattazione ai dettami del sindacato? Suggerimenti di Governo e ARAN al sindacato affinché anticipasse quanto già bolliva nel loro cervello? Tutto ciò è misterioso quanto il fatto se sia nato prima l'uovo o la mitica gallina. Sta di fatto che al tavolo della trattativa da una parte si collocava l'ARAN e la CGIL, dall'altra gli altri soggetti sindacali, se si fa eccezione per la linea intermedia seguita dalla UIL.

4. Le fasce - Sono la novità apparentemente estemporanea di questo accordo. Fino a due mesi fa nessuno ne aveva sentito parlare: proposte a metà gennaio dal Segretario Generale della CGIL-Scuola Enrico Panini, dopo neppure un mese erano un fatto compiuto. Le motivazioni ufficiali sono presto dette: riallargare la forbice tra livello iniziale e fine carriera, anticipando quest'ultima, per allinearsi alla media europea; non dare un aumento eguale per tutti per non appiattire ulteriormente; anticipare ora un riaggiustamento delle carriere da effettuare con il prossimo contratto. Qui sta il punto. L'accordo riguardava un biennio puramente economico e non doveva prevedere sistemazioni normative (invece, tra l'altro, sono stati ritoccati alcuni profili professionali del personale ATA). Intervenire prefigurando future soluzioni, senza averne discusso con i lavoratori, senza aver predisposto una piattaforma di cui si potessero valutare luci ed ombre, senza esplicitare chiaramente i fini che ci si propongono ha costituito una lesione mortale per la residua credibilità della democrazia sindacale. E questo proprio nel momento in cui si dice di voler esaltare il ruolo delle RSU come strumenti di verifica costante della volontà dei lavoratori. E' particolarmente inquietante poi, e non lascia certo presagire molto bene, il fatto che questa operazione delle tre fasce di attribuzione degli aumenti per i docenti (da 0 a 14 anni, da15 a 27 anni ed oltre i 28 anni), diverse da quelle su cui è attualmente scaglionata la progressione economica della categoria, sia stata inventata e messa in atto in pochissimo tempo e meno di sei mesi dall'apertura della trattativa per il rinnovo contrattuale del quadriennio 2002-2005. Perché tanta precipitazione quando il tema poteva essere affrontato ponderatamente ed all'interno di un progetto globale nella nuova piattaforma contrattuale che dovrebbe vedere la luce subito prima o subito dopo l'estate? Che cosa si voleva nascondere? 

5. L'incentivo - Punto irremovibile della trattativa da parte della CGIL era il fatto che almeno una parte dei 1260 miliardi di lire previsti per il concorsone non venissero distribuiti a tutti i docenti. Ma almeno in parte fossero destinasti alla qualità. Quest'ultima è parola indefinita ed ogni volta che si è provato a farlo sono stati dolori. Ma il lupo perde il pelo, ma non lo sfizio e la CGIL, ringalluzzita dai successi elettorali imprevisti, ha deciso di perseguire una linea che è foriera di disastri difficilmente reversibili. Tramontata la valutazione prevista nel contratto e che tante amarezze ha apportato in casa Confederale, si è rispolverato il Fondo dell'Istituzione Scolastica quale indicatore di qualità, senza una valutazione delle sue ricadute sul servizio formativo (possibile con circa venti anni di esperienza), senza considerare le forme concrete di gestione che esso ha avuto nelle singole scuole e i dissidi che esso ha generato tra il personale, in spregio del fatto che esso è sovente divenuto strumento di clientela per il Preside, ecc., ecc. La scelta, al di là delle ciance sulla qualità suddette, risponde all'esigenza di dare carne alla contrattazione scolastica, vitalizzando le RSU. E' così che 300 miliardi sono andati a raddoppiare i fondi delle scuole (la CGIL ne richiedeva 500 e la direttiva del Governo e dell'ARAN per la trattativa una quantità variabile tra i 200 e 400) ed espressamente dedicati alla contrattazione di istituto. Qui il passo falso è di enorme proporzione e non è facile da capire per i non addetti al settore. E' infatti normale, in tutti gli altri settori che l'incentivazione sia sottoposta alla trattativa e quindi nella disponibilità delle RSU. La scuola è diversa. Vediamo come era gestita fino ad ora la faccenda e vediamo quindi perché la svolta sia inaccettabile. Il primo passo consiste nella individuazione dei criteri generali per il Piano dell'Offerta Formativa (POF) da parte del Consiglio di Circolo o di Istituto (organo di gestione della scuola in cui sono rappresentate selettivamente tutte le componenti della scuola -docenti, ATA, genitori, alunni nelle superiori ed il Preside). Successivamente il Collegio dei Docenti (l'organo professionale) sulla scorta di detti criteri elabora il POF, individuando i progetti che vi concorrono, le funzioni aggiuntive necessarie alla sua realizzazione, le quantità delle prestazioni indispensabili alla loro realizzazione e le persone responsabili della loro attuazione. Infine il Consiglio di Circolo o d'Istituto riceveva il POF, ne verificava la congruità con i criteri da esso stabiliti e le compatibilità economiche e lo adottava in via definitiva. Il personale ATA coinvolto nelle necessità dello svolgimento delle attività programmate nel POF fino allo scorso anno scolastico disponeva di una propria assemblea che deliberava la ripartizione della parte del Fondo ad esso destinata dal Consiglio al proprio interno, individuando mansioni e retribuzione. Col nuovo accordo i criteri di divisione del Fondo sono oggetto di trattativa tra Dirigente Scolastico ed RSU ("criteri generali per l'impiego delle risorse, ivi comprese quelle…del Fondo in relazione alle diverse professionalità, ai vari ordini e gradi di scuola eventualmente presenti nella stessa istituzione scolastica ed alle tipologie di attività"; art 3, comma 2, lettera a) dell'accordo). Qui sorgono i problemi e gli ossimori.

  1. In assenza di una nuova regolamentazione dei poteri interni all'istituzione scolastica (la riforma degli Organi Collegiali è fortunatamente perita con la legislatura), cosa succederà se i criteri del Consiglio saranno in contrasto con quelli emersi dalla trattativa? Quale criterio prevarrà?
  2. Nel Consiglio di Circolo o di Istituto sono presenti otto docenti e due rappresentanti del personale ATA contro i soli tre membri delle RSU. Chi è più rappresentativo del volere del personale della scuola? Le RSU si inseriscono non in un ufficio qualsiasi ma in un luogo dove già esistevano organi collegiali assembleari o rappresentativi dotati di poteri molto più ampi di quelli previsti dalla trattativa.
  3. Nel Consiglio di Circolo o di Istituto sono presenti componenti (genitori ed alunni) che in questo modo vengono esclusi dalle decisioni. Chi è più corporativo, chi difende l'assetto attuale o chi difende il nuovo?
  4. La divisione del Fondo non rispondeva ad esigenze di puro allargamento di un servizio (come in ogni altro settore pubblico) ma a scopi prioritariamente didattici.: il progetto didattico precede logicamente e temporalmente la divisione del Fondo. Le RSU sono abilitate (anche se composte da tre rappresentanti del personale ATA?) a trattare una materia squisitamente didattica volta a fino formativi? Perché s espropria di questa prerogativa essenziale l'organo professionale dei docenti? Il sindacato mostra di avere una concezione impiegatizia del lavoro di formazione e di credere che si possa progettare la didattica dopo ce le scelte a monte siano state fatte al di fuori di scelte legate alle finalità dell'insegnamento.
  5. Il dirigente scolastico è un membro tra 19 del Consiglio di Circolo o di Istituto ed il Presidente del Collegio dei Docenti. Ovviamente il suo potere travalica quello numerico per la conoscenza giornaliera che ha dei meccanismi di gestione che invece sfuggono ai docenti ed a maggior ragione a genitori ed alunni, per la forza che il comando si trascina dietro inevitabilmente e non infrequentemente per la possibilità di rallentare e non attuare scelte sgradite, anche se le disposizioni non glielo consentirebbero. Nella trattativa con le RSU è una delle due parti, con gli stessi vantaggi sopra esposti, ma con in più un minor numero di antagonisti ed un peso pari al 50%, anche da solo. Il suo potere si è enormemente accresciuto e si può sostenere che i nuovi fondi sono stati in realtà attribuiti a lui e non alle RSU, con i pericoli di gestione clientelare della scuola che questa prospettiva apre inevitabilmente.

Saverio Craparo (FdCA - Firenze)