FERROVIE DELLO STATO:

L'ULTIMO CHE SE NE VA SPENGA LA LUCE

di Fabrizio Acanfora

 

1. IL CONTESTO GENERALE

Negli ultimi dieci anni le rendite ed i profitti in Italia, sono cresciuti a dismisura mentre i salari hanno costantemente continuato a scendere; il costo del lavoro è tra i più bassi d'Europa (penultimo) mentre la sicurezza sul lavoro pone il nostro paese all'ultimo posto della graduatoria europea; il fatturato delle industrie cresce del 15%, aumenta il lavoro flessibile e gli imprenditori ed il Governo, con la collaborazione di CGIL, CISL, UIL -fatta eccezione per alcune strutture della FIOM- vorrebbero ulteriormente estenderlo. Secondo un'indagine ISTAT ad aprile 2000 il lavoro flessibile raggiunge i 2.800.000 lavoratori, mentre il 57% dei contratti di lavoro riguarda ormai forme di lavoro atipico e l'inflazione -3% a gennaio- ha superato di gran lunga i tassi programmati. Questo è, a grandi linee, il teatro in cui viene portato l'attacco ai lavoratori delle poste, delle telecomunicazioni, dell'energia, dell'industria ed è anche il contesto generale in cui viene giocata la partita del rinnovo contrattuale dei ferrovieri.

Questo è lo scenario che fa da sfondo alla situazione specifica in cui si trovano la categoria e le ferrovie stesse, intese come servizio pubblico. Una situazione che si delineerà con sempre maggiore chiarezza nei prossimi anni.

 

2. LA LIBERALIZZAZIONE DEL TRASPORTO FERROVIARIO

Divisionalizzazioni e societarizzazioni: le direttive europee

Coerentemente con il nuovo indirizzo europeo nella gestione delle public utilities -che prevede per tutti i servizi pubblici la separazione delle logiche e dei criteri gestionali tra rete e servizi- il 29 luglio 1991 il Parlamento di Bruxelles emana la Direttiva del Consiglio 91/440CEE che introduce i primi elementi di divisionalizzazione all'interno delle aziende ferroviarie dei singoli stati dell'Unione; la Direttiva 440 opera una distinzione, all'interno delle singole imprese pubbliche, tra esercizio dei servizi di trasporto e infrastruttura -ponendo la condizione che queste due attività abbiano contabilità distinte che possano essere gestite separatamente- ma conferisce ai singoli stati la responsabilità generale del mantenimento, della sicurezza e dello sviluppo dell'infrastruttura. Nel 1995 la Direttiva 440 viene perfezionata dalle Direttive 95/18/CE e 95/19/CE, rispettivamente sul rilascio della licenza alle imprese ferroviarie e sulla ripartizione della capacità infrastrutturale. E' evidente che non è più sufficiente la sola separazione contabile ma che si vuole andare verso la totale liberalizzazione del trasporto ferroviario, disarticolando le imprese pubbliche di trasporto esistenti e favorendo l'immissione sul mercato di soggetti privati. La divisionalizzazione infatti solo un passaggio intermedio del percorso di societarizzazione, cioè di separazione istituzionale e non più solo contabile tra gestore dell'infrastruttura ed imprese di trasporto ferroviario (esercizio dei servizi di trasporto).

La rete ferroviaria europea, al termine di questo percorso, diverrebbe simile ad una rete di autostrade; le imprese di trasporto, per accedere con propri mezzi e proprio personale alla rete, pagherebbero un pedaggio alle società di infrastruttura, le quali si limiterebbero a vendere le "tracce" (numeri ed orari dei treni) ed a garantire la manutenzione del sistema. Un percorso che riguarda inizialmente solo il settore del trasporto merci ma che, rapidamente, è destinato a diramarsi verso il trasporto viaggiatori.

Diverso è l'atteggiamento dei paesi europei di fronte a questo scenario. Si va dalla Gran Bretagna, che ha letteralmente smantellato le British Railways parcellizzandole in oltre cento società private (ed i risultati, sotto il profilo della sicurezza e della regolarità del servizio, sono sotto gli occhi di tutti) alla Francia che, pur costituendo un nuovo soggetto -Reseau Ferré de France, RFT- proprietario dell'infrastruttura, non abdica all'unicità della sua storica azienda ferroviaria, la SNCF.

In Italia

Nel corso della sua storia, la rete ferroviaria italiana cambia più volte gestione, in una sorta di balletto pubblico-privato interrotto nel lontano 1905, quando -constatata l'impraticabilità delle opzioni privata e mista a più riprese tentate- vengono revocate le ultime concessioni e viene costituita l'Azienda Autonoma Ferrovie dello Stato.

Da allora sino agli inizi degli anni novanta le Ferrovie dello Stato hanno sempre garantito la mobilità di persone e merci a costi contenuti, nella massima sicurezza e con una discreta regolarità del servizio. La loro trasformazione in Ente e successivamente in SpA segna la fine di un'epoca di certezze per tutti, ferrovieri e cittadini, ed apre lo scenario inquietante della liberalizzazione del trasporto su rotaia nel nostro paese.

Le Direttive europee, in Italia, sono recepite dai governi di centro-sinistra. E' infatti la "Direttiva Prodi", nel 1997, a consentire la divisionalizzazione dell'azienda, mentre la "Direttiva D'Alema", nel 1999, avvia la fase della societarizzazione. Il processo di ristrutturazione, portato avanti con lucida determinazione, ha scadenze e tempi tecnici piuttosto precisi e tiene conto delle possibili resistenze dei lavoratori. Tutto viene fatto con gradualità ma rapidamente e con il pieno e consapevole coinvolgimento delle organizzazioni sindacali concertative. La neocostituita Trenitalia SpA è, di fatto, la prima società per l'esercizio delle attività di trasporto ferroviario in Italia cui ne seguono altre, in particolare nel segmento del trasporto delle merci, in un'ottica di separazione societaria che sembra guardare con decisione al modello britannico. Nel nostro paese si trova anche il modo, approfittando dei decreti Bassanini sul decentramento amministrativo verso Regioni ed enti locali, di inserire -nonostante sia esplicitamente escluso dalle direttive europee- persino il trasporto ferroviario locale nel quadro delle ristrutturazioni a carattere privatistico in atto; entro il 2003, infatti, i servizi di trasporto metropolitano e regionale saranno assegnati in base a meccanismi di gare a cui potranno concorrere soggetti pubblici e privati; ed a Napoli, come vedremo, si è già cominciato.

Naturalmente tutto questo non è privo di conseguenze per chi si serve del servizio pubblico, né per i lavoratori delle ferrovie. Tra gli interventi normativi già adottati e/o previsti per il futuro figurano infatti:

  1. la riforma del sistema di determinazione dei prezzi per i servizi passeggeri in un'ottica di "price-cap" (aumenti tariffari);
  2. interventi sulle normative di lavoro e sul costo del lavoro dei ferrovieri.

 

3. IL RINNOVO CONTRATTUALE

Un anno vissuto pericolosamente

Il 23 novembre 1999 FILT-CGIL, FIT-CISL, UILT, UGL e SMA (Sindacato autonomo macchinisti) firmano con la Società FS ed il Governo un accordo propedeutico al nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.

All'indomani della firma il COMU (Coordinamento Macchinisti Uniti), la FISAFS (Sindacato autonomo ferrovieri) e l'UCS (Unione capi stazione), riuniti nell'Or.S.A. (Organizzazione Sindacati Autonomi) -soggetti che pure avevano, in precedenza, firmato un preaccordo dai contenuti identici- insieme con FLTU-CUB, COBAS e Coordinamento RSU e attivisti sindacali (un organismo di base traversale) dichiarano lo stato di agitazione. Vengono dichiarati scioperi a dicembre '99, gennaio e marzo 2000, tutti riusciti con punte di adesione del 90%. Nelle numerose assemblee indette dal Coordinamento a sostegno degli scioperi, ferrovieri iscritti a tutte le organizzazioni sindacali -anche e soprattutto a quelle firmatarie dell'accordo- denunciano non solo l'accordo ma le condizioni ormai difficili in cui sono costretti già oggi a lavorare, in particolare sul versante della sicurezza. Mentre si cominciano a delineare i punti di una piattaforma costruita direttamente dai lavoratori, una componente politica -Lotta Comunista- presente nel Coordinamento in maniera importante, si stacca per rientrare definitivamente nei ranghi della FILT-CGIL. Siamo alla vigilia dell'Assemblea Nazionale dei quadri e dei delegati FILT-FIT-UILT-SMA che, riunitasi a Chianciano dal 12 al 14 luglio 2000, rivendicherà interamente l'accordo del 23 novembre '99 e su quella base stilerà la piattaforma contrattuale dei ferrovieri. L'OrSA, dal canto suo, risponde con una sua piattaforma che contiene alcune lievi migliorie rispetto a quella degli altri sindacati ma che ne ricalca, nella sostanza, l'impostazione; questa organizzazione sembra poco interessata ad uno sviluppo delle lotte dei lavoratori ed organismi di base che non può direttamente controllare e preferisce muoversi autonomamente nella ricerca di un interlocutore, trovandolo nel ministro Bersani. Il 9 giugno a Roma, al termine della manifestazione nazionale dei ferrovieri contro l'accordo del 23 novembre '99. OrSA, sindacati di base e Coordinamento vengono ricevuti a Villa Patrizi. Vengono date generiche assicurazioni sull'unicità del contratto dei ferrovieri -anzi, del "ferro", come viene ora definito- e sull'introduzione della "clausola sociale". Questo basta all'OrSA per sbandierare un "accordo", che in realtà non esiste .quello che viene firmato, alla fine, è solo un verbale d'incontro- fatto non con la Società FS ma con il Governo. Frena la spinta propulsiva del movimento contro l'accordo del 23 novembre '99, si va verso il rinnovo delle RSU -scadute da ormai tre anni- e Società FS e sindacati concertativi inaugurano la stagione degli "accordi nazionali", attraverso i quali fanno passare -e, talvolta, superano- i contenuti del famigerato accordo, creando una situazione di fatto compiuto. Particolarmente pericoloso l'accordo nazionale firmato il 23 ottobre 2000, che prevede l'assunzione di giovani in apprendistato con contratto di ingresso della durata di quattro anni e retribuzione inferiore al livello di assunzione per lo stesso periodo, ma anche altri accordi, destinati ad avere pesanti ripercussioni sul fronte degli organici e delle societarizzazioni a livello locale, sono decisamente negativi.

S'avanza un pessimo contratto

Che cosa ha determinato questa vasta e forte mobilitazione dei ferrovieri? Quello del 23 novembre '99 -ormai bozza ufficiale di piattaforma contrattuale FILT-FIT-UILT-SMA - può ben considerarsi un accordo epocale perché, per la prima volta, prefigura un contratto nettamente peggiorativo, sotto tutti i punti di vista, per i ferrovieri. Sul piano salariale non solo non vengono rispettati gli accordi del luglio '93 ma l'aumento previsto -170.000 lire medie a regime- è legato esclusivamente all'aumento di produttività; si attua un rimpasto dei livelli -con conseguente nuova scala classificatoria- e si bloccano gli automatismi; le competenze accessorie -il salario di gran parte dei ferrovieri è formato da una consistente parte variabile, legata alle particolari tipologie di lavoro -vengono riviste ed accorpate; si introducono il doppio regime salariale tra vecchi e nuovi assunti e l'istituto dell'Eri (quest'ultimo garantito, tra l'altro, solo per la vigenza contrattuale). Nell'accordo si parla di riduzione del costo del lavoro del 20%, della fuoriuscita di 18.000 ferrovieri dal ciclo produttivo e della trasformazione di quattro giorni di ferie in permessi. Anche sul piano normativo non si registrano proposte migliorative ma arretramenti consistenti. Unico aspetto potenzialmente positivo è l'allargamento del contratto a tutto il settore del ferro, cioè ai lavoratori di tutte le imprese che forniranno un servizio ferroviario in regime di liberalizzazione. Oltre a tutelare chi ha attualmente il contratto migliore e ad impedire, quindi, che i nuovi soggetti imprenditoriali applichino contratti differenti (es.: metalmeccanici) da quello dei ferrovieri, questo potrebbe significare far avanzare i lavoratori svantaggiati (es.: dipendenti di ditte d'appalto) ed in prospettiva prevedere un'internalizzazione di molti lavori attualmente esterni alla Società FS. La "clausola sociale", tanto invocata dall'OrSA e presente, in qualche modo, nella bozza di piattaforma FILT-FIT-UILT-SMA, dovrebbe proprio garantire il contratto più favorevole nell'ambito di quello generale del ferro ma -questa è l'obiezione dei sindacati di base e del Coordinamento- non è sufficiente sia inserita nel contratto, deve essere oggetto di una legge specifica. Per quanto riguarda l'internalizzazione, poi, la tendenza attuale è esattamente l'opposta: esternalizzare quanta più produzione possibile verso imprese più "snelle" che possono beneficiare di un costo del lavoro ancora più basso di quello dei dipendenti FS. Questo è un fenomeno già in atto, visto che Trenitalia SpA ha recentemente assegnato alla ditta Wasteels la scorta cuccette di una coppia di treni Roma - Parigi. Allora, perché questa apparente contraddizione? Perché la prospettiva potrebbe anche essere quella di internalizzare, va bene, ma a condizione che la concorrenza tra le varie imprese possa essere giocata prevalentemente sul costo del lavoro.

Intanto, nell'attesa del rinnovo contrattuale, sono già molti i tasselli piazzati da Società e sindacati concertativi nel mosaico della disarticolazione aziendale. Nel settore merci vengono costituite le società Cargo (al momento 100% FS) e CargoSi, una joint - venture FS/Ferrovie svizzere (fifty-fifty..): CargoSi manifesta interesse solo per l'attività a nord di Bologna e stima in tremila i manovratori eccedenti su tutto il territorio nazionale. Nel settore degli uffici, dopo il passaggio di circa trecento addetti alle pensioni in base alla Finanziaria del '99 -senza nessuna contrattazione sulla volontarietà del trasferimento e con una perdita salariale di 150.000 lire -all'INPDAP, la Società dispone ora il trasferimento coatto di trecentoventi lavoratori da USAT (servizi di ragioneria) ad Infrastruttura ed a Trenitalia SpA. In quest'ultimo caso i lavoratori verrebbero ricollocati quasi certamente in altre mansioni e sulla questione di registrano prese di posizione abbastanza dure -ricorso all'art.28- anche da parte di alcune strutture territoriali di FILT-FIT-UILT, mentre è stato fatto già un primo sciopero.

L'ultima operazione, in ordine di tempo, è il passaggio di circa trecento dipendenti FS e d un centinaio di lavoratori ANM -la metropolitana collinare partenopea- nella nuova società MetroNapoli SpA, nella quale FS detiene il 38% delle azioni ed il rimanente è ad appannaggio di Regione Campania, Provincia e Comune di Napoli. L'accordo che sancisce questo passaggio porta in questo caso la firma di OrSA, RSU interessate, FS, Comune di Napoli, il che dà ora la possibilità a FILT-FIT-UILT di urlare contro il tentativo di fare una "liberalizzazione selvaggia" con l'apoggio di sindacati irresponsabili e di rilanciare la loro linea. A questo riguardo bisogna precisare che FILT-FIT-.UILT avevano firmato, in precedenza, un preaccordo dai contenuti analoghi e che sono state quindi battute sul filo di lana dall'OrSA, che da queste parti non è poca cosa. Un'OrSA che però mette in mostra, in questa come in altre occasioni, tutti i limiti strategici (non era contro la societarizzazione?) e tattici (perché questa fretta di firmare, visto che FILT-FIT-UILT, dopo il preaccordo, tentennavano?) di un cartello sindacale ondivago e sostanzialmente -.anch'esso- concertativo; disponibile a sostituirsi a FILT-FIT-UILT ai tavoli negoziali in un ottica non moto differente dalla loro. L'accordo, siglato il 23 gennaio di quest'anno, prevede il passaggio automatico dei lavoratori alla nuova società ed il mantenimento, fino alla stipula del nuovo contratto MetroNapoli (non contratto nazionale del ferro…e qui hanno ragione FILT-FIT-UILT), delle garanzie previste dal contratto FS vigente.

In sostanza la societarizzazione procede spedita, i ferrovieri a tutt'oggi si ritrovano con un contratto scaduto da oltre un anno ma con due piattaforme sostanzialmente speculari, mentre la Società ed i sindacati concertativi -ma, quando ci sono le condizioni, la Società dimostra di poterli anche "scaricare"- proseguono indisturbati a siglare accordi nazionali e locali ai danni dei lavoratori.

 

4. NUOVE RSU E PROSPETTIVE

Le elezioni per il rinnovo delle RSU in ferrovia, tenutesi dal 7 al 10 novembre 2000, vedono la netta affermazione della FILT-CGIL e la tenuta di FIT-CISL e UILT ma per la prima volta la FLTU-CUB elegge suoi delegati in Liguria, Toscana e Veneto (in 
Campania l'accorpamento con il Sin.Cobas determina l'esclusione della lista dalla competizione elettorale ed una confusa situazione legale in seguito al ricorso), mentre si conferma e si rafforza lo SLAI-Cobas soprattutto in Emilia Romagna e l'OrSA, che nel frattempo ha perso un pezzo -l'UCS- regge solo grazie al COMU; inoltre molti lavoratori combattivi, anche attivisti del Coordinamento riescono a farsi eleggere nelle liste dei sindacati concertativi, in particolare in quelle della FILT-CGIL. Risultati, in sostanza, all'insegna della continuità ma con una significativa novità: i sindacati di base, tra le mille difficoltà imposte da un regolamento che non vede più il 33% assegnato di diritto ai sindacati maggiormente rappresentativi ma che frappone loro altri ostacoli -ad esempio spesso è necessario, alle liste di base, raccogliere il 10% delle firme per la presentazione contro il 5% degli altri sindacati- ottengono, dove si presentano, un buon risultato. In molte RSU, oggi, la presenza di lavoratori combattivi si fa sentire e crescono, di conseguenza, gli episodi di microconflittualità. In molti impianti i ferrovieri si organizzano, poi, in comitati e collettivi informali, pubblicano giornali, resistono, nonostante debbano fare anche i conti con la recente revisione, in senso ulteriormente peggiorativo, della legge antisciopero, la 146/90. Una cosa è certa: se le RSU saranno quello che hanno pensato azienda e sindacati concertativi -parlamentini in cui i delegati portano la linea sindacale- avranno vita breve. Se sapranno divincolarsi dall'abbraccio mortale delle varie Segreterie, che per regolamento siedono con loro ai tavoli delle trattative fungendo da controllo e freno, faranno il loro lavoro di consigli dei delegati, avanguardie coscienti e combattive dei lavoratori.

E' ancora molto forte l'attrazione che il sindacalismo tradizionale e concertativo esercita nei confronti dei ferrovieri. Il sindacato viene visto come quell'organismo che fa i conti per la pensione, che sistema chi si vuole imboscare e chi vuole passare di livello. Oggi, con Eurofer (i fondi pensione per i ferrovieri, gestiti da FILT-FIT-UILT) questo sindacato si avvia a diventare sempre più un centro di servizi, un patronato, un apparato clientelare. Tuttavia le condizioni di vita e di lavoro che peggiorano sempre di più, i salari che diminuiscono, l'incertezza per il futuro, attrarranno sempre più lavoratori nell'orbita dell'auto-organizzazione.

Starà a chi si riconosce in una prassi doi sindacalismo conflittuale essere puntuale all'appuntamento.

Fabrizio Acanfora (FdCA-Genova)