14 novembre 2014
scioperare e manifestare

nei posti di lavoro e nei territori
Per contrastare la distruzione dei nostri diritti
Per ricostruire l'opposizione sociale
Per riprenderci la libertà
di immaginare e di sperimentare
l'alternativa libertaria alla barbarie che avanza

 

Non è la prima volta che succede. Non è la prima volta che il mondo del lavoro sindacalizzato intreccia la sua lotta con le realtà sociali di base che nei territori, da anni, fanno da argine e da rete solidale di conflitto contro la devastazione capitalistica dei luoghi di vita e dell'ambiente.

Ma questo 14 novembre cade nel sesto anno di una crisi che non è più solo finanziaria,solo economica ed occupazionale. Siamo nel sesto anno di una crisi che punta direttamente a minare alla fondamenta la libertà dei lavoratori di organizzarsi e coalizzarsi nei luoghi di lavoro, di scendere in piazza per manifestare la loro opposizione alla distruzione di posti di lavoro e di reddito. Si tratta di un attacco non contingente, ma che punta a definirsi come sistema: un sistema in cui non è prevista alterità rispetto agli interessi del capitalismo, non è prevista organizzazione sindacale che rappresenti interessi autonomi dei lavoratori rispetto alle aziende. Non è prevista la speranza di una società più giusta e più solidale. Nemmeno la mera dignità del lavoratore, condannato invece ad uno stato di precarietà infinita. Nel lavoro e nella vita.

Al tempo stesso nei territori, questa crisi punta alla ghettizzazione delle forme di opposizione sociale, alla loro criminalizzazione ogni volta che si osi mettersi di traverso rispetto alle grandi opere inutili, o rivendicare reddito sociale, diritto alla casa ed alle risorse, o costruire democrazia dal basso contro la decomposizione della democrazia rappresentativa.

E nella crisi che impone la sua autorità come sistema e normalità, diventa banale e normale la repressione, legittima la violenza di Stato, impunibile ogni arbitrio in divisa.

Jobs Act, legge di stabilità, Buona Scuola, non si possono contrastare pensando di contare solo sulla capacità coalizzatrice della FIOM o sulla forza di volontà dell'arcipelago sindacale di base, convergenti per caso o per necessità, nel porsi come argine e come opposizione.

Per fermare la trasformazione dei lavoratori da soggetti di dignità in casuali ed anonimi prestatori d'opera, per evitare che il TFR venga scippato per la seconda volta, che cada il gelo perpetuo sui contratti del Pubblico Impiego, che i pensionati subiscano l'oltraggio dell'impoverimento per legge, per tarpare le ali alla Buona Scuola governativa che renderebbe la scuola italiana la peggiore mai vista negli ultimi 60 anni, occorre che il mondo del lavoro organizzato nelle fabbriche, nei capannoni e negli uffici ed il mondo della precarietà e della conflittualità sociale organizzata nelle città, nei quartieri, nei territori, trovino proprio qui - nel territorio - reciprocamente, le forme di cooperazione e di solidarietà necessarie.

Necessarie forme di convergenza e resistenza, per ricostruire unità di lotta e di sperimentazione anticapitalista, investendo nella capacità di organizzazione dal basso, nella diffusione e sedimentazione della coscienza di essere classe con interessi autonomi e divergenti da quelli del capitalismo e dello Stato.

Per riprenderci il territorio e le sue risorse, per prenderci le fabbriche e le terre, occorre un conflitto sociale diffuso e reticolare, sistematico e costante, in grado di esprimere crescente radicalità dal basso, indirizzata verso la riappropriazione e l'autogestione di risorse comuni, patrimoniali e ambientali, culturali ed economiche, che si proponga come elemento esogeno di rottura democratica e libertaria di netto segno anticapitalista, nei territori e nel paese.

Alternativa Libertaria/FdCA

11 novembre 2014