Giù le mani dalla Val di Susa

Nelle prime ore del 6 dicembre 2005, uomini e donne che presidiavano la propria terra per impedire l'inizio dei lavori collegati all'alta velocità sono stati selvaggiamente caricati e sgombrati a Venaus.

Si tratta di una protesta spontanea e di massa, di una valle che si oppone allo scempio inutile di un'ennesima grande opera, di cui sono noti gli impatti negativi, ignoti i rischi, ma pericolosamente vaghi e indefiniti i benefici per la collettività (a parte i destinatari degli appalti e delle commesse).

La Val di Susa, da sempre valle di passaggio verso la Francia, si oppone ad essere trasformata in un corridoio desertificato da decenni di cantiere, si oppone a vedere le sue montagne sventrate per far passare il raddoppio di una linea ferroviaria già utilizzata solo al 38% e pretende di poter avere voce in capitolo sullo sviluppo del proprio territorio.

Nessuna autorità è stata in grado di rassicurare e convincere i valligiani, nessuna risposta credibile è stata data. Invece, dopo aver provato ad oscurare la protesta, dopo avere provato a screditarla con le provocazioni dei pacchi bomba, si cerca di seppellirla sotto i manganelli e le ruspe.

Venaus, come già Genova, è la prova che qualunque richiesta di democrazia e di partecipazione reale viene soffocata dalla repressione.

È la prova che possiamo essere clienti, o sudditi, ma non è previsto essere cittadini. 

Questa democrazia fittizia, in cui ci viene chiesto ad ogni elezione di scegliere tra due volti sui cartelloni, espressioni dello stesso modello di sviluppo e di sfruttamento, mostra la sua vera faccia di poliziotto del capitale e degli affari. 

Questa devolution che viene fatta passare per federalismo non sa fare altro che nascondersi dietro lo spauracchio dell'Europa per imporre con la forza bruta scelte non condivise.

Solidarietà agli abitanti della Val di Susa, che lottano insieme per riprendere nelle loro mani il loro territorio, le loro vite e il loro futuro.

Non vogliamo grandi opere per pochi ma servizi per tutti, treni decenti e sicuri per i pendolari e i lavoratori e salari adeguati e sicurezza per i ferrovieri, opere che servano allo sviluppo e non a far tagliare nastri di inizio lavori a generazioni di politici. 

E vogliamo democrazia vera, come quella rappresentata oggi in Val di Susa da uomini e donne che sono capaci di interrogarsi su cosa vogliono del loro territorio, che hanno costruito un fronte unitario tra lavoratori, studenti, sindacati, commercianti, agricoltori e insieme sono capaci di opporsi a chi è disposto, letteralmente, a passare sopra i loro corpi pur di realizzare un'opera decisa altrove da qualcuno che non ha mai visto le loro montagne, da qualcuno per cui la TAV non è che una linea su un pezzo di carta o su una lavagna luminosa. 

Perché spendere ancora miliardi di soldi pubblici (pagati da tutti) per un'opera che permetterà di andare da Torino a Parigi in 3 ore invece che in 5 ore come avviene oggi? 

Chi ci guadagna?

NO TAV!

SÌ ALL'AUTOGESTIONE e ALLA RESISTENZA!

Federazione dei Comunisti  Anarchici

7 dicembre 2005