Contro la criminalizzazione delle lotte

 

Il cono d’ombra delle tragiche giornate di Genova ancora si proietta a chiudere dietro le sbarre e privare della libertà persone, donne e uomini, che tra il 20 e 21 luglio 2001 erano a Genova a manifestare insieme ad altri 300.000 la loro opposizione al G8. La repressione dello Stato non si è evidentemente conclusa nelle strade e nelle piazze di Genova, ma continua tuttora utilizzando le accuse di associazione sovversiva e di turbamento dell’ordine pubblico. Scarcerati ieri a Cosenza, imprigionati oggi a Genova, scagionati oggi, perseguiti domani, ma sempre tutti inchiodati a quel luglio 2001 a Genova. Il movimento è così costretto a rincorrere il suo passato recente per difendersi, per ricostruire, per denunciare che la morte di Giuliani non fu legittima difesa ma esecuzione, per contrapporre una volta di più la libertà di organizzarsi e manifestare al clima di segregazione e di sopraffazione dei diritti civili operata  a Napoli come a Genova, come a Cosenza  dagli apparati repressivi dello Stato. Ma la grande  manifestazione di Firenze del 9 novembre, le lotte sociali e sindacali dal sud al nord si pongono come atti di forte autonomia politica, di determinata affermazione di soggettività  che allarga il suo consenso sociale e che solleva questioni politiche in termini di uguaglianza e di libertà. Domande a cui lo stato ed il capitalismo non hanno risposte che non siano quelle di intensificare  sfruttamento e repressione, licenziare lavoratori/trici e ridurre le lotte sociali ad una questione di ordine pubblico. La reazione intimidatoria dello Stato mira dunque a diffondere paura ed insicurezza per smorzare le aspre lotte al sud, punta perciò a seminare il terrore della repressione incombente tra chi protesta contro i tagli della Finanziaria ed i tagli della Fiat, cerca di usare gli “strani” provvedimenti della magistratura come elemento di scambio e di pressione per una riforma giudiziaria bipartisan.

Contro la repressione e la criminalizzazione del movimento occorre difendere  le lotte sociali e sindacali.

Proprio dopo la grande manifestazione di Firenze contro la  guerra ed in "del tutto casuale" coincidenza con lo sciopero generale  dei metalmeccanici; con un occhio alle lotte di Termini Imerese ed un  altro al crescente movimento antibellico ed antimilitarista;  preoccupati per il generale malcontento sociale nel meridione, gli  apparati repressivi dello Stato colpiscono una quarantina di attivisti  delle lotte sociali proprio a sud (a Taranto ormai è diventata una  consuetudine).

L'accusa di associazione sovversiva vuole colpire in  realtà tutto il movimento, intende criminalizzare centinaia di  migliaia di attivist*, è determinata ad intimidire e terrorizzare le  crescenti simpatie che si stanno coagulando intorno alle  manifestazioni di lotta e di rivendicazione sviluppatesi in tutto il  paese.

Il messaggio intimidatorio è chiaro: siete tutti* in libertà  vigilata e tutt*sovversiv*!

Il 31 maggio, 25 case di militanti nei Cobas a Taranto e Milano, e in altre strutture di movimento tarantine, erano  state sottoposte a perquisizioni in seguito a una indagine relativa alla attivita' del movimento degli ultimi due anni. 9 militanti di Taranto sono stati sottoposti a custodia cautelare con l'imputazione facente capo - soprattutto - all'articolo 270 (reati associativi con finalita' sovversive). Tra gli altri capi di imputazione quello riferito all'articolo 342 (il vecchio oltraggio a pubblico ufficiale tratto dallo slogan "carabinieri... polizia... assassini"). I reati imputati sarebbero stati commessi - secondo la Procura - in due differenti manifestazioni svoltesi davanti alla Prefettura di Taranto prima e dopo il G8 di Genova. Sono stati sequestrati - dalle case e dalla sede Cobas - materiali di vario genere: computer, foto, volantini, agende, appunti, vhs.

Il 15 febbraio 2002 la Benemerita (cosidetta)  telefona a scuole ed uffici per sapere quanti e quali lavoratori/trici hanno scioperato con i sindacati di base. Ma quante preoccupazioni… Era solo un programma di rilevamento statistico chiamato “controllo del territorio”!

In occasione degli scioperi generali di quest’anno in Lombardia ed Emilia Romagna il dicastero del welfare chiede i dati sugli scioperanti. Ed era solo un programma di rilevamento statistico chiamato “controllo del territorio”!

Poco prima del 20 luglio, una lavoratrice FILT-CGIL delle Ferrovie di Genova viene accusata dalla Polfer di aver affisso un volantino sulle manifestazioni in luogo normalmente utilizzato dai lavoratori. Era solo 1 campione di rilevamento statistico chiamato “controllo del territorio”! Come i filmati, intercettazioni, perquisizioni operati da controllori del territorio in divisa prima e durante la manifestazioni del 20 a Genova.

La Forza di Tolentino invia suoi rilevatori statistici in borghese in 4 fabbriche campione della provincia di Macerata dove c’erano state punte di scioperanti del 90% negli ultimi scioperi regionali.  Dichiarano i militi che trattasi di un programma di rilevamento statistico chiamato “controllo del territorio” e,  chissà il trattamento dei dati non sarà poi conforme alla L.675/96! Ma il capitano che lo aveva diligentemente APPLICATO è stato “segato”.

Vengono fatti girare falsi volantini griffati B.R. per spaventare sindacalisti, chi si oppone al Libro Bianco di Biagi viene tacciato di terrorismo (dai sindacati di base al segretario della CGIL,…ma non si era fortemente opposta anche la Conferenza Episcopale Italiana?)

Forse che fare attività sindacale sta diventando un po’ rischioso?

Forse che esporsi soprattutto nei luoghi di lavoro in attività sindacale stia diventando roba da “ma chi te lo fa fare?”

Non era poi questo lo scopo reale della modifica all’art.18 dello Statuto dei Lavoratori: rendere licenziabile senza giusta causa chiunque, ma soprattutto chi svolge attività sindacale? E visto che la partita è ancora aperta, perché  non fare un po’ di paura “a campione” magari nelle Marche, mentre lì è in atto una raccolta di firme del coordinamento dei sindacati di base per estendere l’art.18 e 35 dello Statuto dei Lavoratori anche alle aziende con meno di 15 dipendenti?

Contro la criminalizzazione del dissenso, occorre la massima vigilanza e solidarietà.

Sarebbe il caso di ri-esumare il vecchio (?) detto" una risata li seppellirà", ma quando in gioco c'è la vita dei  compagni c'è poco da scherzare, anche quando la repressione (s)cade dal ridicolo al grottesco.

La caccia all'anarchico/a è merce comune, a cui siamo ormai abituati/e, e la frammentazione del movimento aiuta queste derive autoritarie.

Al di là delle parrocchie, al di là dei partiti e delle organizzazioni, l'obiettivo della repressione è ciascuno/a  di noi che non si arrende, con la sua carica di speranza e di rabbia, in un disegno scontato quanto inefficace.