Genova 2001 - 1984

 

 

Nei giorni 19, 20 e 21 luglio 2001 - a pochi mesi dall'11 settembre - si consumò l'atto finale di una guerra che i potenti del pianeta avevano mosso contro quel vasto movimento internazionale che si era opposto alle politiche predatorie degli stati e del capitalismo occidentale.

A Genova, cinque anni fa, andò in scena una vera e propria azione di guerra lucidamente pianificata contro il movimento antiglobalizzazione e contro chiunque osasse esprimere il proprio dissenso verso una parata di capi di governo intenti a spartirsi le risorse di tutto il mondo. Migliaia di persone picchiate, massacrate. Un manifestante, Carlo Giuliani, ammazzato a colpi di pistola. Decine e decine di arresti, e il pestaggio notturno di manifestanti colti nel sonno, e le torture nella caserma di Bolzaneto, e i tentativi dei poliziotti di creare ad arte inesistenti capi di accusa. Poliziotti, carabinieri, guardia di finanza, polizia penitenziaria e creature simili furono i carnefici di un mattatoio a cielo aperto, in una città semideserta, in un clima di terrore indotto nei mesi precedenti da intimidazioni e provocazioni questurine orientate a un innalzamento vertiginoso della tensione.

Genova fu il naturale esito di un escalation di violenza istituzionale che era iniziata a Goteborg, in Svezia, quando per poco non veniva ucciso un manifestante ed era proseguita a Napoli, quando la piazza divenne una trappola fatta di cariche violentissime e botte per tutti. Al governo, in quell'occasione, c'era il Centrosinistra e il ministro dell'interno si chiamava Enzo Bianco.

Non lo abbiamo dimenticato affatto.

Da Genova in poi il movimento contro la globalizzazione neoliberista è stato schiacciato dalla guerra permanente nella quale il mondo è precipitato e dalla quale sembra non trovare vie di uscita. Da Genova in poi si sono realizzate a una a una le terrificanti premonizioni di George Orwell, che nella sua denuncia letteraria dei pericoli del totalitarismo ha di fatto anticipato lo stato attuale del mondo: oggi la guerra è umanitaria, i bombardamenti sono la pace, la libertà è dittatura, la democrazia è repressione. Con questa neolingua che si esprime attraverso il contrario di ciò che le cose sono in realtà, viviamo in una condizione di costante mistificazione, e ogni opinione dissenziente viene rigidamente sanzionata.

Oggi in Italia partecipare a manifestazioni pubbliche è diventato pericolosissimo perché se le guardie caricano e ne nasce un parapiglia, chiunque sia presente rischia di essere arrestato e condannato per devastazione e saccheggio. E magari, ha solo preso botte.

Questa è la realtà da incubo fatta di una guerra scagliata contro di noi, nella precarizzazione delle vite, nell'impoverimento della società, nella devastazione del pianeta sempre più in balia dell'imperialismo e delle lotte per l'egemonia delle classi dominanti: Afghanistan, Iraq, Palestina, Libano, ecc.

Fermare questa corsa verso la distruzione è possibile se saremo capaci di continuare a lottare contro il potere e contro la gestione gerarchica della vita e delle risorse. Si tratta di ricostruire la coscienza di classe e di sperimentare nuove forme di gestione della società e della produzione attraverso pratiche di autorganizzazione e di lotta al di fuori degli angusti recinti della delega e dell'obbedienza.

Fermare la guerra, il militarismo, il capitalismo non è velleitario. È urgente.


Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici - Sezione di Palermo

luglio 2006