L'8 Luglio 1960 a Licata, Catania, Palermo

 

Non si possono ricordare quei giorni tragici di lotta, senza che sorga una domanda... "da cosa prendeva origine quel comune denominatore che associava la Sicilia - Licata, Catania, Palermo - a Genova e Reggio Emilia.

Cosa univa lo spirito di lotta dei lavoratori e di popolo, da Genova a Reggio a Licata a Catania a Palermo, questa domanda ha come premessa e intrinseca risposta che tra Licata, Catania e principalmente Palermo, la Sicilia pagò con tanto sangue come quello di Reggio Emilia (5 morti) e un numero altissimo di feriti, di arrestati e di operai processati e condannati.


Ricostruzione storica

Tratto da uno scritto di Nicola Cipolla del Centro Studi ed Iniziative di Politica Economica in Sicilia

A Licata il 5 luglio si organizza un grande sciopero generale, la situazione della città è insostenibile. La fabbrica della Montecatini, unica industria, è sul piede di mobilitazione, la ferrovia è stato soppressa, le campagne sono in crisi, la disoccupazione cresce e così pure l'emigrazione. Lo sciopero è proclamato da tutti i sindacati, come altre volte, ma questa volta l'atteggiamento dello Stato è diverso e l'intervento della polizia è violento e inusitato. La popolazione reagisce, un giovane Vincenzo Napoli è ucciso, altri dimostranti sono gravemente feriti. Dopo questo fatto la lotta si allarga e la popolazione continua per tutta la giornata a battersi contro la provocazione poliziesca.

A Palermo per il 27 giugno era stato proclamato, da CGIL, CISL e UIL, con la partecipazione di associazioni di commercianti ed artigiani, e perfino con l'adesione chiaramente strumentale della CISNAL, uno sciopero generale di tutte le categorie.

I tentativi da parte della polizia di bloccare lo sciopero e le manifestazioni si svilupparono anche il 27 giugno in combattimenti di strada in cui la "celere" ebbe la peggio perché vide i propri mezzi bloccati dai bidoni della spazzatura messi di traverso mentre la folla reagiva agli attacchi utilizzando il materiale dei cantieri edili delle varie zone. Lo sciopero si concluse in modo vittorioso ed ebbe anche un seguito con fatti significativi di valore politico e sociale. Ai primi di luglio si svolse a Palermo l'Assemblea Regionale dei Quadri della COSIL, Confederazione Siciliana dei Lavoratori di ispirazione cristiano sociale, che decise di confluire nella CGIL come terza corrente (un fatto analogo si era verificato due anni prima per i Quadri della Coldiretti confluiti nell'Alleanza Coltivatori Siciliani).

Lo sciopero generale proclamato dalla sola CGIL su scala nazionale dopo i fatti di Reggio Emilia per l'8 luglio vide perciò confluire nelle piazze di Palermo, di Catania e della Sicilia tutti i lavoratori che avevano animato la giornata di lotta e di sciopero generale del 27 giugno con un elemento nuovo in più, cioè la partecipazione alle manifestazioni del popolo, anche donne e bambini, dei quartieri poveri della città. Per prima volta dalla fine della guerra il sottoproletariato urbano di Palermo e di Catania partecipava ad una manifestazione di lavoratori promossa dalla sinistra sindacale e politica.

Ma l'8 luglio gli ordini del governo centrale erano ancora più rigidi e provocatori del 27 giugno. Gli interventi furono più feroci e mirati. Come a Reggio Emilia si sparò ad altezza d'uomo e le violenze e le provocazioni furono continue e pressanti nel corso di tutto lo sciopero. A Catania dopo le cariche della polizia di fronte alla disperata difesa organizzata dai lavoratori e dal popolo contro gli assalti fu brutalmente assassinato Salvatore Novembre giovane lavoratore, feriti e percossi decine di manifestanti.

A Palermo accanto a Francesco Vella e Andrea Gangitano fu ferito a morte anche Giuseppe Malleo di sedici anni. I feriti sono centinaia, la gran parte dei quali non richiede neanche il pronto soccorso dell'ospedale perché anche lì carabinieri e "celerini" imperversano picchiando e arrestando i feriti. I fermati vengono selvaggiamente malmenati nei locali degli uffici di polizia. Così le cosiddette forze dell'ordine ubbidiscono agli orientamenti ed agli incitamenti del governo Tambroni.

Il contegno e la combattività dei lavoratori e del popolo palermitano furono eccezionali, più volte cacciati dal centro storico dalle cariche della polizia e più volte ritornarono. Certo ci furono elementi di provocazione da parte di gruppi organizzati nei quartieri in collegamento con gli organi di pubblica sicurezza secondo vecchie tradizioni dello Stato sabaudo e fascista mantenuto in piedi sotto i ministri dell'interno democristiani. Ci furono anche per la partecipazione di strati popolari, non abituati alla lotta di massa sindacale e democratica, momenti di ingenuità e di spontaneità che noi dirigenti politici e sindacali non riuscimmo ad orientare completamente.

Resta però ferma la responsabilità delle provocazioni e delle aggressioni poliziesche e il grande valore democratico di questa manifestazione e il contributo dato dalla Sicilia alla sconfitta del governo Tambroni. Per la prima volta nella storia recente del nostro paese contemporaneamente si schieravano in lotta i grandi e decisivi centri della classe operaia e della sinistra del nord e del centro dell'Italia e l'estrema periferia del sud: la Sicilia.

Di lì a pochi giorni Tambroni si sarebbe dimesso.

Nicola Cipolla

2000