PERCHÉ UNA FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

 

L'anarchismo si viene definendo come comunismo antiautoritario nel periodo della I Internazionale, durante il quale Bakunin e la maggioranza delle sezioni aderenti all'organizzazione gettano le basi della teoria comunista anarchica che si caratterizza per il dualismo organizzativo - ruolo delle masse come unici soggetti rivoluzionari, ruolo delle minoranze coscienti come "timonieri invisibili" inseriti nell'organizzazione di massa. Nella visione bakuninista l'Associazione Internazionale dei Lavoratori è l'organizzazione di massa e l'Alleanza della democrazia socialista è l'organizzazione delle "minoranze coscienti". Ancora per Bakunin l'anarchia è vista come utopica gestione della società comunista egualitaria e libertaria da raggiungere.

Così descriveva Cafiero il carattere spiccatamente comunista dell'anarchismo:

"non è tutto affermare che il comunismo è una cosa possibile; possiamo affermare che è necessario. Non solo si può essere comunisti; bisogna esserlo, a rischio di fallire lo scopo della rivoluzione (...) una volta ci dicevamo 'collettivisti' per distinguerci dagli individualisti e dai comunisti autoritari, ma in fondo eravamo semplicemente comunisti antiauautoritari, e, dicendoci 'collettivisti' pensavamo di esprimere in questo modo la nostra idea che tutto dev'essere messo in comune, senza fare differenze tra gli strumenti e i materiali di lavoro e i prodotti del lavoro collettivo (...) Non si può essere anarchici senza essere comunisti (...) Dobbiamo essere comunisti, perché nel comunismo realizzeremo la vera uguaglianza. Dobbiamo essere comunisti perché il popolo, che non afferra i sofismi collettivisti, capisce perfettamente il comunismo. (...) Dobbiamo essere comunisti, perché siamo anarchici, perché l'anarchia e i1 comunismo sono i due termini necessari della rivoluzione " (1).

Se l'anarchismo nasce decisamente comunista, è pur vero che le persecuzioni messe in atto contro la I Internazionale da parte dei governi dell'epoca portano a delle deviazioni rispetto alla teoria bakuninista, deviazioni che lasceranno il segno nella storia del movimento anarchico, soprattutto italiano.

Accanto alla "propaganda col fatto" che fu un tentativo di spingere le masse all'insurrezione, - di fatto sostituendosi ad esse - si fa' strada e trae alimento da questa, la corrente antiorganizzatrice che ha le sue basi nella teorizzazione di Kropotkin. Nella teoria kropotkiniana - anarcocomunista -, infatti, il fine dell'azione rivoluzionaria è sempre la società in cui "ognuno dà secondo le sue capacità, ognuno riceve secondo i suoi bisogni", cioè il comunismo. Ma questo comunismo è visto come uno stato armonico naturale a cui l'umanità tenderebbe inevitabilmente sotto due spinte parallele: la natura intrinsecamente solidale dell'uomo, la concezione dell'originaria bontà dell'animo umano porta a privilegiare qualsiasi forma di spontaneità. Il progresso scientifico poi, che sotto il dominio capitalistico è volto ad allontanare l'uomo dalla natura, una volta liberato dal dominio del capitale, avrebbe dovuto essere potente fattore per la formazione di un uomo nuovo, cosciente ed in armonia con la natura.

Secondo la concezione kropotkiniana, essendo il comunismo lo sbocco inevitabile della storia umana, se ad esso si arriva spontaneamente sotto la spinta di fattori ineluttabili, quali l'indole stessa degli uomini e le leggi che governano la natura, non occorre disporre di una strategia politica. Anzi, per Kropotkin ed i suoi epigoni, è da rifiutare qualsiasi forma di organizzazione sia politica che sindacale, in quanto entrambe sono forme di canalizzazione della spontaneità, intrinsecamente buona e tendente automaticamente al comunismo.

L'organizzazione per gli anarcocomunisti kropotkiniani è "una cosa borghese" che comprimendo la spontaneità allontana dallo sbocco finale dell'evoluzione e impedisce il dispiegarsi della bontà della natura umana e della sua tendenza ad una positiva autorganizzazione. Poiché quello che conta è la purezza della dottrina nella sua visione armonica del mondo, e cioè il fine da raggiungere visto come buono per l'uomo, la lotta di classe è al più uno strumento per il raggiungimento dello scopo finale. L'anarcocomunismo si allontana in questo modo dal filone storico del comunismo anarchico inteso come teoria dell'emancipazione delle classi subalterne e quindi legato indissolubilmente alla lotta di classe, per divenire una teoria valida per tutti gli uomini. Ciò porta al rifiuto della lotta di classe, vista come limitativa di una teoria valida per sempre, che fa leva solo sull'aspirazione eterna di ogni essere umano alla propria libertà; si pone l'accento solo sul rapporto di "potere" e non sul rapporto di sfruttamento. D'altra parte chi individua nella lotta di classe solo uno strumento utile all'emancipazione dell'umanità, rimane deluso dalla lentezza e discontinuità con cui il movimento operaio risponde al richiamo della giustizia sociale, per il suo bisogno costante di ottenere giorno per giorno condizioni di vita migliori all'interno di questa società. Nasce così negli anarcocomunisti di questa tendenza una profonda sfiducia nelle masse, inevitabilmente riformiste, affette da economicismo ed incapaci di prospettive più ampie. Da queste premesse discendono due comportamenti politici, che spesso si confondono e convivono, ma comunque rappresentano una degenerazione dai principi del comunismo anarchico.

Nel primo caso l'unico risultato è quello di una propaganda ideologica indiscriminata, volta a conquistare nuovi adepti alla teoria: una sorta di educazionismo in cui si aspetta che gli altri capiscano l'intrinseca bellezza dell'ideale.

Nel secondo caso l'azione dei rivoluzionari si sostituisce a quella delle masse, nella convinzione, da una parte che l'atto eroico farà da scintilla all'insurrezione spontanea, dall'altra che qualsiasi azione, pur se priva di inquadramento strategico, in quanto coerente con i fini e con la coscienza del rivoluzionario, sia una tappa verso il comunismo armonico. Se la rivoluzione deve essere armata e distruggere lo Stato, inteso come centro di oppressione, occorre che i rivoluzionari, per adeguare i mezzi ai fini, subito, fin dall'oggi, pratichino in concreto la lotta armata contro lo Stato.

Ecco così che questa componente dell'anarchismo è storicamente disponibile a pratiche avventuristiche che non escludono a priori il terrorismo e a legarsi con i propagandisti dell'azione individuale. Costoro, infatti, non devono rispondere a nessun tipo di organizzazione di massa, non hanno da inserire - come devono fare i comunisti anarchici - la loro azione all'interno di un processo di crescita politica della classe operaia e dei suoi alleati volto alla riappropriazione della capacità di autogestione delle lotte e della società. Di fatto per gli anarcocomunisti basterebbe rompere i legami del potere perché spontaneamente si sviluppi questa capacità, perché essa sarebbe un dato intrinseco della natura umana e non frutto di una faticosa e lenta maturazione. Gli anarcocomunisti non hanno in definitiva che da rispondere alla propria coscienza.

Partendo da queste premesse gli anarcocomunisti si fanno carico, in quanto rivoluzionari coscienti, di spezzare le catene dell'umanità, senza curarsi del processo di riappropriazione della conoscenza del processo produttivo da parte del proletariato, nella convinzione che la caduta dello Stato provocherà, senza nessuna preparazione precedente, l'avviarsi spontaneo dell'umanità liberata sulla via del comunismo.

Se l'anarchismo dunque cadde alla fine del secolo scorso in un periodo di pratiche terroristiche, di isolamento, in molte nazioni esso ritroverà una base di massa attraverso l'anarcosindacalismo, l'azione cioè nelle organizzazioni operaie che lentamente riporterà l'anarchismo alle sue basi comuniste. Non è un caso che accanto a forti organizzazioni anarcosindacaliste ( l'UGT in Francia, la FORA in Argentina, la CNT in Spagna, l'USI in Italia per citare le più conosciute), nei primi venti anni del nuovo secolo si affiancano organizzazioni decisamente comuniste anarchiche (come la Federation Communiste Revolutionnaire in Francia, la Federación Anarquista Iberica in Spagna e la Unione dei Comunisti Anarchici d'Italia, poi UAI).

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Definita la linea di demarcazione che ci separa dall'anarcocomunismo è opportuno mettere in evidenza gli elementi distintivi del comunismo anarchico che si sono mantenuti immutati fino ad oggi e che costituiscono la discriminante rispetto alle altre tendenze dell'anarchismo.

Il comunismo anarchico nasce come risposta politica alla deviazione antiorganizzatrice dell'anarchismo. Il comunismo anarchico, riprendendo la teoria bakuninista, ha chiara la distinzione fra movimento politico di classe - la minoranza rivoluzionaria - e movimento economico di classe - organizzazione di massa. La prima organizza tutti i militanti dell'organizzazione di massa che si identificano nella medesima teoria, una stessa strategia politica ed un'articolata tattica omogenea. Compito di questa organizzazione è da una parte di essere depositaria della memoria di classe, e dall'altra di elaborare una strategia comune che permetta il collegamento fra le varie situazioni di lotta all'interno della classe, e che sia di stimolo e di guida. Riprendendo Bakunin che si rivolge "Ai compagni d'Italia" (2) noi oggi diciamo: "... voi isolati, operando ciascuno di propria testa, sarete certamente impotenti; uniti, organizzando le vostre forze, per quanto esse siano scarse in sul principio, in una sola azione collettiva, ispirata al medesimo pensiero, dal medesimo scopo, dalla medesima posizione, voi sarete invincibili".

L'organizzazione di massa è invece l'organizzazione che il proletariato si dà per la difesa dei suoi interessi; un'organizzazione quindi eterogenea, che ha come fine l'emancipazione della classe attraverso l'azione diretta, l'autogestione e che pratica questi metodi costantemente. Lo scopo dell'azione di massa realmente autonoma è l'espropriazione del capitale da parte dei lavoratori associati, la restituzione cioè ai produttori e per essi alle loro associazioni, di tutto ciò che ha prodotto il lavoro della classe operaia attraverso i secoli. Lo scopo immediato è di sviluppare sempre di più lo spirito di solidarietà fra gli operai e di resistenza contro gli oppressori, tenere esercitato il proletariato con la lotta continua nelle sue forme più diverse, conquistare oggi stesso tutto ciò che è possibile, strappare al capitalismo in libertà e benessere più che si può, per quanto poco esso sia. Per i comunisti anarchici l'organizzazione è dunque necessaria per le lotte nella società capitalista e contro di essa quale garanzia di uno sbocco rivoluzionario.

E' evidente, dalla stessa definizione che il comunismo anarchico da del ruolo dell'organizzazione politica e dell'organizzazione di massa, che la funzione dell'organizzazione comunista anarchica è ben distante da quella leninista, in quanto l'organizzazione politica non è riconosciuta da nessuna istanza sancita all'interno dell'organizzazione di massa, non è e non deve essere una "dirigenza" riconosciuta ed istituzionalizzata che come tale deve imporre delle soluzioni e pretendere leninisticamente di rappresentare i " reali" interessi di classe; ma è solo un luogo di confronto e di elaborazione dei compagni politicamente omogenei che preparano e finalizzano l'intervento politico e le proposte alla loro analisi e alla loro ideologia, senza pretendere che essa venga accettata in virtù del confronto all'interno dell'organizzazione di massa. Anzi dal confronto dialettico all'interno dell'organizzazione di massa essi traggono indicazioni e effettuano una necessaria verifica delle loro analisi e della strategia politica dell'organizzazione.

Un'ideologia, quella comunista anarchica, quindi, che assegna un ruolo ben preciso di "motore" del processo rivoluzionario all'organizzazione politica e conferisce il ruolo di agente rivoluzionario per intero alle masse. In questa concezione del ruolo dell'organizzazione si delinea la differenza prioritaria con i marxisti, da un lato, ma anche con tutte con tutte le deviazioni del comunismo anarchico.

Il Consiglio dei Delegati della Federazione dei Comunisti Anarchici


1) CAFIERO, C., Anarchia e comunismo. Riassunto del discorso pronunciato dal compagno Cafiero al Congresso della Federazione giurassiana, ora in DADA', A., L'anarchismo in Italia: fra movimento e partito, Milano,1984, p.187-190.

2) Questo documento pubblicato da Bakunin sotto forma di lettera a Celso Ceretti è stato ripubblicato da A, DADA', op. cit., p.152-65.