11 settembre, 30 anni dopo

30 anni fa, all’indomani del golpe in Cile, i comunisti anarchici in Italia scrivevano quanto oggi riproponiamo ricordando le migliaia di donne e uomini che in questi decenni hanno combattuto e cercato di resistere alla dittatura cilena, a prezzo della vita e della libertà.

 

"L’11 settembre 1973 nel Cile veniva rovesciato il governo Allende e instaurata una dittatura fascista!!!

In Cile le sinistre unite, Unidad Popular, portavano avanti un processo riformista, la prima esperienza della via nazionale al socialismo; l’importanza storica di tale esperienza è immensa, perché ci permette di fare un’analisi dalla quale ricavare preziosi insegnamenti per una strategia rivoluzionaria.

Da tempo il Cile era diventato l’epicentro delle contraddizioni imperialistiche in America Latina, e negli ultimi anni si andava sempre più radicalizzando lo scontro tra le due classi fondamentali: borghesia e proletariato.

Il progetto di Unidad Popular prospettava un cambiamento delle condizioni di vita dei lavoratori per mezzo di un’azione riformatrice, civilizzatrice, democratica all’interno del quadro delle istituzioni borghesi. In tale opera si era cercata e ottenuta l’alleanza con i ceti borghesi progressisti e con la borghesia nazionale favorevole ad un processo di indipendenza economico-politica del Cile. Fu con l’appoggio di questi ceti che Unidad Popular vinse e salì al governo. La vittoria elettorale e le prime nazionalizzazioni misero in moto un movimento che usciva fuori del progetto riformista; l’occupazione delle terre e delle fabbriche crearono nuovi rapporti di forza nello scontro di classe che si andava sempre più delineando.

Il processo non poteva più fermarsi nell’ambito riformista ma avrebbe dovuto continuare fino alla distruzione dello Stato borghese e alla conquista da parte del proletariato di tutti i centri vitali dell’economia del paese.

L’incapacità del riformismo di gestire e di spingere un tale processo sino allo scontro frontale segnarono la sconfitta del proletariato cileno.

La borghesia progressista, infatti, avendo capito che i lavoratori minacciavano i suoi interessi di classe, ritornò ben presto allo strumento che da sempre usa per difendersi dagli attacchi del proletariato: il colpo di stato per mano fascista o per mano dei militari. Tale borghesia che in un primo momento aveva appoggiato Allende, adesso si schierava con l’altra ala della sua stessa classe e unita preparava la più sanguinosa sconfitta del proletariato. Infatti, mentre da un lato gli operai continuavano a portare avanti i loro interessi, occupando fabbriche e creando organi di democrazia diretta, dall’altro la borghesia operava in modo di fermare questo processo. Unidad Popular non riuscì a far niente: tutta protesa alla riconquista della borghesia progressista, intenta a non superare l’ambito costituzionale, chiusa dai suoi limiti teorici e strategici, non riuscì a capire –per la sua natura- quale fosse lo scontro in atto; gli interessi delle classi erano venuti fuori chiaramente senza mistificazioni, per cui avere dei tentennamenti significava mandare allo sbaraglio tutta la classe degli sfruttati, come infatti successe.

Il tentativo di riconciliarsi con la borghesia invece di attaccarla e ingaggiare con essa lo scontro armato fino alla vittoria del proletariato è stato un grave errore storico che peserà su tutto il continente sud-americano per molto tempo ancora.

Il colpo di stato preparato dalla borghesia nazionale con l’appoggio diretto dell’imperialismo americano colse senza difesa il movimento degli sfruttati, per cui l’eroica resistenza dei compagni cileni non è stata sufficiente per sconfiggere la borghesia e i criminali che sono stati gli esecutori del progetto di restaurazione, che ha visto unificati borghesia nazionale e imperialismo i quali hanno dato sfogo al loro anticomunismo, uccidendo e torturando, mettendo in luce ancora una volta qual è il volto della borghesia e come non ci possa essere nessun compromesso o conciliazione tra la classe degli sfruttatori e quella degli sfruttati." (1974)

Proprio il Cile di Pinochet, massacrato da una delle controrivoluzioni più sanguinose di cui si abbia memoria, fu utilizzato dagli Stati Uniti come laboratorio delle strategie capitalistiche che oggi conosciamo: controllo sociale, sindrome della sicurezza, privatizzazioni nell’economia, smantellamento delle pensioni pubbliche, precarizzazione del lavoro. Ecco perché quel patrimonio di lotte, di auto-organizzazione, di antifascismo di massa deve alimentare ancora oggi la memoria storica indispensabile per le lotte anticapitaliste di oggi e di domani.