COLLETTIVO COMUNISTA LIBERTARIO

ACCORDO SUI PRINCIPI



1. Nell'Ottobre del 2004, si è concluso un intenso processo di ricerca, dibattito e discussioni durato vari e lunghi anni, che ha significato il formarsi di una profonda demarcazione politica e ideologica fra i membri del nucleo originario. In forma molto critica sono state valutate le esperienze politiche effettuate da questo collettivo, alla luce delle lezioni e degli insegnamenti della lotta di classe.

L'adozione delle idee comuniste libertarie o anarchiche non ha costituito un processo automatico, né omogeneo; si è trattato di uno sviluppo lento e tortuoso con movimenti di andata e ritorno, con avanzamenti significativi che ci permettevano di vedere il futuro con molto ottimismo, ma anche con consistenti retrocessioni che hanno comportato l'allontanamento di validi compagni di questo nucleo o collettivo. A militanti provenienti dalla più varie esperienze politiche è risultato difficile rifiutare completamente le loro antiche credenze, criticarle nei fondamenti e riconoscere gli errori passati di ciascuno di noi.

Tale compito non si è concluso in modo amministrativo o formale, bensì ci siamo basati sulle esperienze pratiche e sugli insegnamenti che la storia della lotta di classe ci ha lasciato.

Questo ci ha permesso di comprendere in tutta la loro dimensione gli errori e le fallacie del così detto socialismo autoritario, statalista o marxista, e così abbracciare pienamente - attraverso lo studio, la lettura e in sostanza l'azione pratica nella lotta - le idee del programma rivoluzionario anarchico.

Questo terremoto interno vissuto dal collettivo, il quale - lo ripetiamo - non ha potuto essere sopportato dall'insieme del nucleo originario, ha portato i restanti membri dell'allora COLLETTIVO COMUNISTA LIBERTARIO, ad impostare la seguente discussione: è sufficiente l'adozione delle idee anarchiche? O se al contrario ciascuno di noi non debba impegnarsi in senso ulteriore? Questa discussione, come quelle segnalate nel paragrafo precedente può risultare o sembrare molto semplice, ma è stata di una complessità estrema. Tornando agli interrogativi che hanno animato nuovi dibattiti, i compagni si sono posti la necessità di andare avanti, di lottare e di organizzarsi per installare le idee comuniste libertarie, e pertanto stabilire come lottare per la RIVOLUZIONE SOCIALE.

Ed a questo fine risulta indispensabile dotarci di un corpo di idee che diano forma all'Accordo sui Principi di questo collettivo, che collettivamente approviamo e portiamo a conoscenza.

2. IL COLLETTIVO COMUNISTA LIBERTARIO ritiene che non esiste un'umanità sola, stante la divisione fra borghesi e proletari, fra oppressori e oppressi, fra schiavi e padroni. Questo è così poiché lungo i secoli il proletariato - in un senso ampio - ha dovuto condurre una vita dura, di privazioni, fame, miserie, etc., affinché il frutto o il prodotto di tali sacrifici andasse a beneficio dell'altra classe sociale: la borghesia.

L'oppressione sociale in cui si trova il popolo costituisce la base stessa delle moderne società capitaliste, senza la quale questo sistema di oppressione e di sfruttamento non potrebbe esistere.

3. Oggi le masse lavoratrici si trovano in un processo molto complesso della lotta fra le classi, in cui la classe nemica ci ha profetizzato la fine della storia ed il trionfo definitivo del capitalismo o, in suo difetto, l'apparizione di profeti su fatto che "il mondo può cambiare" senza alterare nemmeno una piccola parte delle attuali strutture di sfruttamento. Il dominio in tutte le sue forme tende a perpetuare lo sfruttamento dell'uomo da parte dell'uomo, sviando le masse lavoratrici dal suo obiettivo strategico che è la Rivoluzione Sociale con la distruzione per via rivoluzionaria del capitalismo, dello Stato e di tutti i suoi apparati repressivi e ideologici.

4. Il COLLETTIVO COMUNISTA LIBERTARIO, come organizzazione rivoluzionaria, e considerandosi parte del popolo oppresso, ci identifichiamo pienamente con esso. E' così che combatteremo insieme agli oppressi contro l'oppressione che ci impone la borghesia, e solo questa lotta insieme al popolo povero, collegata con l'obiettivo finale della Rivoluzione Sociale ci riaffermerà come autentici rivoluzionari.

5. Nei punti precedenti si sottolinea la situazione complessa della lotta di classe che devono affrontare le masse lavoratrici, e come la propaganda esultante e trionfalista della borghesia abbia propagato la falsa idea della "fine della storia" e del "trionfo completo del capitalismo" cercando di infestare il popolo con tale falsa coscienza.

Dopo la caduta del blocco russo egemonizzato dall'antica URSS, c'è stata la fine del c.d. Stato sociale, o del Keynesismo che sono stati una forma sviluppata dal capitalismo per affrontare la crisi economica del 1929 e fronteggiare l'URSS. Tale forma economica del capitalismo è durata fino alla metà degli anni '70, quando una nuova crisi recessiva ha attaccato le basi medesime dello Stato sociale.

Il capitalismo è una vera "idra", ossia un mostro con varie teste, con la stessa essenza sfruttatrice; e dopo un periodo di riformulazione e ristrutturazione interna delle economia delle nazioni più importanti porta alla luce un nuovo progetto che volgarmente è conosciuto come globalizzazione o neoliberalismo. Tale "modello", di dominazione mondiale, ha come obiettivo lo sviluppo senza restrizioni del mercato, con i fondamenti e l'organizzazione della vita sociale ed economica affidati alle decisioni dei gruppi multinazionali e/o transnazionali. Questo progetto ha permesso al capitalismo, quale sistema in bancarotta, di rigenerarsi e superare le sue ricorrenti crisi, senza attaccare in modo assoluto né ledere le alte sfere del potere economico e politico.

6. La globalizzazione non è stata un prodotto esclusivo delle nazioni europee o asiatiche, bensì un modello che è stato applicato in America Latina, utilizzando come suo laboratorio sociale il Cile e la Bolivia, che sono state le prime alunne di questa politica. L'Argentina è stata fra gli alunni migliori, giacché il risultato dell'applicazione di tale progetto ha portato alla miseria, alla fame ed alla disoccupazione più del 60% della sua popolazione.

I laboratori sociali dei decenni '70 e '80 per questo nuovo progetto dinamizzatore del capitalismo sono stati potenziati con la caduta dell'impero russo, il che ha significato il potenziamento della politica globalizzatrice, in cui il mercato, l'offerta de la domanda sono gli unici fattori dinamizzanti dell'economia, unitamente allo sviluppo furioso della cultura del consumo e del possesso di beni materiali.

7. Le economie europee vedono un "risorgimento" o un "benessere" nelle loro forme di vita, il che in realtà è assolutamente fittizio, e prova ne sono gli alti indici di disoccupazione e povertà che cominciano a palesarsi nelle nazioni più avanzate del mondo. Ma nei paesi poveri l'applicazioni delle politiche predette ha significato esclusione ed emarginazione sociale, disoccupazione, privatizzazione dei servizi pubblici a favore delle grandi multinazionali o transnazionali, fame, aumento del debito esterno con i creditori internazionali, etc.

Le privatizzazioni, che molti ideologi della borghesia presentano come una sottrazione allo Stato delle funzioni economiche che non gli sono proprie e, per conseguenza, una sua riduzione, in questa luce sono fonte di equivoco. Lo Stato in realtà si è rafforzato, concentrando e rinvigorendo gli apparati ideologici/repressivi, proteggendo attraverso le sue istituzioni politiche gli abusi che la borghesia esercita sulle masse lavoratrici, impadronendosi liberamente delle ricchezze prodotte dal popolo.

8. Dopo quasi 25 anni di esistenza, la conseguenza della globalizzazione sono società in cui si riscontra un aumento dell'esclusione e della miseria, non solo nelle nazioni definite "arretrate", ma questo fenomeno comincia a manifestarsi che nei paesi detti "avanzati".

L'attuale situazione ci permette di dire che la lotta di classe si mantiene viva, che sono stati falsi tutti i pronostici dei "guru" del capitalismo che avevano vaticinato la fine della storia. Ma la vigenza della guerra fra le classi non deve farci credere falsamente che la borghesia non abbia piena coscienza delle sue lacune ideologiche e dei suoi sbagli; tutt'al contrario, il progetto trasformatore del capitalismo per poter durare nel tempo è stato accompagnato da un processo ideologico molto profondo, tradottosi in apatia sociale, disinteresse, egoismo, etc. Contro tutti questi ostacoli i rivoluzionari devono lottare. Negare l'esistenza di queste difficoltà non vorrà dire che gli scogli siano stati evitati, poiché dobbiamo affrontarli direttamente e lottare con decisione contro di essi.

9. Iniziando il presente documento un punto fermo è stato che in ogni società divisa in classi antagoniste, una di esse schiavizza l'altra, ossia la borghesia schiavizza le masse lavoratrici, attraverso la violenza di classe esercitata dalla borghesia mediante gli apparati statali. Non esiste altra possibilità per l'emancipazione del popolo che non passi per la Rivoluzione Sociale che trasforma radicalmente questa società, basata sulla mercanzia, in una società di lavoratori liberi. I comunisti libertari lottano per la fine dello sfruttamento umano e contro la violenza esercitata dallo Stato contro gli individui o le masse.

Tuttavia la necessità di una Rivoluzione Sociale violenta che distrugga le fondamenta del capitalismo e del suo Stato, implica necessariamente che sia analizzata la questione del potere ed il suo rapporto con la lotta di classe. Nella società capitalista il potere non è esercitato liberamente dall'individuo - inteso come capacità trasformatrice di assumere decisioni, e di avvalersi delle ricchezze materiali ed intellettuali accumulate nel corso della storia; al contrario il capitalismo significa monopolio del potere in poche mani, o in una minoranza sociale determinata che esercita la violenza fisica attraverso lo Stato se non ci si conforma alle decisioni di tale minoranza.

Questo carattere dell'esercizio del potere da parte di una minoranza per il capitalismo si applica anche alle "avanguardie illuminate" del marxismo statalista. Ma l'esercizio di tale potere implica anche la necessità di contare su un apparato sommamente accettato, che attraversi orizzontalmente e verticalmente il tessuto sociale. Tuttavia il potere in sé stesso non serve solo a reprimere; dobbiamo evitare il riduzionismo e prendere il considerazione il potere e lottare per il potere, non come espressione di dominio esercitato mediante una serie di apparati politico/ideologici dello Stato - Parlamento, religioni, forze repressive, etc. - nemmeno attraverso i gruppi economici o lobbies che esigono maggio verticalizzazione nell'esercizio del potere politico, centralizzandolo e monopolizzandolo al fine di perpetuare i propri interessi politici ed economici.

L'essenza stessa dello Stato è l'esercizio monopolista del potere, con l'effetto di disarmare l'autonomia del popolo e di farla da esso delegare a una serie di istituzioni che ideologicamente e culturalmente lo Stato mistifica - elezioni, parlamento, etc. - facendo credere che sia il popolo a decidere ed a esercitare pienamente il potere.

Questo è falso e serve solo a disarmare politicamente e ideologicamente le masse lavoratrici, ponendo ad esse un freno nella costruzione dei suoi propri strumenti rivoluzionari di lotta che permettono di intravedere una trasformazione radicale della società.

Come si è segnalato sopra, la borghesia attraverso la globalizzazione ha generato un'ampia ondata di disinteresse e di egoismo nel popolo. Le mistificazioni create dallo Stato per potere perpetuare il monopolio del potere, generano nel popolo una sensazione di passività, fanno vedere che determinati strumenti in precedenza di lotta si istituzionalizzano, passando ad essere parte costitutiva del complesso tessuto degli apparati di dominazione sociale.

10. La lotta di classe fra sfruttati e sfruttatori, oppressori e oppressi, si riedita in forme nuove, benché la sua essenza si mantenga inalterabile; tuttavia il potere statale, ai fini del suo perdurare, deve distruggere ogni germe, ogni embrione di potere popolare, o potere delle masse lavoratrici nel senso ampio del termine, generando e reiterando un disarmo politico e ideologico.

L'asse centrale della lotta di classe è la distruzione dell'attuale sistema di dominazione sociale, costruendo un sistema politico e sociale che si incentra non solo sulla socializzazione della produzione ma anche del potere politico.

La socializzazione del potere politico è quello che chiamiamo poder popular ovvero delle mass4e lavoratrici, in cui le decisioni di indole politica, sociale, economica, etc. vengono adottate non da una minoranza, bensì dal collettivo sociale dalla base, attraverso le sue organizzazioni di base - giunte, consigli, etc.; mediante la discussione ed il libero confronto di idee il popolo va delineando il suo futuro.

Risultano false le concezioni politiche stataliste - siano capitaliste o marxiste - in base a cui il potere deve concentrarsi in una minoranza o in un partito, il popolo non avrebbe la capacità si esercitare alcun potere senza una "tutela" da parte della stessa minoranza in quanto può "sviarsi" dagli obiettivi tracciati. Queste posizioni hanno come fine quello di disarmare il potere popolare e di distruggerlo. Ma la storia si è incaricata di smentire tutto questo, giacché il popolo lavoratore e le masse oppresse hanno costruito organizzazioni di base - i consigli - come un autentico autogoverno del popolo in determinati processi storici: es. Russia, Spagna, Ungheria, etc,

11. Il confronto diretto contro il potere statale richiede non solo un impegno politico e ideologico determinato, ma anche una correlazione fra esso ed il metodo utilizzato o propugnato per poter cominciare a edificare dalla base il potere popolare, e uno degli strumenti metodologici propri dell'anarchismo è l'AZIONE DIRETTA, che è un a specie di cammino su due percorsi che non si escludono fra di loro, bensì l'uno è la condizione dell'altro: critica e confronto contro il sistema capitalista.

Questa critica e questo confronto col sistema capitalista tradotti nell'azione diretta non sono solo un concetto di carattere negativo, bensì anche positivo, giacché plasma una proposta che costituisce un principio basilare dell'anarchismo: la non delegazione del potere, il che significa acquistare coscienza ed agire in forma diretta vuol dire volontà di azione. L'azione diretta è il rifiuto delle mediazioni politiche, delle minoranze illuminate che impostano la delega de potere popolare a determinate istanze organizzative. L'indelegabilità del potere è l'esercizio pratico della libertà ed uno strumento di insurrezione contro l'attuale stato di cose di tutti gli oppressi organizzati.

Insieme all'azione diretta i comunisti libertari proclamano anche la lotta per distruggere lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo. La base per distruggere la disuguaglianza in seno al popolo è data dalla proprietà comune dei mezzi di produzione e la costruzione di organizzazioni economiche e sociali basate sui principi di uguaglianza e di autogestione della classe lavoratrice.

Tuttavia l'autogestione non è detto che debba necessariamente essere edificata con il trionfo definitivo della Rivoluzione Sociale; tutt'al contrario, si possono già realizzare determinate pratiche sociali autogestionarie come strumenti organizzativi, alla ricerca dell'interesse non individuale ma collettivo. La pratiche di autogestione costituiscono un processo costruttivo a lungo termine, ma le stesse saranno uno strumento nella costruzione rivoluzionaria se si ha una visione o una posizione circa la necessità della trasformazione rivoluzionaria stessa, ed è parte costitutiva delle lotte portate avanti dagli oppressi. Se questo non viene fatto senza deflettere tali esperienze sprofonderanno nella palude del capitalismo e dei suoi paradigmi.

In sintesi, è fatale che tali pratiche di autogestione che possono essere portate avanti da attori diversi riproducano i vizi di questo sistema se non c'è il legame con le lotte popolari, se non c'è autogoverno e autodirezione. Per giunta l'autogestione come elemento positivo di costruzione del potere popolare è la dimensione in cui si lotta per conseguire il superamento della vita sociale e dei vizi che gli oppressori ci impongono.

12. Rifiutiamo e neghiamo il valore della democrazia borghese, giacché la stessa è una delle forme della società capitalista. La pietra angolare della democrazia è il mantenimento di due classi antagoniste (sfruttatrice/sfruttata).

Il sistema capitalista che ha adottato questa forma di governo ha generato la finzione per cui sarebbe il popolo a governare attraverso i suoi rappresentanti, che esiste la libertà di stampa, di parola, etc.; tutti questi "diritti" sono subordinati ad una legge di ferro del capitalismo e questa è la DIFESA DELLA PROPRIETA'. Per giunta la democrazia è in realtà una dittatura del capitalismo, nascosta dietro certe "libertà costituzionali". Tuttavia la prova fondamentale di questa dittatura è data dalla delega di potere da parte del popolo alla borghesia, potere che quest'ultima classe monopolizza e centralizza attraverso apparati repressivi dello Stato dalle forme più varie: ideologici, culturali, educativi, politici, etc. 

Noi comunisti libertari non deleghiamo la nostra libertà né il nostro potere a nessun individuo, né potere statale, bensì proponiamo che il popolo si riappropri del suo potere politico ed economico indispensabile per l'edificazione di una nuova società libera e giusta.

Il monopolio del potere politico ed economico concentrato in una minoranza, realizzato tramite la delega dello stesso da parte delle masse lavoratrici, significa che queste si trasformano in meri oggetti, o soggetti passivi, e non in soggetti attivi. Considerando che il processo che sboccherà nella Rivoluzione Sociale è arduo, e che questo strumento rivoluzionario non è qualcosa di astratto, è obbligo degli anarchici lottare per imporre nei movimenti di massa l'utilizzazione della democrazia diretta, non come un esercizio formale del potere, ma come un esercizio reale. Porlo in essere implica confronti politici ed ideologici con i più diversi settori statalisti di ogni tipo, ma costituisce un elemento di pratica sociale e di presa di coscienza dal valore inestimabile, giacché la costruzione della democrazia diretta a partire dalle basi, a partire dalla lotta che noi comunisti libertari portiamo avanti alla base, costituirà le fondamenta della nuova società.

13. Come libertari neghiamo non solo la democrazia borghese ma anche lo Stato e l'autorità, poiché ciò è il mezzo a disposizione dei capitalisti per schiavizzare le masse lavoratrici. Lo Stato è l'organo che regola le complesse relazioni politiche, sociali, economiche, etc. fra gli uomini; lo Stato non è neutrale, risponde alla classe dominante o alla minoranza politica (es. i bolscevichi) che monopolizza il potere.

Così del pari lo Stato e l'autorità tolgono alle masse ogni loro iniziativa, la loro creatività e libertà generando servilismo e sottomissione. Per questo la vera emancipazione delle masse si compie mediante l'azione diretta rivoluzionaria delle basi distruggendo lo Stato ed ogni autorità che da esso promana.

14. Consideriamo che noi anarchici abbiamo di fronte a noi enormi sfide. Credere nella Rivoluzione Sociale non significa chiudersi in un laboratorio sociale ed elaborare teorie e progetti astratti, né limitarsi alla mera propaganda testimoniale. Lottare per la rivoluzione vuol dire iniziare subito!!! un processo di accumulazione di forze, di lavoro politico, per rendere possibile l'obiettivo finale del comunismo libertario.

Vuol dire animarsi a disputare la lotta sociale, dimostrando e propagandando l'impossibilità di cambiamenti o trasformazioni sociali nel capitalismo, ed inserendo tutto ciò nelle lotte sociali del popolo. Per taluni può risultare utopico il progetto finale della rivoluzione sociale, pur tuttavia è più utopico che le condizioni di vita del popolo possano migliorare in questo sistema, o che il capitalismo possa acquistare un volto "umano" come alcune correnti di sinistra propugnano.

Indispensabile è costruire la strategia per conseguire il risultato finale della Rivoluzione Sociale, attraverso il pensiero, la riflessione critica che sorgerà dalle lezioni e dagli insegnamenti della lotta di classe, ma questo compito non è nazionale, né esclusivo di nessun settore in particolare, richiede il coordinamento dell'organizzazione libertaria e la volontà libertaria di milioni di persone che non desiderano continuare a vivere nell'attuale stato di cose. L'anarchismo non è stato un movimento omogeneo, diverse correnti di pensiero lo hanno attraversato, costituendo l'anarcosindacalismo la costruzione proletaria e di massa più importante di tutto il movimento anarchico. Tuttavia concezioni errate all'interno dell'anarchismo, nel senso della non necessità di adottare principi organizzativi, facendo diventare l'individualismo sinonimo di anarchismo, ha portato alla dispersione, al radicarsi della falsa concezione per cui non è necessaria un'organizzazione anarchica specifica. Crediamo fermamente tutto il contrario, l'anarchismo non è un'utopia né una moda passeggera, al contrario è un movimento sociale delle masse lavoratrici, ed è necessario non solo che ci sia l'organizzazione anarchica, ma che questa si trovi pienamente inserita nelle lotte di classe. Ma perché questo diventi realtà sono necessari: Unità Teorica, Unità Tattica, Responsabilità Collettiva, Federalismo e Internazionalismo.

Come si è detto anteriormente, la lotta di classe ad onta degli epigoni del capitalismo continua ad esistere ed a mantenere la sua essenza, anche se in questo periodo le forme della stessa acquistino altre caratteristiche. Ampliando quanto detto, la lotta di classe è essenziale per l'emancipazione dell'umanità dal giogo capitalista; ma sebbene la relazione fra i proprietari dei mezzi di produzione ed i lavoratori si mantenga inalterabile, non si tratta dell'unico versante di lotta contro l'oppressione. Così, gli anarchici devono far confluire tutte le lotte in una sola lotta contro tute le pecche del sistema - fondamentalismo religioso, nazionalismo, patriarcato, discriminazione, etc.

Del pari è importante sottolineare che il proletariato oggi ha acquisito una fisionomia nuova: impieghi precari, lavoro in nero, autonomi, disoccupati suboccupati, etc., come anche una maggiore dispersione nelle lotte operaie che si trovano limitate quasi esclusivamente ai lavoratori dei servizi ed agli statali, grazie anche all'estrema regolamentazione del lavoro imposta dal padronato, il che comporta che i settori industriali negozino la vendita della forza lavoro in forma individuale e non collettiva.

Per questo noi comunisti libertari non possiamo restare attaccati ai vecchi schemi tattici inapplicabili oggi, in conformità con le trasformazioni subite dal capitalismo in questi ultimi decenni, ed è necessario fare confluire il movimento sul territorio e quello lavorativo in un movimento sociale, plurale, basato sulla democrazia diretta di tutti i suoi membri. E' qui che le resistenze e le lotte sociali e operaie favoriscono e rafforzano gli ideali libertari, dovendo apprendere e ricavare apporti da tali movimenti. Noi comunisti libertari dobbiamo rafforzare questi movimenti sociali, arricchirli ed arricchirci, dando impulso all'azione diretta, all'autogestione, all'orientamento federalista senza deleghe, senza delegare ad alcun intermediario il nostro potere politico e sociale, come mezzo di edificazione della strategia che si corona con la Rivoluzione Sociale.

15. Quanto espresso nel punto precedente non significa per nulla - nonostante le profonde trasformazioni del mondo del lavoro operate dal capitalismo - cedere uno spazio di lotta alla burocrazia sindacale ed allo Stato. Siamo consapevoli che dai sindacati non emergeranno le organizzazioni rivoluzionarie. Queste sono costituite per un'altra missione che non sia "vendere la forza lavoro alle migliori condizioni", e saranno un embrione del potere popolare e dei consigli operai del futuro. Il nostro compito nella lotta operaia consiste nel conseguimento dell'indipendenza dal controllo politico della burocrazia sindacale, ossia dello Stato. Come menzionato nel paragrafo anteriore la vita lavorativa ha subito grandi mutamenti ed il padronato esercita il suo controllo trovandosi all'offensiva nonostante le lotte operaie risorte negli ultimi tempi. 

La borghesia con la scusa dell'abbassamento del costo del lavoro esige maggiori sacrifici e riduzioni di salario, agitando la minaccia dell'enorme quantità di lavoratori disoccupati che lavorerebbero con salari più bassi, col proposito di generare in questo modo la divisione nel popolo, la sfiducia e la paralisi delle lotte.

Per questo riteniamo che i lavoratori debbano inserirsi in tutti i movimenti di lotta operaia o nei raggruppamenti ampli e pluralisti del sindacalismo rivoluzionario propagandando l'azione diretta, la democrazia di base e lo stabilimento di reti o collegamenti con altri lavoratori in lotta. Quest'inserimento deve essere naturale, non utilizzando le metodologie del sinistrismo che punta a sostituirsi ai veri soggetti.

Ma come detto in precedenza, sebbene l'essenza della lotta di classe non si sia modificata, ovvero la relazione capitale/lavoro, nemmeno devono i lavoratori isolarsi dal movimento sociale del territorio dove hanno il luogo di lavoro, ma devono vincolarsi fra loro, compenetrarsi ed influenzarsi mutuamente nella necessaria lotta contro questo sistema.

16. IL COLLETTIVO COMINISTA LIBERTARIO adotta come propri i documenti pubblicati in "La Causa Operaia" [Delo Truda] nel 1926, dal titolo "La Piattaforma Organizzativa dei Comunisti Libertari" e le posizioni del gruppo "Los Amigos de Durruti".

 

Buenos Aires, novembre 2004 

Colectivo Comunista Libertario

www.geocities.com/ccomunista_libertario

Traduzione a cura di FdCA - Ufficio relazioni internazionali