n. 15 aprile 2002

1. TecnologiaL’Italia possiede grandi imprese ad alta tecnologia in posizione di leadership internazionale. Tra i casi più interessanti dal grande comparto industriale high-tech quello aerospaziale e della difesa. Ad esempio la scuola radaristica italiana è a livelli di eccellenza mondiale e le imprese del settore (Alenia Marconi Systems, Fiar-Galileo) sono ai primi posti nelle classifiche industriali internazionali. La società elicotteristica Augusta-Westland è probabilmente il numero uno mondiale nel suo settore. (Da Il Sole 24 ore, 19 febbraio 2002, p. 8)

2. Usa – Il debito statunitense ha raggiunto nel 2001 la cifra record di circa il 280% del Pil (circa 230% privato e circa 50% del Pil) pubblico, mentre il debito estero sta raggiungendo il 25% del Pil. Il sistema delle imprese ha raggiunto un indebitamento pari al 100% del valore aggiunto prodotto. Sono cifre da bancarotta, anche se Greenspan prevede un futuro roseo. Frattanto il caso Enron non solo ha dimostrato che c’è del marcio nell’Amministrazione, ma soprattutto ha evidenziato che non è opportuno affidare l’economia ai cosiddetti esperti ed è poco consigliabile affidar loro i propri risparmi perché li facciano fruttare (hanno la sgradevole propensione a fuggire con la cassa al primo sentore di bruciato). (Cfr. Il Sole 24 ore, 19 febbraio 2002, p. 9) Intanto il Pil è cresciuto solo dell’1,2% nel 2001 e la previsione per il 2002 è di un misero +1,4%; non si capisce in base a quale sfera di cristallo (truccata) gli analisti prevedano per il 2003 un miracoloso +3,8% (cfr. Il Sole 24 ore, 21 marzo 2002, p. 7); la crisi palestinese con i suoi effetti di tensione sul prezzo del petrolio, comunque, ha già provveduto a rendere meno ottimisti tutti.

3. Petrolio – In poco più di un mese il prezzo del petrolio è salito da 22 $/barile a 27,5 $/barile. È comunque interessante vedere quanto incidono sul prezzo i costi di produzione (esplorazione, sviluppo e produzione). Si va da poco di più di 2 $ par l’Irak a 15 $ per l’Us Skipper Wells, con una media mondiale di 7 $.I costi più bassi sono tutti concentrati nell’area del Golfo, mentre i giacimenti Usa (tranne stranamente quello dell’Alaska) si situa sopra la media, così come Brasile, Indonesia e Mare del Nord (cfr. Il Sole 24 ore, 5 aprile 2002, p. 4). Da questo si deduce che il prezzo del petrolio è essenzialmente un prezzo politico, gestito da quei paesi (Opec) che, godendo di riserve immense, vendono a guadagni tali da garantire generose rimesse; nello stesso tempo il prezzo rende poco competitivi giacimenti, pur noti, ma i cui investimenti per lo sfruttamento appaiono troppo rischiosi, vista la possibilità che detti paesi abbassino improvvisamente i prezzi per ragioni strategiche. Tutto ciò continua a rendere molti paesi (compresi gli Usa) dipendenti dal Golfo Persico per i propri approvvigionamenti di energia. Proprio per questo il prezzo non può superare certi livelli, altrimenti si rivelerebbe un boomerang per i paesi produttori, che si vedrebbero scavalcati dalla messa in produzione di giacimenti nuovi e dalla sostituzione della fonte di energia primaria, stimolati dalla concorrenzialità acquisita. Quella del petrolio è una catena in cui non c’è un dominatore assoluto: è questo il motivo che spinga gli Usa a cercare vie alternative al trasporto di energia dal centro Asia e dal Mar Caspio il controllo li renderebbe strategicamente forti.

 

chiuso il 5 aprile 2002

saverio