COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

5.1. L’organizzazione
 

Venendo agli anarchici che, almeno a parole, rimangono nel solco della lotta per l’emancipazione degli sfruttati, la prima grossa distinzione è quella tra coloro che non ritengono necessaria un’organizzazione della lotta di classe e coloro che, come i comunisti anarchici, la ritengono invece indispensabile. Esistono, in effetti, frange spontaneistiche del movimento anarchico che non ritengono necessaria alcuna forma di programmazione dello scontro, in quanto la società anarchica finirà fatalmente per affermarsi quale sbocco necessario dell'evoluzione della società umana. Anarchico e' il pensiero e verso l’anarchia va la storia diceva Giovanni Bovio, parlamentare socialista e massone dalle forti venature anarchicheggianti, riecheggiando questa fiducia nell’inevitabile sbocco libertario dello sviluppo storico. Questo ottimismo proviene dalla visione del principe anarchico Pëtr Kropotkin, fondatore dell'anarco-comunismo, il quale, basandosi sulle proprie conoscenze scientifiche (era una geografo di un certo valore, superato in campo anarchico in quanto a professionalità nel settore dal solo Eliseé Reclus) e sullo studio delle comunità degli insetti sociali, era pervenuto, in pieno solco del positivismo e della conseguente sicurezza che la scienza fosse in grado di risolvere ogni problema, all’idea che il comunismo libertario era lo sbocco necessario ed inevitabile per l'organizzazione della vita collettiva della specie umana.

In tal modo l’anarchismo non era più la meta degli sforzi coscienti degli uomini e delle donne per organizzarsi in funzione della propria felicità collettiva, ma solo lo stadio finale teleologicamente predeterminato dello sviluppo storico (un po' come vedremo si verifica anche nell'ortodossia stalinista del materialismo dialettico, uscito dallo stesso clima positivistico). Ne discende, e in tal modo si comportano i suoi epigoni, che ogni forma di vera organizzazione non solo non è necessaria, in quanto il corso degli eventi non è suscettibile di essere seriamente influenzato, ma è addirittura dannoso perché costituisce uno sbarramento al libero fluire della spontaneità del processo, allontanando perciò stesso l’inverarsi dello stadio finale dell'umano alveare.

Per i comunisti anarchici, e non solo per loro, invece le tappe della storia non sono già scritte e l'intervento collettivo dell'uomo, in quanto specie, può influenzare l’evolversi degli eventi, inizialmente poco, ma, con l’allungarsi dei tempi, verso mete sempre più ambiziose. E collettivo vuol dire organizzato. Gli anarco-comunisti nella loro visione deterministica del farsi storico non danno importanza alla lotta di classe; anzi considerano la stessa esistenza delle classi come un dato tutto da dimostrare, se non addirittura una invenzione marxista: è l’uomo o la donna, come singolo individuo, che deve tendere a divenire un componente della società anarchica. Per i comunisti anarchici, e non solo per loro, la società è drammaticamente divisa in classi (e le recenti vicende del liberismo imperante hanno acuito il solco tra ceti abbienti e non abbienti, tra paesi ricchi e paesi poveri, in una parola tra sfruttati e sfruttatori), e solo l’emancipazione dei più deboli attraverso un duro conflitto di classe porterà alla società di liberi ed eguali, come frutto di un progetto cosciente e programmato che dia risposta alle aspirazioni del proletariato. La lotta di classe è quindi nei fatti ed è anche l’unica speranza per il raggiungimento di una società più giusta; ma affinché essa sia vincente deve essere organizzata.

 


5.2. Il dualismo organizzativo

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