COMUNISTI ANARCHICI: UNA QUESTIONE DI CLASSE

 

3.1. Metodo (materialismo storico)
 

Un’attività volta alla trasformazione della realtà, al cambiamento della struttura sociale, non può prescindere da un’analisi della situazione in cui ci si trova ad operare. La mancanza di tale analisi, porta inevitabilmente all’incapacità di comprendere e di individuare quali sono gli obiettivi su cui far leva per ottenere la trasformazione voluta, quali sono i punti deboli della struttura sociale, quali le sue contraddizioni; non ci permette cioè di approntare un progetto rivoluzionario (che per essere tale, oltre ad avere chiarezza sui fini che si propone, deve inevitabilmente tracciare una direttrice su cui modellare la sua azione).

L’assenza di un progetto nasconde, più o meno velatamente, la convinzione (talvolta implicita e non compresa) che le contraddizioni della struttura sociale attuale siano tali da contenere al loro interno la fine inevitabile del sistema capitalistico. Siamo cioè all’interno di una concezione meccanicistica e quindi spontaneistica che perciò stesso crede nell’autodistruzione del sistema, che attiva involontariamente, ma, soprattutto, senza possibilità di deroghe, il proprio processo di estinzione (ad esempio facendo in modo deterministico crescere, organizzare ed esplodere la rabbia proletaria). La messianica quanto inutile lunga attesa del momento catartico rivoluzionario, che si prolunga ormai da molto più di un secolo, ha fatto definitivamente giustizia di tale impostazione. E se lo sapessero i luxemburghiani!

Occorre quindi iniziare una tale analisi, ma prima di tutto occorre definire una metodologia con cui interpretare il reale. La prima cosa da dire, nel definire un metodo di analisi, è che esso non ha, e non deve avere, alcuna pretesa di oggettività assoluta. Metodi volti a differenti fini, sono inevitabilmente diversi. Una cosa comunque è importante: il metodo, che noi andremo ad analizzare ed a definire, fornisce senza dubbio l’unica chiave di lettura della storia e del presente, è cioè l’unico che riesce ad incasellare il variegato panorama dei fatti sparsi quali si presentano. Questo, d’altra parte, non vuol dire che lo abbandoneremmo se alcuni dati non si inquadrassero in esso; primo perché non è stata ancora proposto un metodo altrettanto potente dal punto di vista della interpretazione storica; secondo perché la storia non è un processo lineare privo di aspetti contraddittori, che possa quindi richiedere uno schema complessivo in cui essere contenuta in ogni suo aspetto (il nostro metodo poi tiene conto ed ha come assunto tale contraddittorietà e punta solo a ricostruire le linee che sottostanno allo sviluppo storico); ed infine perché il materialismo storico, che è il metodo di cui stiamo parlando, è troppo congeniale ai nostri fini e troppi risultati positivi ha dato alla storia del proletariato.

La definizione più precisa e puntuale ci è fornita da Marx ed Engels: 

La prima azione storica è dunque la creazione dei mezzi per soddisfare questi bisogni, la produzione della vita materiale stessa, e questa è precisamente un’azione storica, una condizione fondamentale di qualsiasi storia, che ancora oggi, come millenni addietro, deve essere compiuta ogni giorno e ogni ora semplicemente per mantenere in vita gli uomini […]. In ogni concezione della storia dunque il primo punto è che si osservi questo dato di fatto fondamentale in tutta la sua estensione e che gli si assegni il posto che gli spetta.

Materialismo storico è dunque quella metodologia di analisi dei fatti storici che individua la causa primaria di essi nell’evoluzione della struttura produttiva della società, nello sviluppo delle forze produttive e dei rapporti di produzione; tutti gli eventi che la storia ci presenta non sono allora frutto delle idee e dello scontro fra diverse concezioni della vita, ma sono frutto degli interessi economici in gioco, manifestazioni dirette ed indirette dei rapporti che si costituiscono all’interno della società umana nella produzione dei beni che necessitano al soddisfacimento dei bisogni materiali, storicamente e socialmente determinati. La storia non è storia di idee, ma, al contrario, le idee sono rivestimenti dei movimenti reali, ma sui cui, a loro volta, possono agire; la storia è storia degli antagonismi generati dai rapporti di produzione: è storia della lotta tra le classi.

 


3.2. Le classi (gli attori)

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