STRATEGIA DI FONDO 

PERIODO DI TRANSIZIONE

 

INTRODUZIONE

Uno dei problemi più fumosi del "socialismo rivoluzionario" (cioè delle idee dei compagni che nel XIX secolo si trovarono ad elaborare una strategia per la rivoluzione socialista) è il periodo di passaggio tra struttura sociale (economica, politica ed ideologica) capitalista e struttura sociale "comunista".

Il periodo o meglio la fase di transizione appunto. Su questo argomento di frasi fatte ce ne sono in quantità, di polemiche vuote ed accademiche ce n'è spreco abbondante; di chiarezza quasi niente.

E' necessario, vista la confusione e la enorme mole di polemiche che si trascinano, chiarire tutto: fraseologia, vocaboli, concetti e strategia, non allo scopo di convincere ma solo per avere chiarezza su ciò che è necessario ed utile sia ai fini di una corretta impostazione del "fare politica" oggi, sia ai fini del comportamento corretto ed unitario nella fase di transizione.

Prima di tutto è necessario chiarire un fatto fondamentale: chiunque è contrario al sistema capitalista e vuole costruire il socialismo non può non prevedere una fase di transizione dall'uno all'altro.

In precedenza abbiamo esaminato il sistema politico in cui viviamo e le forze politiche esistenti e i metodi che bisogna usare per costruire il comunismo-anarchico; infatti il modo con cui ci rapportiamo oggi alla nostra situazione sociale, cioè il tentativo di riprodurre in termini realistici e concreti un'alternativa rivoluzionaria alla società capitalistica occidentale (momento storico di attuale sviluppo) è una chiave per impostare concretamente un progetto che porti ad una transizione.

Per i riformisti la fase di transizione si fonde e si confonde col metodo stesso con cui essi fanno politica; in sostanza oggi con le strutture "legali" della società borghese i socialisti riformisti (socialdemocratici) stanno vivendo il periodo di transizione e secondo loro senza scosse già cominciano a vivere in una società socialista.

Noi concordiamo con loro nel ritenere che tutto quanto oggi avviene ci può avvicinare o allontanare dal socialismo, solo che -per quanto riguarda il problema del periodo di transizione- individuiamo nella fase di transizione un momento preciso e, seppur indistinto nei suoi limiti, un periodo che è diverso da quello in cui si lotta per il socialismo in una società capitalista.

Per noi il periodo di transizione ha un inizio preciso che corrisponde al momento in cui la STRUTTURA PORTANTE DEL POTERE COSTITUITO NON RIESCE PIU' AD IMPORRE INCONDIZIONATAMENTE LA SUA VOLONTA'

Per i socialisti rivoluzionari, all'opposto dei riformisti, il periodo di transizione inizia in un giorno e ad un'ora precisa -cioè quando il "partito" socialista rivoluzionario prende il potere scalzando quello della borghesia- e finisce in un giorno e in un'ora precisa, cioè quando l'educazione del popolo condotta dal partito si è conclusa.

Noi concordiamo con loro nel ritenere che la durata del periodo di transizione è in funzione dell'educazione del popolo al socialismo, ma divergiamo nettamente in quanto riteniamo che il socialismo -inteso come società senza Stato- non cominci dopo il periodo di transizione ma durante questo periodo, per cui l'autorità dello Stato deve cessare con l'inizio del periodo di transizione.

Per i comunisti-anarchici il periodo di transizione rappresenta contemporaneamente la fase finale della lotta al capitalismo e ad ogni altra forma di potere (ed è per questo motivo un momento di lotta cruenta e militare) e la fase iniziale della costruzione della società "nuova" (ed è per questo motivo un momento di ristrutturazione sia della politica e dell'amministrazione della società, sia dell'ideologia e della coscienza dei cittadini).

Questo periodo di transizione si innescherà quando la lotta delle organizzazioni di massa (di cui i comunisti-anarchici sono elementi naturali) avrà raggiunto, nel sistema capitalistico, un carattere di contestazione e antagonismo rivoluzionario, coinvolgendo ampi strati degli sfruttati, e quando l'incapacità dei sistemi di governo attualmente esistenti di permettere una vita dignitosa e giusta agli esseri umani, favorirà una rivolta generale della maggioranza degli sfruttati.

L'INTERNAZIONALISMO

I comunisti-anarchici ritengono che la divisione del mondo in più di 300 nazioni è il frutto della necessità economica e ideologica del capitalismo; i comunisti-anarchici rinnegano la propria "patria" e si considerano cittadini del mondo.

Non è pensabile una società giusta in una sola nazione; l'economia, la forza militare e l'ideologia del potere possono essere distrutte a patto che non esista luogo in tutto il mondo in cui queste permangono.

Per questo motivo non esiste nel nostro programma strategico di fondo la possibilità di instaurare il "socialismo in un solo paese", come vorrebbero farci credere i marxisti-leninisti. A questo, però, non consegue necessariamente che la rivoluzione deve scoppiare contemporaneamente in tutti i paesi del mondo, ne deriva solo la convinzione che il periodo di transizione non sarà concluso se non quando in tutti i luoghi non saranno abolite tutte le forme del potere.

E' giusto, pertanto, che, nell'ambito della strategia dei comunisti-anarchici, l'internazionale comunista-anarchica venga sviluppata e sarà suo compito lavorare in favore del coordinamento sovranazionale dell'organizzazione di massa.

La prospettiva di abbattimento e di superamento delle divisioni culturali, etniche e razziali, rappresenta l'obiettivo del movimento comunista-anarchico a livello internazionale.

E questo non per abolire più o meno forzatamente le "tradizioni" e diverse tipi di cultura, ma per impedire che questi rappresentino un ostacolo all'unità del proletariato.

Il problema quindi è molto pratico e va visto secondo due aspetti: da un lato le difficoltà materiali che si presentano, dall'altro il ruolo politico che l'organizzazione deve avere.

Le difficoltà materiali derivano innanzi tutto dal lento evolversi da una situazione nazionale ad una internazionale. L'obiettivo è il federalismo non più di nazioni, ma di zone a diversa cultura e a lingua diversa, poiché certamente le forze della reazione potranno far leva su queste divisioni per minare la rivoluzione.

E' importante mantenere l'identità culturale di un "popolo" e anche rafforzarla per permettere che i vincoli sociali emergano e permettano un superamento delle barriere nazionali.

Se il capitalismo tende a massificare e a rendere anonima e controllabile la società, il nostro compito sarà invece di far leva su questo sfruttamento per poter abbattere il nazionalismo.

Se ogni federazione avrà la capacità di individuare una strada per la rivoluzione e renderla credibile alle masse, si troverà senz'altro nella necessità di allargare questa sua forza, condizionando le scelte a livello internazionale e con ciò facendo livellare i diversi tempi e gradi di maturità che esistono a livello internazionale; questo non nel senso di una interferenza forzata, ma nel senso di una indicazione pratica più avanzata che inciti ad un maggiore lavoro chi è a livelli inferiori -senza però confondere che livelli di coscienza diversi non vuol dire che siano uno maggiore e l'altro inferiore.

PREMESSA AI SUCCESSIVI PARAGRAFI

Una attualizzazione di tutte le problematiche che riguardano la transizione al socialismo è impossibile se, come avviene in questo documento di strategia di fondo, affrontiamo il periodo di transizione proprio in quanto momento di distruzione e costruzione in seguito alla rottura rivoluzionaria e violenta col sistema capitalistico. Questo momento, la cui durata non possiamo determinare, avrà e risolverà forse definitivamente i problemi che le esperienze storiche del proletariato e il comunismo-anarchico ci hanno posto e dato in eredità e sui quali non possiamo dire niente di più oggi, se non ripensarli e sistemarli alla luce degli errori commessi e delle nostre attuali acquisizioni strategiche come organizzazione rivoluzionaria, e delle sperimentazioni rivoluzionarie che gli sfruttati oggi mettono in pratica.

Ma, proprio in base a questo, oggi ci troviamo come organizzazione rivoluzionaria e come militanti organizzati nelle organizzazioni di massa, ad affrontare i problemi e le proposte della rottura e dell'alternativa alla società capitalistica, in cui prefiguriamo forme e metodi che probabilmente saranno situati nel periodo di transizione vero e proprio.

Appunto perché il periodo di transizione è il punto culminante di una lenta ed inesorabile azione rivoluzionaria, oggi ci poniamo quei problemi che affrontati e risolti volta per volta con una strategia politica, permetteranno agli sfruttati ed a noi di arrivare al periodo di transizione con coscienza e capacità vincenti.

Ecco perché rispetto all'economia capitalistica, alla sua ideologia, dobbiamo dire ora e in questo documento di strategia di fondo i punti fondamentali che dobbiamo avere ben presente e sui quali ci stiamo scontrando e ci scontreremo col capitale.

PER IL SUPERAMENTO DELL'ECONOMIA CAPITALISTA

Il primo aspetto del problema economico rappresenta l'acquisizione e con ciò la possibilità di modificazioni della non omogenea condizione economica nel suo insieme a livello mondiale.

Infatti, per creare una diversa organizzazione economica bisogna avere la conoscenza del funzionamento dei meccanismi economici, dall'informatica alla distribuzione; un nuovo sviluppo sociale prevede anche la nostra capacità tecnica di risolvere problemi complessi che riguardano l'organizzazione del lavoro (lavoro manuale e intellettuale). La conoscenza del modo di produzione capitalistico non significa certamente che occorra una modificazione lenta della situazione, ma la conoscenza legata al ruolo che ogni persona ha all'interno di questa permette di avere la possibilità di affrontare i problemi in un modo più globale e meno approssimativo.

Infatti, di fronte al mutare dell'organizzazione capitalistica muta anche in parte la struttura delle classi; ci troveremo quindi di fronte ad una realtà sempre più mutevole che determina nuove condizioni sociali.

L'attuale organizzazione sembra abbia trovato in certi aspetti una perfezione non indifferente; l'ingabbiamento di ampi strati di classe nel consumismo e negli aspetti piccolo-borghesi della vita ci pone di fronte a nuovi interrogativi: come mantenere viva una unità di classe su degli aspetti di primario interesse economico?

Se ad una nuova società si chiede il superamento della caratteristica solamente intellettuale o solamente manuale del lavoro, bisogna che ampi strati ora privilegiati siano incanalati in questo senso; la disaffezione al lavoro, come il lavoro "disumano", vanno combattuti per creare quell'equilibrio che valorizzi ogni persona; certi lavori dovranno essere ancora fatti in certe condizioni, ciò vorrà dire che anche la condizione dello scienziato puro ed astratto avrà molto senso se finalizzato verso uno scopo preciso: quello della socializzazione del lavoro.

Socializzazione anche pratica, che permetta una gestione diversa della ricchezza e della conoscenza. Con l'aumentare delle divisioni e dei diversi interessi all'interno della classe, un programma che consenta la credibilità del dire: si può vivere diversamente, diventa sempre più complesso.

Se la nostra società permetterà una vita a misura d'essere umano e se questo lo possiamo dimostrare relativamente, risulterà che la nostra proposta di organizzazione del lavoro sembrerà possibile.

I tempi di questo cambiamento sono importanti, perché dipenderà dalla nostra immediata reazione al passato, il che permetterà di superare molti ostacoli. Il controllo immediato dei posti-chiave dell'economia deve dare quel respiro materiale per poter iniziare da subito la rinascita della produzione materiale; una rivoluzione "eroica" lascia ormai le sue gesta al passato, una classe che ricerca contraddittoriamente sicurezza non pensa alla rivoluzione come un avvenire ma come (forse) una soddisfazione di interessi materiali e morali.

Il concetto di rivoluzione economica dovrà assumere connotati diversi; non per l'usura di certi modelli, ma perché il capitalismo le esperienze passate le ha vissute e si è creato una corazza per prevenirle fin dalle prime mosse.

Per questo sta a noi ricercare un sistema di sviluppo della lotta di classe che sappia fiaccare le gambe al capitalismo e al suo continuo evolversi.

Ma, per non cadere lungo la via del riformismo o nel velleitarismo, occorre dare ad ogni comparto economico una alternativa di gestione che va aggiornata e riveduta ogni volta che viene a trovarsi superata.

La giusta utilizzazione delle contraddizioni che il capitalismo crea deve permettere che queste non si annullino a vicenda, ma vadano in un'unica direzione; il capire che gli interessi spesso particolari e limitati non sono gli unici per tenere in vita un movimento, perché basterà che questi particolari interessi vengano a mancare ed avviene un riflusso; la volontà di cambiamento deve essere collaudata e verificata nel tempo assieme al dibattito ed all'esperienza della classe; classe complessiva.

E' importante il modo con cui si dovrà riorganizzare la vita economica; se la collettivizzazione è un primo passo che dovremo fare, bisognerà che questa non degeneri in un nuovo ordine gerarchico con una collettivizzazione forzata, ma occorre che penetri con accortezza in tutti i settori; e dove esisteranno sacche di resistenza non dovranno essere schiacciate, ma inglobate in un discorso complessivo.

La nuova organizzazione della distribuzione prevedrà per questo prodotti collettivizzabili e altri no; in una società che tende al decentramento di ampi settori, sarà difficile superare la proprietà privata che ormai si confonde col lavoro "artigiano", considerato come libero e per questo "aspirazione di classe".

La società capitalistica ha la possibilità di poter assumere diverse forme e contenuti senza che questi incidano nella sostanza dell'organizzazione capitalistica; per questo anche noi dovremo assumere diversi modi e tempi per il superamento della società capitalistica.

Se rimane ferma come base l'acquisizione e l'espropriazione dei mezzi di produzione, questo non vuol dire che non cambiando la sostanza non si possano per motivi evidenti cercare diverse vie parallele.

Il problema rimane però in fase di inizio, cioè al momento in cui si formano rapporti di forza tra una classe divenuta cosciente e una organizzazione capitalistica che crea ricatti economici e repressione; il superamento di questi momenti sarà la prova che la classe è ormai ad un livello da cui si può iniziare una transizione, cioè la capacità di poter acquisire i mezzi di produzione, una via per la costruzione del socialismo.

DISTRUZIONE E COSTRUZIONE

Durante il periodo di transizione la battaglia contro il capitalismo si fonde con la fatica per la costruzione di una società nuova.

Questo significa che alla posizione essenzialmente critica dei militanti rivoluzionari della lotta di classe dovrà associarsi una capacità costruttiva che oggi essi stessi utilizzano solo nell'ambito delle organizzazioni politiche (specifiche e di massa), ma nel periodo di transizione dovrà misurarsi con i problemi della società e cioè gli ospedali, le industrie, la distribuzione, ecc.

E' necessario in via preliminare eliminare ogni equivoco che riguardo a questo problema si potrebbe creare.

A questo scopo dividiamo schematicamente nel fronte avversario 3 aspetti diversi che richiederanno tre diversi atteggiamenti da parte nostra: l'ideologia, la polizia e l'economia del capitalismo.

Oggi sono inscindibili l'uno dall'altro, ma nel periodo di transizione ciascuno di questi 3 aspetti del capitalismo avrà un ruolo distinto e specifico e dovrà essere vinto e/o sostituito ciascuno in modo differente.

L'ECONOMIA o meglio le strutture produttive come luoghi fisici per la produzione e distribuzione delle merci non dovranno essere distrutte. Di esse dovremo appropriarcene, farle funzionare e saperle gestire.

Questo compito, durante il periodo di transizione ma soprattutto immediatamente dopo il suo inizio, spetterà alle organizzazioni rivoluzionarie di massa che dovranno a poco a poco coinvolgere tutti i lavoratori alla gestione della produzione e della distribuzione.

La POLIZIA (o meglio gli strumenti militari di difesa del capitalismo) dovrà essere sconfitta militarmente (e non abolita con lo sterminio delle persone fisiche che la compongono) e dovremo sostituirla, per la difesa delle conquiste nelle zone liberate, soprattutto all'inizio, con una forza DIVERSA dall'esercito rivoluzionario.

Infatti, se è vero che la difesa della nuova società sarà nelle mani dei singoli componenti di questa società, è anche vero che fino a che permarrà l'ideologia del capitalismo sarà necessaria una "organizzazione di persone" preposta al controllo dell'ordine sociale.

Onde evitare che falsi socialisti si approprino di questo concetto per costruire una nuova polizia in grado di controllare e di "guidare" la rivoluzione, è necessario che nei quartieri e nelle città dove se ne ravvisi la necessità, i militanti comunisti-anarchici -come tali e non come organizzazione- facciano il possibile perché si creino organismi ZONALI ed autonomi saldamente controllati solo da tutte le persone viventi in quella zona, in grado di svolgere funzioni di controllo.

E' necessario non creare corpi specializzati, ma è necessario che le comunità locali affidino tale compito, con mandato preciso, ad un certo numero di compagni responsabili del loro operato e revocabili in qualsiasi momento dalle comunità stesse, ed è inoltre necessario che sin dal loro inizio evolvano lentamente, ma costantemente, verso la loro estinzione.

L'IDEOLOGIA del capitalismo non potrà essere sconfitta da nessun esercito, essa è l'unica cosa che dovrà essere completamente distrutta da ciascuno di noi in ciascuno di noi.

La lotta contro l'ideologia individualista, egoista e violenta che il capitalismo in tanti anni di dominazione ha sedimentato nel fondo della coscienza di tutti, sarà la battaglia più dura e difficile che si dovrà combattere.

Si tratterà di un nemico invisibile contro cui la violenza non sarà l'arma principale né la più adatta in ogni occasione.

Capire e smascherare ciò che è veramente l'ideologia del capitalismo, eliminarla completamente non sarà impresa facile in un periodo, come è quello di transizione, in cui le coscienze non saranno ancora mature ed in cui la violenza necessaria per altre cose, in questo campo sarà un ostacolo alla vittoria della nuova ideologia.

Di più non si può dire: questa battaglia non vedrà vincitori nelle piazze e vinti in galera, ma o tutti gli esseri umani ancora prigionieri della più infima e repressiva delle menzogne che il capitalismo ha costruito, oppure tutti gli esseri umani liberi dall'oppressione del proprio passato.

In questo campo, più che in ogni altro, la battaglia di ciascuno sarà isolata e contemporaneamente collettiva e nessuno potrà vincere o perdere senza influenzare grandemente gli altri.

CHE COSA E' LA RIVOLUZIONE

Molti di coloro che inneggiano alla rivoluzione e si dichiarano rivoluzionari poco hanno riflettuto su quello che in realtà significa rivoluzione; al di là della retorica, dei soli che sorgono, degli eroi incontaminati e delle bandiere al vento, al di là della falsità insomma, la rivoluzione è sia un atto violento (e come tale per niente piacevole), sia un atto liberatorio, sia infine un atto di grande maturità politica.

La violenza: se fosse possibile convincere i capitalisti della bontà delle nostre idee, noi saremmo non-violenti; ma proprio perché noi vogliamo abolire ogni tipo di violenza, siamo contro la violenza di questa società e sentiamo la necessità di difenderci quando questa ci attacca e vogliamo distruggerla quando ci sarà possibile. La violenza, però, è e rimane un metodo necessario che noi siamo costretti a scegliere e non è, né deve mai essere giudicata giusta o sbagliata al di fuori dei "contenuti" che la motivano. La violenza è giusta solo se le ragioni per cui nasce ed il fine a cui tende sono giusti.

E' necessario diffidare sia di coloro che preferiscono lasciar soffrire i deboli pur di non usare una violenza considerata negativa in astratto, sia di coloro che preferiscono utilizzare la violenza anche quando in altro modo e con più giustezza si potrebbe risolvere un problema.

E' necessario ricordare che la fine del periodo di transizione deve essere la fine -PER SEMPRE- di ogni forma di violenza, altrimenti la società che ne è uscita fuori non può chiamarsi socialista ed è opportuno ricordare che ogni forma di violenza inutile o ingiustificata non farà altro che ritardare il momento in cui l'umanità si riconoscerà libera; libera soprattutto dalla violenza di chiunque.

Un atto liberatorio: la rivoluzione è liberatoria di un passato infamante della storia degli esseri umani. Come tale oltre che violenta essa è un fatto gioioso e vitale. Perché sia un atto liberatorio è necessario che sia il frutto di una volontà di cambiare oltre che di distruggere; essa non è solo un atto di ribellione ma anche un atto di liberazione e di ricostruzione. Il fatto rivoluzionario oltre che rabbioso deve essere cosciente della sua funzione di progresso nella strada verso la libertà di tutti gli esseri umani sia in quanto individui che in quanto collettività. La nuova società sarà liberatoria non solo per chi nella fase storica precedente è stato uno sfruttato, ma anche per chi per motivi economici e sociali non ne sentiva la necessità. Costoro devono essere conquistati dalla forza liberatoria delle nuove idee sociali, e la forza liberatoria delle idee di fratellanza e solidarietà sarà l'unica arma contro il vizio della violenza e la paura dell'avvenire.

La liberazione dall'oppressione si deve tradurre nella ricostruzione sociale e su questa strada anche chi nella fase violenta è stato abbattuto e calpestato deve essere risollevato dai suoi stessi nemici e, al pari degli altri con gli stessi diritti e doveri, deve contribuire alla vittoria della giustizia e della nuova umanità senza più divisioni in classi.

Un atto di maturità politica: senza grande coscienza politica dell'atto che si sta compiendo non ci può essere transizione alla società comunista. La rivoluzione non può quindi nascere soltanto da un atto di rabbia; in questo caso parleremmo di rivolta; la rivolta può essere causa di una rivoluzione solo se a questa si affianca la volontà di arrivare ad un fine.

Il desiderio e l'istinto per una società completamente diversa non è un fatto borghese né un concetto filosofico, bensì è un indice di maturità politica.

Motivare un atto, quale è la rivoluzione, solo partendo dall'analisi delle cause immediate che la provocano, significa relegare l'analisi materialistica della realtà sullo stesso piano dell'analisi dei fenomeni fisici i cui effetti possono essere previsti soltanto sulla base di altri fenomeni fisici precedenti.

Se è vero che la rivoluzione è un fatto economico è anche vero che le motivazioni che spingono gli esseri umani e soprattutto gli sfruttati ad agire non sono solo motivazioni economiche.

L'atto rivoluzionario, in quanto atto compiuto da esseri umani in quanto tali, è un atto sia economico sia sociale, cioè un atto determinato sia da cause economiche (e dal desiderio di cambiarle) sia da cause sociali ( e dal desiderio di costruire nuovi rapporti sociali fra gli esseri umani).

La nostra azione di chiarificazione sul concetto, troppo spesso distorto e bistrattato, di rivoluzione e la nostra concezione della rivoluzione non deve mai prescindere dal fatto che la spinta alla rivoluzione è anche una spinta alla giustizia sociale, alla realizzazione di valori diametralmente opposti a quelli e esistenti in questa società, quindi oggi inesistenti nella realtà, vivi solo nel ricordo di passate esperienze rivoluzionarie e nella volontà di un futuro diverso.

L'idea di una società del tutto nuova e diversa rispetto all'attuale, che noi oggi possiamo e dobbiamo immaginare e che sarà costruita dalla rivoluzione, non è un fattore disprezzabile, ma è un atto di elevatissima coscienza politica, che deve assolutamente qualificare un atto di rivolta violenta, altrimenti non si potrà mai parlare di rivoluzione socialista.

La coscienza politica dei rivoluzionari, in conclusione, non è la coscienza di quella politica che si è costretti a fare in una società borghese, ma la coscienza ed il desiderio, sereno e sofferto, della nuova società, di un ordine sociale e morale non esistenti oggi, ma interamente da costruire.

IL PERIODO DI TRANSIZIONE

Il periodo di transizione ha due problemi fondamentali: la sconfitta militare della borghesia e la costruzione della società senza classi. Questi due problemi coesistono ed interagiscono sin dal primo momento dell'innesto del processo rivoluzionario, ma possiamo distinguere una prima fase durante la quale il problema centrale da risolvere sarà il primo, ed una seconda in cui il problema sarà il secondo.

Prima c'è il capitalismo, dopo c'è il comunismo.

Il passaggio dal capitalismo al periodo di transizione avviene in seguito ad una insurrezione; se è vero che per avviare il periodo di transizione si deve verificare una insurrezione, non è vero il contrario: cioè che ogni insurrezione inneschi un periodo di transizione. Inoltre bisogna aggiungere che è da considerarsi sbagliata e deleteria una strategia di fondo che consideri l'insurrezione come metodo in sé per avvicinare e preparare il periodo di transizione; invece bisogna considerare l'insurrezione solo come il momento di innesto della prima fase del periodo di transizione.

In sostanza, quello che qui importa chiarire è che l'organizzazione di specifico dei comunisti-anarchici dovendosi "muovere" in modo diverso quando inizia il periodo di transizione, deve attentamente analizzare ogni insurrezione e predisporre i diversi comportamenti a seconda che questa sia considerata una insurrezione destinata a rimanere tale, oppure una insurrezione destinata ad innescare il periodo di transizione. E' infatti oltremodo importante che l'organizzazione di specifico sopravviva alle insurrezioni e non immoli se stessa in ogni insurrezione.

Il criterio di strategia di fondo che ci deve essere di base a tutti i casi che ci possono capitare (tenendo conto che non è ipotizzabile realisticamente una fase di transizione innescata su tutto il pianeta Terra, ma che avrà dei territori di inizio) è quello di socializzare su tutti i territori elementi di continuità, tramite l'organizzazione di massa e specifica internazionale. E' errato pensare una difesa della transizione o un suo completamento su ambiti territoriali limitati, per cui è errato credere di potersi contrapporre alle forze internazionali della controrivoluzione concentrando le forze e le esperienze rivoluzionarie nel territorio dove è iniziata la transizione, ma bisogna fare l'esatto contrario, cioè attuare una strategia politica locale tesa a questa socializzazione internazionale, puntando evidentemente a scompaginare i punti di forza internazionali della controrivoluzione.

In pratica bisogna essere in grado di agire sia nel caso, troppo spesso sottovalutato e dimenticato, che il periodo di transizione inizi fuori del nostro paese, sia nel caso che inizi nel nostro paese.

Inizio nel nostro paese

In questo caso l'atto insurrezionale potrebbe nascere secondo le ipotesi possibili:

1) da un colpo di stato della destra a cui tutta la sinistra risponde con una compatta azione di forza che travalichi la necessità di ricostruire lo status quo preesistente e che si indirizzi verso la strada di un nuovo tipo di società;

2) da una vittoria elettorale della sinistra riformista cui consegua, per autonoma decisione dei comitati di base delle fabbriche, dei quartieri, delle scuole, una azione diretta delle masse tesa ad ottenere in parte legalmente, in parte con la forza tutto quello che i "socialisti" considerano giusto;

3) da uno sciopero generale e radicalizzato sostenuto e promosso dalle forze radicali contro una socialdemocrazia incapace di distribuire la ricchezza del paese e di mantenere la giustizia sociale.

Inizio fuori del nostro paese

In questo caso la rivolta del proletariato oppresso dagli imperialismi provocherà uno stato di precario equilibrio economico. Nel momento in cui una zona sfruttata cesserà di esserlo, i paesi sfruttatori dovranno ridurre i consumi interni ed accentuare lo sfruttamento delle classi più deboli. Si tratterà a questo punto di appoggiare in tutti i modi la lotta dei paesi oppressi e di impedire che all'interno del nostro paese passi la strategia dell'inasprimento dello sfruttamento con una difesa a oltranza delle condizioni economiche della classe lavoratrice.

Sarà questo il punto di inizio della nostra lotta che in un secondo momento dovrà tendere a trasformare le strutture di gestione politica del nostro paese, tentando di trasformare ogni sciopero in una insurrezione ed ogni insurrezione in una rivoluzione.

L'inizio del periodo di transizione, cioè la distruzione di un potere politico in grado di dirigere senza grossi problemi la politica, l'economia e l'ideologia di una società è però soltanto la MESSA IN DISCUSSIONE di un preciso tipo di potere, storicamente definito e collegato ad una classe di persone ben precise.

A questo punto, in una situazione di acutizzazione dello scontro tra vecchio potere che vuole riconquistare il terreno perduto e classi oppresse che vogliono impedirlo, nasce un nuovo scontro: quello fra coloro che vogliono costruire un nuovo potere con l'appoggio delle classi oppresse e coloro che vogliono abolire il potere sminuzzandolo in tante fette: una per ogni essere umano.

E' necessario quindi, per continuare ad essere comunisti-anarchici durante il periodo di transizione, considerare nostri nemici sia la borghesia sia la burocrazia ed i quadri dei partiti marxisti-leninisti. La storia ci ha confermato indiscutibilmente questa necessità.

Ora, dopo aver distinto due nemici: il vecchio potere ed i sostenitori del nuovo potere, è necessario precisare che nella prima fase del periodo di transizione (quella insurrezionale) il nemico principale è la borghesia per cui noi ci troveremo a solidarizzare con i marxisti-leninisti. A questo punto è necessario che la nostra solidarietà con chi combatte il nostro stesso nemico sia esclusivamente militare ed abbia come necessità imprenscindibile ed assoluta la conservazione dell'autonomia di tutte le strutture comuniste-anarchiche e la distinzione netta di queste da quelle dei nostri alleati-nemici.

La distinzione fisica, politica ed ideologica fra i comunisti-anarchici e gli altri deve essere netta e noi dobbiamo essere sempre pronti non solo a difenderci ma addirittura -ove fosse necessario- ad attaccare i nostri alleati qualora questi minacciassero di fatto la nostra esistenza fisica, politica ed ideologica.

Nella prima fase del periodo di transizione noi ci considereremo vincitori se avremo sconfitto la borghesia e non saremo stati distrutti o ridotti all'impotenza dai marxisti-leninisti, e dobbiamo sapere bene che in questo primo periodo quello che conterà non sarà la lotta ideologica (il cui terreno ci è favorevole) ma sarà quasi esclusivamente la lotta militare e su questo terreno quello che conta non è l'ideologia, ma la FORZA ed il numero!

Nella seconda fase del periodo di transizione (quella di costruzione della società socialista) le cose saranno molto diverse rispetto alla prima fase.

La lotta contro i sostenitori dello Stato (inteso come apparato di direzione e di controllo delle funzioni di una intera società) pur rimanendo anche un fatto militare, sarà essenzialmente un fatto politico legato più alla capacità che le nostre idee avranno di radicarsi nelle persone che non alla nostra capacità di reggere uno scontro militare.

Il comunismo-anarchico non si può applicare con la forza (anche se si deve difendere con la forza) ed allora noi ci sforzeremo in questa fase di convincere gli incerti della giustezza delle nostre cose, sia con la pratica delle nostre realizzazioni concrete che con la discussione della nostra ideologia.

Dovremo permettere a tutti di sperimentare e di sbagliare (purché non ci combattano) e dovremo accogliere fra le nostre fila i nemici che si sono ricreduti (ex-borghesi o ex-marxisti leninisti) senza mai costringere alcuno con la forza a comportarsi come noi vorremmo, ma aspettando con calma che ciascuno si convinca a poco a poco di quello che la società intera realizzerà.

Se questo avverrà, il socialismo nascerà dalla realtà stessa dei rapporti umani spontanei e dai rapporti economici naturali e così si costruirà a poco a poco l'ideologia socialista.

L'ultimo atto che noi oggi possiamo e dobbiamo prevedere è l'abolizione della nostra stessa forza militare. Essa probabilmente avverrà naturalmente, ma la sua estinzione, quando si tratterà di costituirla, dovrà essere ben precisata e prevista tanto quanto lo sarà la sua costruzione.

Dopo di questo ci sarà la nuova società. Nessuna classe e quindi nessun antagonismo di classe e, forse i nuovi problemi che l'umanità, finalmente liberata dall'oppressione, si troverà ad affrontare.

L'ORGANIZZAZIONE DI SPECIFICO DURANTE IL PERIODO DI TRANSIZIONE

Il periodo di transizione rappresenta il banco di prova definitivo, la verifica inappellabile della nostra teoria e della nostra strategia a patto però che la nostra tattica non sia sbagliata e che i rapporti di forza non siamo per noi nettamente sfavorevoli.

In ogni caso nessuno può dire quello che succederà nel periodo di transizione e quindi nessuno può prevedere cose precise.

Le caratteristiche economiche, sociali che contraddistingueranno quel periodo storico non sono né prevedibili né ipotizzabili sul piano della razionalità e della scientificità, inoltre è inopportuno fare previsioni precise per non incorrere nell'errore di precedere la realtà con una previsione che non può essere che pura ideologia o teoria.

Un fatto però è certo: se il nostro comunismo-anarchico è giusto, le cose andranno secondo i nostri desideri, se è sbagliato, chissà cosa avverrà.

Due cose possono invalidare questo concetto:

  1. il commettere gravi errori tattici
  2. dei rapporti di forza per noi nettamente sfavorevoli

Se il movimento di tutti i rivoluzionari e/o la nostra organizzazione commetteranno degli errori tattici, se i rapporti di forza all'interno delle forze rivoluzionarie saranno a noi sfavorevoli, il compito che ci aspetta è prima di tutto quello di tentare con tutte le forze di opporsi agli errori e di ribaltare i rapporti di forza, ma è anche necessario definire, sin da ora, un'altra possibilità che l'esperienza storica dei comunisti-anarchici in Russia e in Spagna ci indica come importantissima, e cioè quella di preparare ed organizzare, durante il periodo di transizione, un piano organico (da mettere in atto qualora la rivoluzione libertaria sia sconfitta) per la sopravvivenza dell'organizzazione di specifico e di massa.

La Russia e la Spagna ci hanno dimostrato che quando è in atto un processo rivoluzionario non sempre, nonostante l'entusiasmo e la fiducia, gli anarchici hanno la possibilità di esprimersi completamente, e pur considerando gli errori soggettivi degli anarchici, è bene ricordare che in Russia ciò è avvenuto anche perché gli anarchici avevano rapporti di forza sfavorevoli rispetto ai leninisti, e che in Spagna ciò è avvenuto perché sul piano politico e militare i rivoluzionari commisero molti errori tattici.

Quanto è successo ci deve insegnare che noi dobbiamo essere pronti alla sconfitta quando inizia il periodo di transizione, dobbiamo essere pronti a ritirarci subendo il minor numero possibile di perdite, a riorganizzarci ed a riattaccare, cominciando in qualche altra parte del mondo, in un altro momento, la lotta di sempre; perché non è necessario ma è anzi dannoso immolarsi tutti ed è bene che tutti i militanti dell'organizzazione di specifico sappiano che, qualora in una nazione i comunisti-anarchici siano sconfitti, in altre 300 nazioni i comunisti-anarchici stanno per iniziare la stessa battaglia e devono utilizzare e far tesoro di tutte quelle esperienze e quelle acquisizioni che le sconfitte -forse più delle vittorie- riescono a dare.

IL PRIMO COMPITO DELL'ORGANIZZAZIONE DI SPECIFICO DURANTE IL PERIODO DI TRANSIZIONE E' QUELLO DI PREVEDERE ED ORGANIZZARE LA RITIRATA E LA SCONFITTA.

A questo punto, nell'accertata impossibilità di prevedere cosa succederà, dopo aver previsto il peggio, ci tocca definire tutti i punti fermi su cui possiamo a priori basarci durante il periodo di transizione, perché se è vero che non possiamo prevedere niente, è anche vero che, volgendo lo sguardo alla storia, siamo in condizioni di darci quegli strumenti di conoscenza e di organizzazione che ci permettono di non ricommettere gli stessi errori delle altre volte.

Nel periodo di transizione l'organizzazione di specifico si trova di fronte a due necessità: la prima è quella di esistere e rafforzarsi per poter portare avanti il più efficacemente possibile le sue idee comuniste-anarchiche; la seconda è quella di indebolirsi per poi non esistere più essendo la sua esistenza incompatibile con quella di una società in cui non esistono più i conflitti di classe.

Da una parte, quindi, deve rafforzarsi, dall'altra, proprio se questo avviene, deve cessare di esistere.

Per chiarire questo apparente paradosso, è necessario fare riferimento alla due fasi del periodo di transizione; e cioè alla prima fase, quella in cui si acutizza lo scontro di classe, durante la quale l'organizzazione di specifico deve non solo rafforzarsi ma anche possedere una forma "militare"; e poi alla seconda fase, quella in cui si realizza il riassorbimento dell'antagonismo di classe, la quale è resa possibile anche dal rafforzamento dell'organizzazione, ma durante la quale è necessario che l'organizzazione di specifico, terminato il suo compito, si sciolga e si estingua.

Perché l'estinzione dell'organizzazione di specifico non sia una vana illusione e perché quell'organismo che noi stessi abbiamo costruito non diventi un impedimento alla realizzazione delle nostre aspirazioni e cioè della società senza classi e senza potere, è necessario definire con estrema chiarezza e semplicità sia come deve rafforzarsi l'organizzazione di specifico senza che in questo modo diventi un organo di potere, sia come deve essere possibile che essa, per sua natura, si estingua.

Nella prima fase del periodo di transizione, l'organizzazione di specifico deve fare quello che ha sempre fatto, e cioè:

  1. riportare nelle lotte dell'oggi quella che è l'esperienza delle lotte del passato;
  2. fungere da sede di confronto, di dibattito e di collegamento fra i suoi militanti;
  3. fungere da polo di aggregazione per tutti i nuovi militanti che nell'ultima fase dello scontro di classe certamente molto numerosi si avvicineranno alla nostra organizzazione e che dovranno con grande accortezza essere selezionati, informati ed aggregati al resto dei militanti;
  4. fungere da centro di dibattito per tutti i problemi che potranno sorgere ed indicare chiaramente e con il massimo di propaganda la propria tattica e soprattutto denunciare e combattere tutti gli errori che in questo periodo molti commetteranno.
  5. indicare chiaramente le alleanze e gli alleati possibili per sostenerli senza riserve ed indicare altrettanto chiaramente a tutti coloro che ci vorranno sentire i nemici, per combatterli con tutti i mezzi;
  6. sostenere e partecipare allo scontro militare contro la borghesia e tutti coloro che tenteranno di imporre ai rivoluzionari trionfanti o uno Stato (sia pure democratico) o una dittatura (sia pure proletaria).

Se ora prendiamo in considerazione tutti i punti tranne gli ultimi due, possiamo facilmente renderci conto che man mano che le condizioni sociali e politiche cambiano (e cioè nella seconda fase), viene sempre più a cadere la necessità di avere, distinta dal resto della società, un luogo (quale è appunto l'organizzazione di specifico) in cui sia possibile trattare certi temi; in pratica la società stessa, man mano che cambia, può diventare "la assemblea" a cui riportare tutte le decisioni e le proposte.

Questo significa che NATURALMENTE e per motivi oggettivi, tutti i cittadini (compresi i militanti dell'organizzazione di specifico) si troveranno di fatto a dover svolgere le funzioni dell'organizzazione di specifico.

Ciò è possibile però solo a patto che non ci siano nemici (borghesi o sostenitori dello Stato organizzati) che combattono questa nuova democrazia; cioè solo a patto che si entri in un secondo periodo della fase di transizione.

Per quanto riguarda gli ultimi due punti (E ed F) il problema sarà affrontato nel paragrafo relativo alla questione militare.

A conclusione della funzione dell'organizzazione di specifico nel periodo di transizione, possiamo ipotizzare una possibilità tecnica di estinzione dell'organizzazione di specifico: a mano a mano che i problemi costruttivi prenderanno il sopravvento su quelli della lotta, i militanti dell'organizzazione di specifico si troveranno a militare sempre più quasi esclusivamente nei propri luoghi di lavoro, nell'ambito delle strutture della nuova società, ed allora in un momento ben preciso sarà possibile che un congresso della organizzazione di specifico dichiari la dissoluzione sua nelle nuove strutture, quando queste saranno in grado di coordinare tutti o quasi i problemi dell'intera società.

SULLA QUESTIONE MILITARE

Una volta iniziata la transizione, mentre si fa urgente l'opera di costruzione sociale, coesistono ancora distinte l'organizzazione di massa e quella di specifico comunista-anarchica.

Dal punto di vista dei nemici, ci troviamo di fronte a varie possibilità:

Questo sembra un fatto oggettivo dimostrato dalla storia.

L'organizzazione di specifico svolge ancora un suo compito specifico per un periodo di tempo di durata non prevedibile. Il problema della difesa si incentra quindi sui seguenti punti:

  1. difesa delle strutture dell'organizzazione comunista-anarchica, per poter sussistere come organizzazione politica;
  2. difesa delle strutture dell'organizzazione di massa, senza le quali crollerebbe la stessa costruzione sociale rivoluzionaria;
  3. difesa dell'opera, delle realizzazioni dell'organizzazione di massa, come difesa della stessa società rivoluzionaria.

Per quanto riguarda il primo punto va chiarito che:

Stando così le cose, le possibilità di deviazioni politiche dell'apparato di difesa che si verrebbe a creare, sono strettamente legate alla sua organizzazione tecnica e alle possibilità di involuzione dell'organizzazione di specifico.

Per quanto riguarda il secondo e terzo punto, si tratta di un compito specifico dell'apparato militare dell'organizzazione di massa, il cui scopo è appunto quello di difendere l'opera ed il rafforzarsi del proletariato libertario e rivoluzionario.

Questo apparato deve dipendere dalle strutture decisionali normali dell'organizzazione di massa, con un legame intransigente ai suoi principi libertari. Anche qui esistono, da parte dell'apparato militare, rischi di separazione ed assunzione della direzione della stessa organizzazione di massa.

Un problema specifico di questa difesa riguarda la possibilità che, nelle varie zone, esisterà sempre un'area di persone che, pur non componendo regolarmente l'organizzazione di massa, decideranno di offrire la loro opera militare per la difesa della rivoluzione sociale. Questo fenomeno assumerà per forza grosse dimensioni perché l'organizzazione di massa, in questo periodo, crescerà a vista d'occhio. Per far sì che cresca correttamente anche il suo apparato militare, bisogna puntare su due fattori:

  1. l'intransigenza sui principi libertari nel controllo e nella gestione dell'esercito;
  2. una grossa elasticità nelle strutture di reclutamento di nuove forze e nel coordinamento delle unità combattenti delle varie zone.

Questi punti sono vitali.

Sorgono ora i problemi dei rapporti militari fra militanti comunisti-anarchici e militanti di massa:

  1. i militanti comunisti-anarchici componenti naturali degli organismi d massa devono agire come tali nelle strutture militari dell'organizzazione di massa e distinguersi nella difesa intransigente dei principi libertari e nella soluzione di tutti i problemi pratici connessi alla loro affermazione. Mai però dovranno usare le proprie forze specifiche per azioni contrarie ed autonome dal coordinamento unitario, che non siano pura difesa dell'esistenza (mai difesa militare della linea politica) dell'organizzazione di specifico stessa.
  2. Può l'organizzazione di specifico lanciare mobilitazioni militari contro nemici politici grossi (formazione di dittature proletarie, nuova polizia, ecc.)?

Se l'organizzazione comunista-anarchica ritiene che si stiano formando nemici politici della intera rivoluzione, prima che risulti immediata ed evidente la loro pericolosità per la costruzione degli organismi di massa, può e deve fare qualcosa! Se questi pericolosi nemici non sono solo ostacoli alla pura e semplice esistenza dell'organizzazione specifica, i militanti organizzati devono poter suscitare una risposta militare che vada oltre il solo "servizio d'ordine" della loro organizzazione.

In tal caso l'organizzazione di specifico può e deve fare una proposta di alleanza a tutti gli altri militanti ed organizzazioni comuniste-anarchiche ed alle organizzazioni di massa. Ognuno può aderire o no a questa proposta.

Se sì, il coordinamento militare unitario deve formarsi su presupposti molto rigidi e precisi, indirizzando l'azione militare in modi politicamente precisi ed univoci ad uno scopo preciso (abbattimento della dittatura, ecc.) e basta.

Se no, l'organizzazione di specifico deve fare una delicatissima valutazione: rinunciare alla mobilitazione o prendere l'iniziativa in prima persona come organizzazione di specifico.

Attaccare strutture statali e poliziesche autoritarie non è, in nessun caso, nocivo all'autonomia dell'organizzazione di massa; l'organizzazione comunista-anarchica deve proporre alle masse di combattere questi nemici politici, accettando un programma ed una struttura militari proposte dalla stessa organizzazione specifica. Se la causa è giusta e necessaria si uniranno alla lotta anche quegli organismi di massa e quei militanti anarchici di altre tendenze che all'inizio erano indecisi (in tal caso si punterà, appena possibile, ad un coordinamento militare unitario e paritetico fra tutte le forze partecipanti, sempre a condizione di programmi e strutture comuniste-libertarie precisamente).

Mai ci stanchiamo di dire che questo tipo di lotta militare dura fino al raggiungimento dell'obbiettivo preciso che aveva, e viene condotto con strutture militari libertarie.

IL COMPITO DELL'ORGANIZZAZIONE DI MASSA

Uno dei compiti dell'organizzazione di specifico prima del periodo di transizione è quello di "ricordare" ai libertari che formano l'organizzazione di massa che lo scopo della lotta di classe è la rivoluzione; una volta che questa è avvenuta, l'organizzazione di massa deve essere in grado di trasformare in un solo giorno le sue funzioni, e da organismo di lotta economica contro i capitalisti deve trasformarsi in organismo per il coordinamento della produzione e distribuzione per i socialisti.

Questo sarà possibile grazie al fatto che la struttura organizzativa libertaria dell'organizzazione di massa non è per sua natura legata ad una funzione ben precisa, ma essendo basata sul principio dell'autodeterminazione delle scelte politiche e pratiche, basterà la volontà cosciente dei suoi componenti per trasformare l'organizzazione di massa da sindacato nel sistema capitalista a struttura portante della produzione e della distribuzione del sistema socialista.

Questo significa espropriazione e contemporaneamente riappropriazione dei mezzi di produzione.

Il primo giorno della rivoluzione questo metodo porterà a produrre in una società socialista le stesse merci che si producevano nella società capitalistica.

La differenza riguarderà soprattutto l'industria della distribuzione, in quanto a questa toccherà farsi carico di applicare immediatamente un principio (a ciascuno secondo i propri bisogni) completamente opposto a quello (a ciascuno secondo le proprie possibilità economiche) prima vigente.

Toccherà poi a ciascuna unità produttiva porsi col tempo sia il problema della diminuzione del lavoro che quello della riconversione dell'industria per poter applicare infine il principio "da ciascuno secondo le proprie possibilità".

L'autogestione della programmazione, della produzione e della distribuzione dei beni della società si attuerà attraverso i canali decisionali dell'organizzazione di massa, così che col tempo la società intera potrà adeguarsi alle proprie esigenze, mentre una cosa da attuare immediatamente è l'autogestione, in quanto non si deve lasciare a nessuno neanche un minino spazio decisionale in quanto questo potrebbe produrre una qualsiasi strutture dirigente.

Per raggiungere questo obiettivo l'organizzazione di massa dovrà assumersi, con grande chiarezza e capacità, tutti i compiti decisionali della società e dovrà essere capace di autodifendersi, a maggior ragione perché la battaglia politica e militare sarà violentissima, sia per gli attacchi all'autonomia degli organismi di massa, sia per la lotta fra organizzazioni di specifico.

Non possiamo naturalmente prevedere le caratteristiche che questo processo assumerà; non possiamo prevedere errori né dare indicazioni: rapporti di forze, maturità delle masse, tensioni sociali e politiche, necessità pratiche, situazioni internazionali, sono imprevedibili; l'unico dato certo è questo: dimostrare in un solo quartiere, in una sola fabbrica che l'autogoverno è possibile, significa innescare un processo irreversibile che solo la sconfitta militare può bloccare, e d'altra parte nessuna vittoria militare, da sola, può rendere possibile questo processo, in quanto se chi vince trova gli spazi decisionali, se ne approprierà con la forza.

L'organizzazione sociale sarà impostata sulla partecipazione collettiva alle decisioni politiche e sulla delega revocabile per i rappresentanti che necessariamente ogni fabbrica, ogni quartiere dovrà avere.

L'organizzazione di massa libertaria dovrà conservarsi come tale, cioè distinta dalla società e dalle altre organizzazioni di massa, per tutta la prima parte del periodo di transizione, e in essa vi entreranno solo coloro che volontariamente e coscientemente ne approveranno l'azione.

Ciascuno dovrà decidere liberamente di fare parte dell'organizzazione di massa e sarà urgente e necessario che tutti abbiano la voglia e la possibilità di farne parte.

E' necessario, quindi, che l'organizzazione di massa si prenda il compito di educare e di informare, permettendo e sollecitando sia al suo interno che all'esterno quel dibattito ideologico (che in periodo di transizione diventa, per forza di cose, pratico) che, unico, può determinare la vittoria e la generalizzazione di una pratica sociale basata sulla proprietà collettiva dei beni di produzione e sulla partecipazione collettiva alla gestione delle cose pubbliche.

La vittoria del comunismo-anarchico sarà quindi la vittoria in questo grande dibattito delle cose giuste, ed è proprio questo il nostro supremo scopo: con il periodo di transizione, quando tutto verrà messo in discussione, noi otterremo quello che abbiamo sempre desiderato; la società intera si trasformerà in una grande assemblea che dovrà decidere del proprio futuro, e se riusciremo a fare in modo che non ci sia nessuna forza capace di imporre delle decisioni diverse da quelle delle idee giuste, noi, oggi, possiamo tranquillamente prevedere che tutto andrà per il meglio.

Nella seconda fase del periodo di transizione, la diminuzione dei contrasti di classe e la sconfitta quasi completa delle forze reazionarie daranno luogo ad un'esigenza generalizzata a tutta la popolazione di una vita più calma e serena.

A questo punto, con l'organizzazione di specifico vicina ad estinguersi, con una economia in fase di ristrutturazione, con una pratica dell'autogoverno oramai sperimentata, i problemi che si porranno ruoteranno essenzialmente attorno a due nodi politici:

  1. dare alla società una struttura organizzativa efficiente ed autogestita;
  2. eliminare i contrasti politici del periodo precedente in una reale unità politica.

Se da una parte la conservazione della società "liberata" dipenderà da se stessa, per cui possiamo dire che la soluzione del primo nodo dipende dalle capacità che avranno tutti i cittadini, d'altra parte la eliminazione dei contrasti politici dipenderà dalla capacità che avranno i compagni più coscienti e cioè i libertari, di realizzare concretamente una società in cui i conflitti siano sempre all'interno di una struttura comprensiva di tutti.

Fuori dalla società dovrebbero rimanere solo i relitti di quella precedente.

Perché ciò possa realizzarsi è necessario da una parte una maturazione della coscienza politica della società intera, dall'altra il superamento dell'organizzazione di massa come tale e la sua EVOLUZIONE nella società stessa.

In pratica dovrebbe avvenire la sintesi tra società ed organizzazione di massa, nel senso che contemporaneamente si dovrebbe assistere da una parte all'ingresso di tutti nella organizzazione di massa -il che significa in pratica che l'organizzazione di massa diventa organizzazione della società- e dall'altra alla dissoluzione dell'organizzazione di massa nella società e tutto questo dovrebbe avvenire sia per decisione cosciente che per evoluzione naturale della cose.

Questo dipenderà dal raggiungimento di una convinzione reale: che non esistono più interessi di parte, ma solo interessi collettivi.

A questo punto andare avanti con il ragionamento logico significa illustrare la società futura, perché aggiungere previsioni e convinzioni sul periodo di transizione significherebbe dimenticarsi -noi per primi- di una cosa fondamentale, e cioè che nessuno può e deve decidere per tutti gli altri, e in fondo il periodo di transizione è proprio il momento in cui "gli altri" decideranno senza che nessun potere ne prevarichi la libertà.

SUI RAPPORTI FRA ORGANIZZAZIONE DI SPECIFICO E ORGANIZZAZIONE DI MASSA

Nella prima fase di transizione vi sono due possibili fasi: una in cui, data per scontata la necessità che l'organizzazione di massa costruisca la nuova società, l'organizzazione di massa stessa non abbia chiarezza e forze necessarie per individuare e combattere da sola i suoi nemici politici; l'altra in cui l'organizzazione di massa abbia questa forza e chiarezza e diventi inesorabilmente il nuovo governo sociale in tutto e per tutto.

La durata della prima fase è determinata oggettivamente dalle possibilità dell'organizzazione di massa, dai nemici della rivoluzione, dall'organizzazione di specifico: essa può andare da zero a tempo considerevolmente lungo. L'organizzazione di specifico fin da prima della transizione si è adoperata per far crescere gli organismi di massa capaci di reggere un governo sociale rivoluzionario.

Nella prima fase della transizione l'organizzazione comunista-anarchica deve accentuare al massimo questa opera e nello stesso tempo deve agire contro i nemici della rivoluzione. Come farlo?

  1. combattere questi nemici non può essere nocivo alla crescita dell'organizzazione di massa, ma anzi preparare il terreno alla loro autonomia;
  2. l'organizzazione di specifico deve dare alle sue campagne politiche la massima incidenza e verifica di massa, nel senso del massimo coinvolgimento non solo di ampie masse, ma anche degli stessi organismi di massa, lasciando loro la libertà di decidere la loro posizione in base alla propria coscienza politica reale. Nella prima fase di transizione, l'organizzazione di specifico dovrà assumere l'iniziativa politica per chiarire e spiegare chi sono i nemici, per invitare tutti a combatterli insieme a lei.

Se l'organizzazione di specifico sbaglierà queste campagne (fughe in avanti, incomprensibilità, ecc.), se cercherà di imporre autoritariamente la sua linea alle masse (divenendo nemico a sua volta della rivoluzione), l'errore si vedrà nella scarsa partecipazione delle masse e nella sconfitta politica dell'organizzazione di specifico. Quindi:

  1. nella fase della transizione l'organizzazione di specifico deve avere più contatti possibili con l'organizzazione di massa in tutte le forme di lotta politica possibili, per darle possibilità di crescita;
  2. i militanti comunisti-anarchici componenti naturali degli organismi di massa devono far sì che ogni occasione di nuova crescita politica e strutturale degli organismi di massa deve trasformarsi in nuovi punti di programma, nuove strutture, nuove funzioni della stessa, come nuovo governo sociale, come sostituzione delle stesse funzioni dell'organizzazione di specifico;
  3. l'organizzazione di specifico deve continuamente incoraggiare l'organizzazione di massa ad assumersi quei compiti per cui va, via via, maturando chiarezza politica e capacità pratiche.

Questi tre punti sono di enorme importanza, richiedono grande equilibrio nel rapporto fra organizzazione di specifico e organizzazione di massa.

Come si vede, il gioco richiede grande equilibrio da parte di entrambe le organizzazioni, un equilibrio che non deve mai star fermo, ma andare avanti; un equilibrio che richiede una iniziativa continua da parte di ognuna delle due organizzazioni, senza prevaricazioni. Di fatto, nella prima fase della transizione, a noi militanti comunisti-anarchici è richiesta iniziativa politica e grande correttezza.

L'organizzazione di specifico può e deve svolgere il suo ruolo politico di chiarimento e spinta alla rivoluzione comunista-anarchica. Deve farlo soprattutto agendo come organizzazione politica, cioè con la continua lotta e propaganda.

Non deve avere falsi complessi. Una volta rispettata la correttezza nei rapporti con gli organismi di massa, l'organizzazione di specifico può e deve profondere tutte le sue energie nello smascherare i nemici, nel rilanciare campagne politiche, nel pungolare gli organismi di massa, nel proporre ai militanti sinceramente rivoluzionari azioni di difesa della rivoluzione e nel rilanciare ogni problema verso la soluzione, con energia, chiarezza, correttezza.

SUI PRINCIPALI PROBLEMI DI COSTRUZIONE DEL COMUNISMO-ANARCHICO

Il problema della nuova società è un problema che la Federazione dei Comunisti Anarchici deve necessariamente porsi a livello di strategia di fondo e non può eliminare per i seguenti motivi:

  1. perché noi abbiamo il compito di sintetizzare le sperimentazioni passate tentate dagli sfruttati nelle passate esperienze rivoluzionarie, individuandone i limiti e gli errori. Ed è questo patrimonio ad indicarci oggi gli assi portanti di una rivoluzione sociale e le caratteristiche di una società senza classi, che possiamo definire su termini molto più precisi, anche se non compiuti, di quanto abbiano potuto fare i rivoluzionari del passato. Ciò è tanto più importante oggi in quanto bisogna recuperare le motivazioni profonde del nostro essere rivoluzionari, quella tensione ideale o "pratica dell'immaginazione" o "pratica dell'utopia" come hanno detto alcuni compagni, e tutto ciò si riconduce nell'individuare in termini scientifici e il più possibile precisi, le possibili alternative alle strutture del dominio capitalistico, ai capisaldi della società capitalistica.
  2. Questo paragrafo ha anche una particolarità che non può essere "data una volta per tutte" come per le altre parti del documento, cioè non ci si può mettere una pietra sopra, ma ci deve essere un continuo lavoro di approfondimento e di ricerca sulle esperienze passate e sul definire i caratteri della sperimentazione attuale di cui facciamo parte.

Si tratta dei campi e dei contenuti su cui gli organismi di massa devono diventare capaci di gestire la nuova società. Sono quindi punti di riferimento base, fin da ora, per tutti i militanti comunisti-anarchici della nostra organizzazione. Su ognuno di questi punti dobbiamo distinguere quello che possiamo affermare con certezza fin da ora, da quello che deve invece essere argomento di dibattito teorico adesso, e pratico in una eventuale transizione rivoluzionaria.

a) Non dobbiamo avere come Strategia di Fondo i contenuti stessi della società (eventuale) libera, possiamo solo affermare dei principi base e riconoscere che, per applicarli ai nostri tempi, bisogna risolvere degli importanti problemi. Di questi problemi però siamo sicuri che:

b) Libertà sociale ed individuale.

La società comunista-anarchica è un progetto ed una realtà collettivi. Come tale ha il diritto di rapportarsi ad ogni singolo individuo. Questo rapporto non deve cadere in un errore: privilegiare la società (il sistema rispetto all'individuo). Non deve accadere che, costituita la cosiddetta società comunista-anarchica, essa diventi qualcosa che trascende i bisogni degli individui, una specie di dio che vive di per sé, anche a costo di sacrificare i bisogni degli esseri umani. Noi non lottiamo per la società comunista-anarchica, noi lottiamo per un accordo sociale fra gli esseri umani, che pensiamo debba risolvere l'attuale forma di sfruttamento e dell'autorità quale noi oggi la conosciamo. Se credessimo nel sistema comunista-anarchico come qualcosa di separato dai bisogni di tanti esseri umani, come qualcosa da realizzare di per sé, invece di un mezzo per risolvere i bisogni di tanti esseri umani senza opprimere alcuno, ci prepareremmo a diventare degli idealisti, dei pericolosi autoritari.

Può darsi che il comunismo-anarchico, una volta realizzato, si riveli solo una tappa verso la liberazione dell'umanità: per noi non sarà una sconfitta perché nostro scopo è (principalmente) la libertà umana e scopi strumentali, più o meno efficaci, sono questa o quella società.

Quindi la società comunista-anarchica ha il dovere di farsi capire, perché è un progetto fatto da altri esseri umani che per esso hanno lottato, e perché non può essere giudicato se non capito; ha il diritto di difendersi da chi l'ha capito e lo rifiuta per tornare alle strutture socialmente diseguali esistenti prima di esso; non ha il diritto di difendersi da chi, avendolo capito, non vuole tornare allo sfruttamento, ma pensa di andare ancora più avanti.

Ha il dovere di farsi capire.

E' il progetto di altri esseri umani, è una collettività di esseri umani che deve farsi capire da ogni altro essere umano che non sia già nemico consapevole e dichiarato.

Ha il diritto di difendersi.

Da chi gli vuole impedire di sopravvivere e farsi capire da altri. Questi nemici a noi interessa solo renderli inoffensivi alla vita della collettività comunista-anarchica.

Non ha il diritto di difendersi.

Da chi vivrà la nuova società come una tappa verso la liberazione e muoverà le sue critiche, non per tornare indietro a società che sapremo (e saprà) già sbagliate, ma per andare avanti sulla strada già intrapresa.

Da qui scaturiscono alcune linee di fondo:

c) socializzazione della ricchezza

Il comunismo subito: la legge del valore riguarda lo sfruttamento e non il socialismo. Il comunismo subito con la sua legge dei bisogni, subito con i suoi problemi perché li si possa risolvere. E problemi ce ne sono. Prima di tutto rendere operativa la legge dei bisogni.

Nessuna forma di ricchezza utilizzabile, sia per lo sviluppo del comunismo, sia per combatterlo, deve essere lasciata in mano alla borghesia di ogni colore.

Finchè non si raggiungerà tale potenza produttiva da soddisfare ogni bisogno di ogni persona, alcuni bisogni dovranno essere repressi.

Di qui un duplice problema: fare una graduatoria dei bisogni (chi la farà?), e poi, chi reprimerà certi bisogni? Questo è un grosso problema da risolvere nella transizione. Dibattiamone fin da ora. Strategicamente sappiamo che esiste e che è fondamentale; per il resto, dobbiamo iniziare e parlarne, a fare proposte, a valutarle, senza però pensare di risolvere tutto adesso e subito con quattro esperti a tavolino. Strategicamente diciamo che dobbiamo parlarne in maniera costruttiva ed inoltre che dobbiamo fare propaganda su questo.

La graduatoria dei bisogni, la scelta dei primari....., saranno problemi scientifici derivati da una momentanea situazione di relativa scarsità delle ricchezze. Ci sarà casino, dovremo lasciare intatti e funzionali più mezzi di produzione che ci sarà possibile. Questa scarsezza relativa non deriverà tanto dagli "incontentabili bisogni dell'uomo", quanto dalle distruzioni avvenute durante la guerra rivoluzionaria, dalle numerose trasformazioni fatte alle strutture produttive dagli stessi rivoluzionari per avere ad esempio più armi o più mezzi per fronteggiare una situazione di emergenza che, finito il gran casino, cesserà, ma soprattutto dalla scarsezza relativa per l'uso assurdo che la borghesia sta facendo ora delle forze produttive. Questo è rassicurante. Per gran parte si tratterà di fare conversioni, più case e meno chiese, più tram e meno macchine, ecc.

Importante è che tutti siano consapevoli di questo.

Sapendo queste cose, saremo tutti disposti a rinunciare a certe cose perché ci staremo preparando a soddisfazioni ancora più grandi. Ecco, il problema non sta tanto nel come fare la graduatoria dei bisogni, ma nel far sapere a tutti i termini reali e complessivi del problema. Su questa base, i problemi tecnici si ridimensionano, non pesano eccessivamente, si superano. Il mangiare tutti, pulire i mari, respirare tutti,....saranno nuovi valori economici. Lavorare a risolverli sarà lavorare a risolvere i nostri problemi collettivi e singoli. A questo punto tutti vorranno poter disporre della scienza.

d) Unione del lavoro manuale ed intellettuale

Che vuol dire? Stare mezz'ora a tavolino e mezz'ora a zappare? La soluzione è più complessa.

Il principio è che l'uso della forza-lavoro di ognuno non deve essere guidato da qualcuno che sta altrove rispetto a chi lavora. In ogni individuo ci deve essere la capacità di indirizzare, organizzare, controllare con la propria mente la propria forza-lavoro, la sua organizzazione. Tutti devono sapere e poter decidere come lavorare e perché. Questo il principio.

Si va oltre il discorso che non ci devono essere tecnici ed operai, si arriva alla fonte di questa divisione. Non ci deve essere un comando separato dal lavoro, chi comanda non deve usare il lavoro di altri per i suoi interessi.

Il primo passo per l'unione del lavoro manuale ed intellettuale è l'abolizione degli sfruttatori e degli sfruttati, di chi lavora e non sa perché, separato da chi invece indirizza il lavoro inconsapevole di altri per perseguire i suoi scopi.

Il secondo passo è la formazione scientifica appropriata di tutti. Questo è un problema di non facile soluzione. Ora si può dire che:

Ora si pone la domanda: è possibile arrivare a far sì che, nella pratica, non esistano persone che pensano più degli altri e fanno meno lavoro manuale, o viceversa?

I punti da seguire sono:

  1. eliminare, da ogni branca scientifica, quelle funzioni e quelle cognizioni che servono solo ad una società di classe, per tenere la scienza separata dai proletari, cioè cose che non servono allo scopo di finalizzare la scienza ai bisogni di tutti;
  2. vedere in che misura sono frantumabili queste cognizioni, a livello di massa, per arrivare quanto meno ad un controllo di massa sul loro uso;
  3. discutere realisticamente sul rapporto che i tecnici specifici di queste branche utili dovranno avere con gli organismi di massa, cioè con il governo sociale.

Questo discorso, come strategia di fondo, ci interessa solo nelle sue linee di fondo e nel come impostare i problemi. Riassumendo, i punti base rispetto alla riappropriazione del lavoro intellettuale sono:

e) Autogestione dei poteri

Stesso discorso di prima: i principi di base e le linee su cui affrontare i problemi principali. I principi di base è inutile riportarli perché sono ampiamente citati nella Teoria, nella Strategia di Fondo degli organismi di massa e in questo documento; sarebbe sufficiente ribadirli con maggiore precisione.

Però ai principi bisogna aggiungere i nodi da sciogliere per attuarli.

L'unico vero grosso problema è quello del funzionamento della democrazia reale. Funzionamento che comporta quattro aspetti: la coscienza di massa, la conoscenza e l'informazione, la funzionalità, la funzione dell'esecutivo e dei tecnici.

La COSCIENZA è la prima cosa. Coscienza di poter e dover decidere tutti. Se si inceppasse gravemente questo elemento, si incepperebbe la stessa democrazia rivoluzionaria. Noi già sappiamo che prima della transizione tutto il nostro lavoro politico sarà indirizzato, oltre che a costruire una forza rivoluzionaria, anche a costruire una coscienza sui contenuti della rivoluzione sociale (cioè sulla autogestione di massa dei poteri).

Malgrado questo, dobbiamo prevedere l'eventualità (molto probabile) che la transizione inizi con ancora grosse lacune da questo punto di vista. Allora si presenteranno due necessità:

La CONOSCENZA e l'INFORMAZIONE saranno necessariamente la base su cui i proletari prenderanno le loro decisioni. La conoscenza delle linee generali della materia su cui decidere, l'informazione costante ed aggiornata dei termini su cui decidere di volta in volta.

Senza di esse, le decisioni saranno falsate, non realizzabili e non idonee allo scopo; di fatto si verrebbero a creare pericolose situazioni di predominio dei tecnici. In questo campo, più che altrove, accanto all'azione di stimolo e propaganda esterni dell'organizzazione comunista-anarchica, dovrà esserci quella essenziale propaganda, stimolo e costruzione di strutture e mezzi adeguati, dell'organizzazione di massa.

La FUNZIONALITA' delle strutture di massa è conseguenza logica dei punti precedenti, Nell'organizzazione di massa, i compagni più coscienti dovranno sempre tenere presente e fare presente agli altri che la costruzione di strutture funzionali della democrazia di massa deve essere progettata in base alla esplicazione e crescita della coscienza autogestionaria, della conoscenza e dell'informazione.

Iniziata la prima fase della transizione, si tratterà di dare delle gambe, delle basi di funzionamento pratico ad un progetto di governo sociale che vince o perde in questa fase; che solo vincendo pone le basi per l'ingresso nella seconda fase della transizione al comunismo-anarchico.

SOLO LA VERIFICA dei punti precedenti può portare ad un corretto rapporto fra le decisioni di massa ed eventuali organi esecutivi e tecnico-consultivi.

Gli organi esecutivi dovranno funzionare secondo precise regole, stabilite dalle assemblee decisionali, riguardo al loro rapporto con gli organi assembleari decisionali.

Tutti sappiamo che il pericolo derivante da una concezione o soltanto da funzionalità errata di un esecutivo è grossissimo per le stesse sorti della rivoluzione: la Spagna insegna.....

Perciò, grande attenzione dell'organizzazione di massa, e grande vigilanza su quanto fa da parte dell'organizzazione comunista-anarchica.

LA NUOVA SOCIETA'

Prima del socialismo scientifico di Carlo Marx, tutto il socialismo è stato chiamato utopistico.

Per molti, scienza e tensione creativa per una nuova società sono concetti tra loro contrari e incompatibili.

Per noi comunisti-anarchici è giusto rifiutare quel socialismo che rifuggendo dall'analisi scientifica della realtà si rifugia nella descrizione idealistica di una società futura, ma è altrettanto giusto negare il valore assoluto a quel funesto concetto di marca stalinista per cui la futura società è frutto esclusivo delle forze economiche e sociali scientificamente esaminabili nella loro evoluzione storica.

Per tensione creativa per una nuova società intendiamo ciò che oggi non esiste, ma che è nei nostri desideri e che è giusto e possibile realizzare contro la volontà e la forza di chi non vuole realizzare niente di nuovo.

Per noi scienza e utopia non sono contrapposte ma diverse. La scienza non è mai un fatto distinto ed indipendente dalla volontà politica che, anzi, sempre ne determina il percorso e gli obbiettivi; la scienza, cioè le leggi della natura, sono scoperte per un MOTIVO, e sono usate per un altro MOTIVO. Se il motivo è l'utopia della società giusta o la volontà di mantenere una società ingiusta, questo dipende dagli essere umani.

Il nostro socialismo è quindi scientifico ed anche volontario, morale, creativo, fatto di analisi della realtà e di necessità politiche, ma anche di una volontà di raggiungere una società giusta che è nelle nostre possibilità.

Negare valore a questo fatto significa credere nella incapacità degli esseri umani a determinare se stessi e le collettività di cui fanno parte, mentre noi esaltiamo la capacità potenziale dell'intera umanità di saper determinare -scientificamente e non idealisticamente- il proprio futuro.

Per questo noi ora dobbiamo e possiamo parlare della società futura, o meglio delle caratteristiche principali che noi riteniamo debba avere, pur riconoscendo a questo discorso un grosso limite, e cioè l'impossibilità di dare valore assoluto al nostro discorso, vista l'imprevedibilità di quella che può essere la società che risulterà dalla liberazione della potenzialità creatrice degli esseri umani, una volta che questa capacità sia liberata dall'oppressione millenaria del potere.

Noi rivendichiamo, infine, la necessità e l'opportunità di dar spazio anche ad un dibattito politico su questa tensione volontaria, morale, creativa, perché questo dibattito trova la sua origine sia nei bisogni prettamente "economici" degli sfruttati, sia nei bisogni di ogni essere umano represso nella voglia di esprimersi completamente e liberamente nella società; quindi induce un dibattito sulla fragile impalcatura ideologica di questa società che è necessario distruggere completamente con i suoi tabù e le sue menzogne, prima, durante e forse anche dopo la vittoria politica e militare sul capitalismo e sul socialismo di stato.

Il concetto di società futura migliore, per i comunisti-anarchici, si identifica nel concetto di società libera; perché la libertà sia possibile, essa deve essere garantita da alcuni fatti oggettivi che possiamo elencare.

Prima di tutto è necessario che scompaia definitivamente la divisione dell'umanità in classi sociali ed economiche, cioè ogni arte e mestiere deve essere ugualmente rispettato e considerato. Il lavoro, qualunque esso sia, deve avere un'unica qualifica e cioè quella di essere tale, ed è necessario che ogni lavoratore svolga un lavoro, dal punto di vista qualitativo, equivalente a quello degli altri lavoratori.

Questo significa abolizione della distinzione tra lavoro manuale e lavoro intellettuale, e questo non deve avvenire con una legge che sancisce l'equivalenza tra le due cose, ma con una riorganizzazione della società che dia a ciascuno la possibilità di svolgere un lavoro sia manuale sia intellettuale affinché non avvenga che i lavoratori "intellettuali" abbiano il dominio della conoscenza, e quelli "manuali" il dominio della trasformazione della materia.

Bisogna abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, senza affidare la proprietà dei beni a nessun apparato statale, ma deve essere la collettività a garantire la socializzazione dei beni che non sono di uso personale, attraverso il costante controllo dei suoi stessi beni.

Perché ciò avvenga, è necessario che la gestione della vita politica e sociale della collettività sia realmente in saldo possesso di tutta la collettività, ed è solo questo che potrà garantire la difesa della libertà di ogni singolo, ed impedire la ricomparsa di nuove forme di potere.

Questo garantirà che l'economia e la politica dell'intera società saranno fatte a misura di chi le ha decise, e cioè dell'umanità, e non di una classe o di un partito.

Ultimo fatto: perché una società possa essere libera anche dalle necessità economiche occorre che la ricchezza in beni necessari ed indispensabili sia tale che sia possibile attuare il principio "DA CIASCUNO SECONDO LE PROPRIE CAPACITA', A CIASCUNO SECONDO I PROPRI BISOGNI". La attuazione pratica di questo principio ratificherà il raggiungimento, all'interno della società, di un rapporto nuovo fra gli esseri umani, fatto di solidarietà e non di invidia, di fratellanza e non di inimicizia.

Per concludere, in questa società noi vedremo la liberazione dell'individuo dalle oppressioni dei poteri e la sua partecipazione ed il suo riconoscersi, proprio in quanto individualità libera, in una collettività non oppressiva, ed è proprio questo il senso che bisogna dare alle parole di Bakunin: sarò veramente libero solo quando tutti gli altri saranno liberi; infatti una collettività non potrà mai permettere ai suoi componenti la libertà se anche uno solo dei suoi componenti non vi parteciperà con spirito libero.

Noi prevediamo una società di donne e uomini liberi, di giovani che conquistano la propria libertà con una educazione libera, di vecchi che vivono la propria età con la coscienza di aver vissuto una vita autentica; anche per questo noi oggi ci prodighiamo nella nostra lotta.

(documento assunto al 1° Congresso della FdCA del 1985)