RAPPORTI SOCIALI IN U.R.S.S.

 

I - LA RIVOLUZIONE NEL XX SECOLO

Troppo spesso, nelle analisi che fino ad oggi vengono fatte dei paesi dove un Partito Comunista (P.C.) ha preso il potere, è mancato un quadro di riferimento organico che inquadrasse, nel quadro delle tendenze del capitalismo mondiale, tali cambiamenti avvenuti in alcune zone del mondo.

Infatti, esistono delle caratteristiche comuni a tutte le rivoluzioni avvenute: dalla Rivoluzione d'Ottobre a quella cubana o vietnamita o in Angola.

Tali caratteristiche sono:

  1. paese con economia fortemente dipendente dall'estero;
  2. mancanza di una borghesia locale autonoma;
  3. rivoluzione portata avanti da un blocco sociale molto eterogeneo (operai, contadini, artigiani, intellettuali, commercianti);
  4. proletariato poco sviluppato;
  5. gli elementi di nazionalismo predominano su quelli di internazionalismo, caratteristica, quest'ultima, strettamente legata al ruolo del proletariato.

La presenza del proletariato, il suo apporto fondamentale, ha caratterizzato in senso socialista l'inizio di queste rivoluzioni, ma troppo spesso tale caratteristica è stata repressa sia soggettivamente, grazie agli apparati dei vari P.C., sia oggettivamente, dato il grado di sviluppo delle forze produttive e l'impossibilità, date le componenti sociali di tali rivoluzioni, di far prevalere gli interessi proletari sul piano economico e politico; data anche l'incapacità politica ed organizzativa sul piano internazionale del proletariato, per cui il proletariato dei paesi industriali non è riuscito a cogliere l'occasione di oggettiva rottura segnata da queste rivoluzioni (quella russa è esplicativa in tal senso), e la sconfitta sul piano interno è stata (come nel caso della Russia) preceduta dalla sconfitta sul piano internazionale.

Lo sviluppo di "vie nazionali" al socialismo che hanno subito tutte queste rivoluzioni o la caratteristica mistificante di "rivoluzioni dall'alto", così come il periodo di accumulazione capitalistica che segue alla presa del potere, sono caratteristiche che precisano fino in fondo il carattere di tali rivoluzioni "avvenute in periferia", le quali pur con aspetti diversi, l'una dall'altra, sono da considerare lotte di liberazione che le borghesie dei paesi dipendenti o subordinati conducono per uno sviluppo economico autonomo.

La mancanza di un rapporto giuridico di proprietà privata dei mezzi di produzione, che è la caratteristica del capitalismo classico, sostituita dalla proprietà nazionalizzata o statale, è dovuta al tipo di borghesia che guida tale processo, sostanzialmente diversa da quella classica e per interessi politici e per interessi economici.

Il proletariato, durante queste rivoluzioni, pur avendo partecipato attivamente, pur avendo a volte posto seriamente i propri interessi economici e politici come punto di riferimento per le trasformazioni sociali, è stato sempre o represso duramente oppure sconfitto sul piano politico.

Questo non solo per limiti interni, dovuti alle caratteristiche economico-sociali degli stessi paesi, o a limiti soggettivi (scarsa preparazione, mancanza di organizzazione, ecc.), ma soprattutto per l'esistenza di questi limiti sul piano internazionale.
Per cui, anche nei momenti in cui il proletariato interno è riuscito a porsi come momento di rottura rivoluzionaria, sul piano internazionale si è trovato di fronte tutta la borghesia mondiale da una parte e dall'altra un proletariato sostanzialmente impreparato, sul piano politico e militare, a sostenere tale lotta allargando il fronte rivoluzionario.

Il tale quadro complessivo, a nostro avviso, vanno collocate le rivoluzioni "socialiste" sino ad oggi avvenute e valutate. La Rivoluzione di Ottobre è stata la prima, in ordine di tempo, e l'unica a costituire, sul piano mondiale, un momento di rottura rivoluzionaria, anche per il periodo di profonda crisi economica e politica internazionale in cui avvenne.

 

II - LA RUSSIA NON VIVE LA "FASE DI TRANSIZIONE"

La Russia è stata contrabbandata, per diversi motivi, come paese socialista, cioè un paese che vive il periodo di transizione al comunismo. Non solo, ma è diventato il paese-guida (così come il P.C.U.S. è diventato il partito-guida) del movimento operaio internazionale, influenzato dai partiti riformisti legati, per ideologia e interessi, allo stato russo.

Tali concezioni sono cadute, a livello di massa, solo dopo il '68, con la ripresa delle lotte rivoluzionarie, le quali, da sole, sono state sufficienti a disgregare tutta l'ideologia di cui si erano ammantati i rapporti sociali presenti in U.R.S.S.

E' nella lotta per il comunismo nella società capitalistica che vengono definite le caratteristiche economiche e politiche della società di transizione, ed è di fronte a questa pratica corrente che le ideologie si smascherano; infatti, le esperienze rivoluzionarie del proletariato, la critica operaia al capitale, mostrano chiaramente quali debbano essere le caratteristiche di una società in transizione verso il comunismo. Noi sintetizziamo così tali caratteristiche:

  1. la realizzazione progressiva di una uguaglianza di potere e di reddito;
  2. l'obiettivo della rivoluzione internazionale come criterio determinante le scelte politiche.

Da queste due caratteristiche di fondo ne conseguono altre (milizia proletaria, potere diretto dei consigli operai) di cui la Comune di Parigi, i primi tempi della stessa rivoluzione d'Ottobre, la guerra civile spagnola e altre esperienze ancora, ne danno infiniti esempi.

Mancando queste caratteristiche, noi neghiamo che l'U.R.S.S. sia un paese socialista, cioè un "paese che marcia verso il comunismo" (come spesso lo chiamano i partiti che ad essa si ispirano).

Tali caratteristiche furono la premessa su cui nacque e si sviluppò nei primi anni la rivoluzione russa; la Russia attuale, invece, è nata e si è sviluppata sulle ceneri del potere dei soviet (e non stiamo qui ad analizzare tutte le cause, oggettive e soggettive, che determinarono tale fattore).

E' anche per questo motivo che l'ideologia di cui si ammanta la classe dominante russa si ispira direttamente alla teoria rivoluzionaria del proletariato, e mistificandone l'atto di nascita, come prosieguo di una rivoluzione proletaria, mentre in realtà è nata sulle sue ceneri, si è garantita per molto tempo l'egemonia sul movimento operaio mondiale.

Al di là di tutte le cause che possiamo trovare per capire la sconfitta della rivoluzione proletaria, possiamo affermare con estrema sicurezza che la Russia non è un "paese che marcia verso il comunismo".

 

III - I RAPPORTI DI PRODUZIONE IN U.R.S.S.

In Russia, dopo la rottura del '17-'18, la lotta di classe del proletariato ha subito una pesante sconfitta ad opera soprattutto dell'"intellighenzia e della burocrazia".

Durante la rivoluzione gli operai, come anche in molte zone i contadini poveri, i soldati e i marinai, avevano dato origine ai soviet, strumenti di gestione diretta dell'economia e delle scelte politiche, nonché numerosi comitati di fabbrica ed altri organismi di democrazia proletaria.

Tali strumenti sono indispensabili per il cambiamento dei rapporti di produzione, il che significa:

  1. proprietà sociale dei mezzi di produzione (il che non vuol dire statalizzazione o nazionalizzazione) e gestione collettiva, mediante gli organismi di democrazia proletaria;
  2. economia di piano: ciò significa che gli organismi di democrazia proletaria controllano e dirigono la produzione rispetto ai bisogni sociali. Con il piano di produzione sociale, diretto e controllato coscientemente dai lavoratori, categorie come salario, plus-valor, lavoro necessario e plus-lavoro perdono il loro carattere specifico capitalistico e mantengono i loro fondamenti comuni a tutti i modi di produzione sociale, e cioè:
    1. salario: parte del prodotto del lavoro operaio per i bisogni individuali; tale volume è determinato dallo sviluppo delle forze produttive esistenti da una parte, dall'altra dall'esigenza di sviluppo della personalità;
    2. plus-lavoro e plus-prodotto: sono ridotti alla misura richiesta nelle condizioni storiche determinate, da una parte per i fondi di assicurazione e riserva, dall'altra per l'allargamento continuo della riproduzione sia per nuovi bisogni sociali sia per l'aumento della popolazione;
    3. lavoro necessario e plus-lavoro: quantità di lavoro per soddisfare i bisogni di coloro che non possono più o ancora lavorare.
  3. Se esiste una effettiva gestione collettiva della produzione, necessariamente mutano nella fabbrica l'organizzazione del lavoro, il rapporto operaio-macchina e i rapporti sociali. L'operaio da sfruttato della macchina diventa sfruttatore della macchina, per cui tutti i lati capitalistici dell'uso della macchina e gli antagonismi che tale uso creava, tendono a scomparire. La disciplina del lavoro cui l'operaio è costretto nella fabbrica capitalistica viene a cadere, in quanto è l'operaio a determinare il lavoro, per cui tutte le funzioni di gendarmeria diventano superflue e i ritmi di lavoro, qualora si renda necessario aumentarli, saranno sempre determinati collettivamente.
  4. Scompariranno in questo modo anche tutte le forme di salario e si tenderà verso una eliminazione totale della sperequazione della retribuzione salariale.

Concludendo, il cambiamento dei rapporti di produzione è dato dalla possibilità di organizzare un nuovo tipo di gestione dell'economia, caratterizzato dalla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, mettendo così in moto un processo che porterà alla liberazione completa dell'attività umana da ogni vincolo di ordine economico.

"La effettiva ricchezza della società e la possibilità di un continuo allargamento di un suo processo di riproduzione non dipende quindi dalla durata del plus-lavoro, ma dalla sua produttività e dalle condizioni di produzione più o meno ampie nelle quali è eseguito (…)

Come il selvaggio deve lottare con la natura per soddisfare i suoi bisogni, per conservare e riprodurre la sua vita, così deve fare anche l'uomo civile e lo deve fare in tutte le forme della società e sotto tutti i possibili modi di produzione. A mano a mano che egli si sviluppa, il regno delle necessità naturali si espande, perché si espandono i suoi bisogni, ma al tempo stesso si espandono le forze produttive che soddisfano questi bisogni. La libertà in questo campo può consistere soltanto in ciò che l'uomo socializzato, cioè i produttori associati, regolano razionalmente questo ricambio organico con la natura, lo portano sotto il loro comune controllo, invece di essere da loro dominati, come da una forza cieca; che essi eseguano il loro compito con il minore impiego di energia e nelle condizioni più adeguate alla loro natura umana e più degne di essa.
Ma questo rimane sempre un regno della necessità. Al di là di esso comincia lo sviluppo delle capacità umane che è fine a se stesso, il vero regno della libertà, che tuttavia può fiorire soltanto sulle basi di quel regno delle necessità
". (Marx- Il Capitale).

Subito dopo il 1918-'19, inizia in Russia, più che questo processo, il processo inverso, del quale iniziatore e conduttore sino ad oggi (con tutte le sue trasformazioni) è il partito bolscevico, che attaccherà tutte le forme di democrazia proletaria e ,con tale attacco, eliminerà i germi sui quali sarebbe dovuto nascere una società socialista.

I Bolscevichi prima, tutti i burocrati dello stato e del partito poi, si trasformeranno in nuovi "funzionari del capitale", gestori dell'attacco del capitale contro il proletariato; e in tale attacco si è manifestato tutto il dispotismo razionalizzatore del tecnico, dell'intellettuale e della pianificazione economica capitalistica.

La proprietà sociale è diventata nazionalizzazione, l'organizzazione del lavoro è determinata dall'efficienza produttivistica; in fabbrica è ritornato il dispotismo dei capi e tutta la "gendarmeria" della fabbrica capitalistica; l'esercito permanente, strumento di repressione e di cattura violenta del consenso, è il vecchio strumento per i nuovi padroni; se la borghesia classica legittimava il suo potere con la proprietà privata dei mezzi di produzione e si dava lo Stato quale apparato di classe, la nuova borghesia è borghesia di stato e legittima il suo potere in quanto gestisce non più la sua proprietà ma tutta l'economia.

Non si può parlare della Russia come "degenerazione" o "revisionismo", ma bisogna risalire alle radici, a quel potere dispotico che è sorto sulle ceneri di una rivoluzione proletaria, i cui becchini sono stati i burocrati di bassa e alta tacca, al di là se questi hanno o no trovato terreno fertile per nascere e svilupparsi, nelle condizioni economiche e politiche della Russia e dell'Europa del 1920.

In Russia esistono rapporti di produzione capitalistici in quanto:

  1. non c'è nessuna differenza se la proprietà giuridica del capitale è in mano a privati, a società per azioni o allo Stato (come per la maggior parte delle industrie sovietiche);
  2. non fa differenza di come si chiami il plus-valore, se profitto, profitto sociale e profitto socialista, la sostanza non cambia;
  3. non c'è nessuna differenza tra lo sfruttamento con qualunque ideologia lo si voglia mascherare; l'appropriazione i plus-valore e della creatività del lavoro non è in fatto ideologico che si distrugge cambiando l'ideologia, ma si distrugge cambiando i rapporti sociali di produzione.

 

IV - NASCITA E SVILUPPO DELLA BORGHESIA DI STATO

Come abbiamo detto, la borghesia russa nasce sulle ceneri di una rivoluzione proletaria e coincide sin dall'inizio con i funzionari dello stato del partito, che detengono sin dall'inizio la struttura portante dell'economia.

Il rafforzamento di tale classe è avvenuto a due livelli, politico ed economico; tutto lo sviluppo dello stalinismo come ideologia e prassi è stata la mistificazione delle scelte economiche e ideologiche di cui la nuova classe si è ammantata: dall'organizzazione del consenso alla teorizzazione del socialismo in un solo paese, alla teoria dello sviluppo delle forze produttive, all'eguaglianza socialismo-sviluppo del capitale, sono solo mistificazioni ideologiche di scelte prettamente capitalistiche.

La fase di accumulazione, infatti, è stata la fase di più duro attacco alle condizioni di vita del proletariato: è in questo periodo che la burocrazia russa si conquista le premesse per avere un ruolo nel mercato mondiale, usando tutti i mezzi a disposizione e rafforzando il proprio potere dispotico. Tutti gli operai che si oppongono all'interno e all'esterno del partito vengono eliminati, le rivolte spontanee represse nel sangue; l'organizzazione del lavoro e il comando in fabbrica sono dei più dispotici che la storia ricordi, anche per l'isolamento che la burocrazia subisce sul piano internazionale.

Viene organizzato uno dei più efficienti stati capitalistici: per l'esercito e forza militare complessiva (servizi segreti, industria bellica, ecc.), per l'organizzazione del consenso (tutta la scienza viene piegata a questo uso), per l'organizzazione del lavoro (struttura del salario, rilancio della competitività non solo economica, ma anche politica, come ad esempio lo stacanovismo).
L'accumulazione degli anni '20 e '30 darà il via alla politica imperialista della Russia subito dopo la 2GM: è di questo periodo la formazione del COMECON e la sua struttura militare, Il Patto di Varsavia.

Oggi in Russia si ha sostanzialmente l'operaio industriale ed il kolkhosiano inseriti in un meccanismo produttivo che ha, come molla e come fine, l'aumento della produzione, ricevono una quota di reddito sociale legata a tale risultato, si sono evoluti come produttori parimenti ai salariati degli altri paesi capitalisti. 

Se non è importante valutare in termini monetari le differenze tra i salari medi degli operai e quelli dei dirigenti di industria (comunque in un rapporto di almeno 1 a 4) e le forme di salario differito (casa, scuola, trasporti e pressi minori), bisogna invece mettere in evidenza i criteri di tariffa salariale:

  1. la professionalità-complessità del lavoro produce una scala categoriale che in parametri va da 100 a 200;
  2. la forma della tariffa a tempo e a cottimo registra differenze medie del 4% in più per il cottimo;
  3. la nocività del posto del lavoro viene monetizzata con un supplemento pari al 25%;
  4. le zone salariali comportano differenze tra il 10 e l'80% tra Russia Europea ed altre zone dell'URSS, tra settori di lavoro più concentrati a salari più alti (siderurgia, industria energetica) e settori a salari più bassi (beni di consumo).

Questo per quanto riguarda il salario base fissato dalla legge; salario che rappresenta all'incirca il 65% del salario globale, mentre il restante 35% costituisce la parte mobile (incentivi, premi, ecc.) legati alla produttività individuale e settoriale. Come si può vedere troviamo qui riprodotta completamente la struttura salariale capitalistica.

Il ruolo dei sindacati e del Partito "comunista" in tutto questo è quello di propagandare e difendere l'aumento della produttività: "l'emulazione socialista è il primo obiettivo del sindacato", pari alla mobilitazione per il raggiungimento del piano; mentre i compiti in fabbrica sono più articolati: "rafforzare la disciplina del lavoro…preparare le misure pratiche per accrescere la produttività del lavoro…migliorare la qualità dei prodotti…abbassare i costi di produzione e aumentare la redditività dell'impresa…organizzare scuole di stacanovismo…aiutare gli operai e gli impiegati a superare le norme di rendimento", questi sono i passi salienti degli Statuti delle organizzazioni sindacali di fabbrica, in perfetta armonia con la riforma dell'impresa lanciata nel 1965: "L'idea fondamentale è che come indice di successo delle imprese deve essere ormai assunto il profitto espresso in percentuale sul capitale d'impresa. La direzione si trova così sollecitata a perseguire un aumento del profitto senza aumentare in misura corrispondente i fondi di gestione, garantendo così una sana gestione".

In nessun paese capitalista l'efficientismo era giunto a tanto.

Fuori della fabbrica, il controllo sociale viene garantito dal partito, l'unico strumento per parlare e fare politica, e inoltre da tutta l'organizzazione sociale e politica, il cui scopo essenziale sembra essere quello di far lavorare di più l'operaio.

 

V - IL RUOLO DELLA BORGHESIA IMPERIALISTA RUSSA NEL MERCATO MONDIALE

Abbiamo già detto che solo dopo la 2GM la Russia inizia una sua politica di espansione imperialista, mentre prima attua una politica di stato, conformemente allo sviluppo interno delle forze produttive.

Negli anni '70 la Russia, rispetto agli USA, ha un prodotto nazionale lordo di circa la metà, con una popolazione superiore di circa 1/5 e con una popolazione attiva che è superiore di ¼ a quella statunitense (oltre 110 milioni di persone). Ciò significa che il capitalismo russo ha a disposizione una enorme disponibilità di forza lavoro. La debolezza consiste nel poco capitale costante; la bassa composizione organica del capitale russo fa sì che la sua produttività media è solo di 1/3 rispetto a quella degli Stati Uniti. 

Ciò comporta che quanto più la Russia si inserisce nel mercato mondiale, tanto più dovrà mettere in moto dei meccanismi di ristrutturazione interni, che portino alla concentrazione ed all'aumento del capitale costante, eliminando i settori e i rami non competitivi.

Il fallimento produttivo degli ultimi piani quinquennali hanno accelerato questo processo: nel 1971 gli obiettivi infatti non sono stati raggiunti in nessun settore con uno scarto di 6-10 volte tra previsioni e realizzazioni e lo stesso per il piano del 1975, che ha visto il disastro nella produzione del grano.

Nonostante ciò, il capitalismo russo è in continua espansione, potendo contare su una forza lavoro abbondante a basso costo, pur subendo la "crisi degli investimenti".

Con tale composizione interna, la Russia sul mercato mondiale non è competitiva per quanto riguarda l'esportazione dei capitali, mentre la penetrazione sovietica si basa essenzialmente sulla vendita di armi, sul finanziamento degli acquisti, sull'assistenza fornita ai vari stati in via di formazione e ai movimenti della borghesia nazionale nei paesi a giovane capitalismo; è del tutto svantaggiata quando si tratta di finanziare i processi di industrializzazione dei giovani stati.

Il settore militare è il settore-forza dell'imperialismo russo. Sul piano interno, secondo alcuni esperti, i 2/3 della spesa di ricerca e di sviluppo sono consacrati all'industria bellica, mentre nel mercato mondiale tale industria fornisce armi a circa 1/3 degli stati del mondo ed in molti paesi sono presenti consiglieri militari sovietici; a tale penetrazione dell'industria bellica non corrisponde un adeguamento degli altri settori industriali (per molti versi l'industria sovietica non è competitiva sul mercato mondiale) e del capitale finanziario. E' in merito a tale contraddizione che vanno analizzati i rapporti della Russia con l'Europa occidentale, il ruolo ed i contrasti che si stanno sviluppando e si svilupperanno in modo più virulento nei prossimi anni tra i diversi gruppi e borghesie imperialiste, i quali coinvolgeranno anche la situazione economica e politica interna alla Russia, oggi rimasta per molti versi fuori dalla crisi di ristrutturazione mondiale.

Tali processi si accompagneranno a squilibri e contraddizioni che già si sono aperte, ma non scoppiate, all'interno dei paesi del COMECON, coi quali la Russia è passata da una politica di vera e propria rapina, sotto il periodo stalinista, ad una politica di mercato; cioè pur rimanendo fuori del mercato mondiale per quanto riguarda gli scambi, essendo effettuati a prezzi diversi e legati ai piani quinquennali in modo molto rigido, oggi tra i paesi del COMECON, invece, gli scambi vengono contrattati, a differenza di quanto accadeva in periodo staliniano.

 

VI - CONCLUSIONI

I seguenti fattori: 

  1. le contraddizioni oggi presenti nella Russia, a livello economico (scarsa produttività) e a livello politico (divergenze in seno alla burocrazia del partito);
  2. interessi divergenti tra i vari settori della borghesia di stato, in concomitanza col periodo di ristrutturazione del mercato mondiale e quindi di inasprimento dello scontro interimperialistico;
  3. le condizioni di vita del proletariato russo, che subiranno un peggioramento con la messa in moto dei processi di ristrutturazione, in mancanza di qualsiasi strumento di difesa;
  4. le contraddizioni interne al COMECON;
  5. la crescita dello scontro di classe sul piano internazionale,

contribuiranno a far scoppiare in Russia rivolte spontanee e ad accentuare le contraddizioni tra proletariato e borghesia di stato.

Le caratteristiche con cui si è formato il capitalismo russo fanno sì che le contraddizioni di classe si manifestino in modo diverso; non si sono sviluppate in Russia lotte per il salario e lotte per la difesa delle condizioni di vita, ma le rivolte che si sono sviluppate si sono dirette subito contro il partito e contro lo stato per l'affermazione della democrazia proletaria.

Infatti, la controparte in Russia nei paesi cosiddetti socialisti si manifesta immediatamente come comando del capitale. Le rivolte avutesi sino ad oggi contro le condizioni di lavoro ed il peggioramento delle condizioni di vita si sono scontrate immediatamente con tutto l'apparato statale.

Per questo motivo il compito fondamentale è riuscire a ricomporre tra le file del proletariato russo quella memoria di classe, completamente distrutta dallo stalinismo, che dia la possibilità al proletariato russo di far rinascer,e dalle ceneri del '21, Kronstadt, i Soviet e tutti gli organismo di democrazia proletaria.

Noi non condividiamo quelle analisi che, partendo dalla critica ideologica, giudicano la Russia un paese comandato da una cricca "revisionista" o uno "stato operaio degenerato", perché questo significa partire dall'ideologia e non dai rapporti sociali concreti che determinano l'ideologia e non viceversa. Così noi crediamo sia quanto mai controrivoluzionario parlare di primo, secondo, terzo nemico e così via, gratificando in questo modo la borghesia imperialista. La Russia non è il secondo nemico del proletariato mondiale, né il primo: la borghesia russa è una borghesia imperialista, che il proletariato mondiale ha di fronte insieme alle altre, a quella americana, giapponese, ecc., la cui forza e inserimento nel mercato mondiale determinano il ruolo e dipendono dallo scontro interimperialistico.

Il proletariato non ha nulla da guadagnare appoggiandosi all'una o all'altra (questi sono progetti da borghesia nazionale), né deve lottare per conquistare l'indipendenza dalle superpotenze, ma deve organizzarsi sul piano internazionale, unica dimensione reale della lotta di classe, e ribaltare gli attuali rapporti sociali.

La stessa definizione di socialimperialismo è intrisa di ideologismo, in quanto nasce da una analisi ideologistica dei rapporti sociali in URSS, in quanto parte dal ruolo e dagli errori "teorici o presunti tali" del PCUS e non dal ruolo che il proletariato e i suoi organismi di massa autonomi hanno avuto nella Russia dei primi anni '20 e dal ruolo che tali organismi devono avere nello sviluppo della lotta di classe.

(documento assunto al 1° Congresso della F.d.C.A. del 1985)

Vedere anche Marxismo e Anarchismo


A partire del 7° Congresso FdCA del 1 ottobre 2006, questo documento cessa di far parte delle tesi di Strategia di Fondo della FdCA, essendo sostituito da: Ex-U.R.S.S. e Cina.