89° Consiglio dei Delegati della FdCA

Fano, 1 febbraio 2015

presso il Centro di Documentazione Franco Salomone

Documento finale

 

 Realizzare le speranze nate dalle lotte, disfarsi delle illusioni

 

In pochi giorni l'Unione Europea è stata scossa da due fatti senza precedenti.

Il primo: l'emissione di 1140 mld di euro di Quantitative Easing (QE) da parte della Banca Centrale Europea (BCE).

Il secondo: la vittoria della coalizione di sinistra Syriza nelle elezioni greche.

Nel mirino del “bazooka” di Draghi

La BCE non è un istituto di beneficenza ed è affatto interessata alle sorti delle classi lavoratrici europee.

Infatti, questa imponente emissione di liquidità verso i mercati finanziari, tramite le banche centrali degli Stati, punta a far risalire il tasso d'inflazione verso quella soglia del 2% ritenuta virtuosa per l'eurozona. Riducendo gli oneri per i debiti sovrani, dovrebbero liberarsi risorse a favore della crescita; nella speranza che le banche immettano, in prestiti e mutui a imprese e famiglie, i ricavi dalla vendita dei titoli di stato, dovrebbe beneficiarne la domanda aggregata e quindi le vendite, la produzione, le assunzioni.

Il tutto in un contesto di generalizzata depressione salariale, di contrazione dei diritti dei lavoratori (vedi la Reforma Laboral in Spagna o il Jobs Act in Italia), di indebolimento indotto della capacità di rappresentanza delle organizzazioni dei lavoratori nelle politiche nazionali e nei posti di lavoro.

Ma, siccome la BCE non fa regali, il “bazooka” non sembra tanto puntato sui mercati, quanto nei confronti dei paesi con debiti sovrani più esposti, come tutta l'area mediterranea della UE.

Il QE, infatti, fluisce solo verso quegli Stati con “investment grade”, cioè con una valutazione dei loro bond superiore a “titoli spazzatura”, così come stabilito dalle criminogene agenzie di rating internazionali.

Da questo punto di vista, la Grecia non dovrebbe usufruirne per i prossimi 6 mesi e l'Italia è appena sopra la soglia di “bond spazzatura”.

Inoltre, in caso di bancarotta/default di uno Stato, i costi sarebbero ripartiti solo per il 20% tra gli Stati membri dell'UE, mentre il restante 80% darebbe luogo ad un intervento di salvataggio da parte della BCE col programma OMT (Outright Monetary Transactions). Il che spingerebbe indirettamente su politiche di spesa sociale e del lavoro sempre più antiproletarie.

Germania & sodali strepitano, ma non ignorano gli effetti benefici che avrebbe un euro debole ed una ripresa della domanda europea sulle loro esportazioni.

Non è un caso che da Davos, i premier di Finlandia (falco) ed Irlanda (uscita a costo di lacrime&sangue dal programma di aiuti europei) avevano lanciato messaggi di disponibilità su modifiche alle condizioni del famigerato “memorandum” imposto alla Grecia, alla luce dell'intento di Syriza di alleggerire il fardello del debito greco (175% del PIL).

Bella Ciao Syriza!!

La resistenza del proletariato greco ha per ora portato alla vittoria di Syriza nelle elezioni per il parlamento.

Dopo il calo delle mobilitazioni contro la troika nel corso degli ultimi anni, Syriza rappresenta al tempo stesso sia una speranza per la Grecia (e non solo) sia una pericolosa illusione.

Inevitabilmente, l'ottuso perseguimento di una stabilità finanziaria e di bilancio sulla base delle politiche di austerità ha prodotto un fattore di instabilità all'interno del sistema UE, proprio in quel paese che è stato per anni criminalizzato e punito ed infine intimidito dalle istituzioni europee fino a pochi giorni dal voto.

Sarebbe illusorio pensare che la coalizione Syriza possa compiere miracoli anticapitalistici andando allo scontro frontale con l'UE, ma intanto è riuscita a dare rappresentanza a parte della disperazione e della resistenza greca ed a tenere a bada la temibile destra nazista di Alba Dorata, peraltro già sparita dalle strade grazie soprattutto all'azione di vigilanza e di prevenzione della comunità anarchica greca.

Conosciamo bene i limiti e la sterilità delle politiche elettorali e parlamentari nel rappresentare e garantire gli interessi delle classi lavoratrici, tuttavia assumiamo materialisticamente questo passaggio elettorale greco come una seria contraddizione che si apre nel fianco orientale dell'UE nonché un punto di riferimento per aggregazioni della sinistra anticapitalista in altri paesi, non necessariamente solo a scopi elettorali, come nel caso di Podemos in Spagna.

Costruire reti e fronti sociali anticapitalisti e libertari

In Italia, non si sono mai avute in questi 7 anni di ristrutturazione capitalistica né le condizioni per la nascita di movimenti come quello degli indignados spagnoli o di “occupy”, né le condizioni per il costituirsi di coalizioni elettorali paragonabili per nascita e sviluppi a Syriza e Podemos.

E sarebbe meglio evitare imitazioni, dato negli ultimi anni la scelta elettoralista si è dimostrata disastrosa per chi oggi guarda alla Grecia come qualcosa da emulare.

Le realtà sociali e politiche che oggi in Italia lottano per il diritto alla casa, per i diritti dei profughi e degli immigrati, per contrastare le punitive politiche del lavoro previste dal Jobs Act, per contrastare il razzismo ed il neofascismo nei nostri territori, per fermare il sacco del paese attraverso le grandi opere e gli EXPO a lavoro gratuito, sono le uniche in grado di costruire un progetto alternativo a carattere solidale ed anticapitalista.

Perciò solo un conflitto sociale diffuso e reticolare, sistematico e costante, in grado di esprimere crescente radicalità dal basso, indirizzata verso la riappropriazione e l'autogestione di risorse comuni, patrimoniali e ambientali, culturali ed economiche, può proporsi come elemento esogeno di rottura democratica e libertaria di netto segno anticapitalista, nei territori e nel paese.

A noi comunisti anarchici e libertari il compito storico e sempre attuale di saper federare queste realtà in reti di mutuo appoggio, in fronti di lotta che perseguono un progetto di sinistra comunista e libertaria.

Consiglio dei Delegati
Alternativa Libertaria/FdCA

Fano, 1 febbraio 2015