Mediterraneo per morire

 

Continua la tragica odissea per centinaia di persone che pur di scappare dal loro paese d’origine, molto spesso territorio di guerre civili e persecuzioni, mettono la propria vita nelle mani di criminali mafiosi e politici senza scrupoli che non esitano nel lasciarli morire in mare.

Liberia, Dafur, Sudan, Palestina, Iraq, Kurdistan, Afghanistan sono i paesi da cui la maggioranza di queste persone arriva, paesi in cui le situazioni sia politiche che umanitarie non consentono una vita dignitosa.

Questa nuova tratta degli schiavi, è fomentata e organizzata dalle leggi omicide e razziste sull’immigrazione in Italia che creano la condizione di clandestinità,  necessaria affinché armatori senza scrupolo possano  arricchirsi intorno ai cosiddetti “barconi della morte”e affinché col pretesto della prevenzione si riarmino gli stati da cui passano i flussi migratori ad esempio la Libia.

L’enorme flusso di denaro che gira intorno al trasporto e alla mattanza dei/lle nuovi/e migranti, potenzia questa pratica e la rende purtroppo un evento usuale.

Lo statuto di illegalità e quindi di clandestinità toglie ad ogni individuo il diritto di esistere, la possibilità di poter avere una vita migliore rendendo i migranti fantasmi della società, considerati criminali e facili preda di profittatori e malviventi che non sempre stanno al di fuori delle istituzioni.

Solo la morte in mare diventa evento pubblico mostrato dai mass media che, a nozze con il potere, non hanno nessun interesse a mostrare tutta la sofferenza per arrivare sulle coste del Mediterraneo.  La morte non è che l’ultimo tragico anello di un’odissea umana che molto spesso si conclude prima, magari per disidratazione o fame in mezzo al deserto.

I flussi migratori invece di essere repressi e criminalizzati per esigenze di mercato

(più precarietà uguale più sfruttamento), dovrebbero essere liberati dal giogo della clandestinità per dare accesso ad una nuova vita non solo per chi fugge da strazio e povertà ma a tutti/e coloro che cercano nuove terre in cui realizzarsi.

I concetti di cittadinanza globale e di libera circolazione mai come oggi assumono un significato così forte per le lotte di liberazione dalla schiavitù e dalla povertà. I passi da fare nella strada per una società aperta, senza pregiudizi, disumane disuguaglianze sociali e vecchi razzismi sono tanti, soprattutto quando si considerano i/le nuovi/e immigrati/e degli invasori dell’occidente “bianco e cristiano”.

La lotta all’emigrazione clandestina si fa con la lotta per l’abolizione del concetto stesso di clandestinità e il riconoscimento immediato dell’asilo politico.

Con un’accoglienza umana e adeguata e ciò significa logicamente la chiusura dei CPT - i mostri in cemento che non sono altro che prigioni per chi ha come unica colpa il desiderio di difendere o cambiare la propria vita.

La lotta alle frontiere intese non solo come barriere geografiche ma anche sociali e umane.

L’educazione all’interculturalità e all’antirazzismo come chiave di svolta culturale di cambiamento di  mentalità nei riguardi di ciò che è considerato “diverso”.

La lotta all’emigrazione clandestina si fa  con le azioni dirette contro le leggi omicide, contro lo sfruttamento e con la solidarietà attiva  nei confronti di coloro che sbarcano sulle coste europee senza lasciarli poi naufragare nell’indifferenza e nel silenzio generale.

Fdca Palermo