In piazza

 

La fortezza Europa chiude le porte ai migranti, e pone condizioni molto chiare: la richiesta è lavoro senza diritti, l'offerta è servitù al Capitale e la speranza di qualche briciola di benessere.

Con la direttiva n. 86 del 2003 la Comunità Europea ha varato misure restrittive per l'immigrazione e per la gestione degli stranieri dentro i confini della grande Europa, e tutti gli Stati membri fanno la loro parte, tra rientri forzati e legislazioni repressive.

E i cancelli e i recinti vengono spostati via via più a sud, pagando le borghesie e i tiranni africani per fare il lavoro sporco.

Se in Francia vengono rispolverate le leggi del periodo coloniale per reprimere le rivolte sociali dei giovani che sono a tutti gli effetti cittadini ma sanno di non avere gli stessi diritti e le stesse possibilità degli altri giovani francesi dalla pelle bianca, l'Italia con la legge Bossi-Fini (e la precedente Turco-Napolitano) ha messo in moto il gigantesco giro di affari miliardari dei CPT, dove i privati lucrano sulla detenzione prolungata dei migranti, perpetrando la violazione sistematica dei diritti universali e le stesse garanzie borghesi.

Siamo un paese dove il permesso di soggiorno, invece che un diritto, è un’arma di ricatto in mano ai padroni o alle mafie del collocamento.

Dove viene favorita un’ideologia identitaria e su base religiosa buona solo per favorire le divisioni e la frammentazione.

Contro ogni logica di divisione, di sfruttamento e di odio dell'altro occorre pretendere tutti i diritti per tutti e tutte, a partire da quello di libera circolazione e al lavoro, rispetto e dignità, occorre costruire autorganizzazione e solidarietà tra i lavoratori di tutte le provenienze culturali e sociali e geografiche.

Occorre garantire il rispetto della libertà individuale e collettiva di donne e di uomini al di fuori di logiche religiose e comunitarie che separano i soggetti e rendono più deboli i già deboli, invece di unire il proletariato e di rendere le lotte sociali più forti.

Le manifestazioni come questa del 3 dicembre non sono, e non possono diventare, un appuntamento rituale, ma continuare a essere un momento di forte visibilità e di coordinamento delle lotte che nelle città e nei posti di lavoro, con l’autorganizzazione e la mobilitazione quotidiana, creano e costruiscono, giorno dopo giorno, alternative al Capitale e allo Stato e alle divisioni che questi producono.

Federazione dei Comunisti Anarchici

dicembre 2005