Fuga dal CPT

Nell'edizione nissena de La Sicilia del 20 gennaio 2005, tale Riccardo Riggi si produce in un agghiacciante panegirico sul Centro di Permanenza Temporanea di Pian del Lago.

Affondando a piene mani nei dati forniti dalla locale questura, l'autore dell'articolo tesse l'elogio del campo di concentramento di Caltanissetta: la carcerazione di "4.875 stranieri ospitati nel quadriennio 2000-2004" diventa nelle parole del redattore un "processo di gestione".

Poi, tutto contento, riferisce della capacità del CPT di "scovare tra essi ben 1.742 extracomunitari da rimpatriare". E ancora, nel 2004, su 1.707 stranieri "ospitati" nel centro di permanenza "1.082 sono stati trattenuti, 625 i rimpatriati". 

Alla fine, l'estasi: il CPT di Caltanissetta è quello "con il più alto numero d'espulsioni in Italia, ben 905".

Le rassicuranti dichiarazioni di Michele Emma - dirigente dell'Ufficio immigrazione - suggellano questo macabro quadro di efficientismo repressivo. Infine, arriva la benedizione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i i Rifugiati e del Comitato per la prevenzione delle torture del Consiglio d'Europa secondo cui "il Cpt è il miglior centro d'Italia".

A guastare questo scenario ci hanno pensato i diretti interessati: 29 immigrati sono scappati dal lager di Caltanissetta scavalcando la recinzione e disperdendosi nelle campagne circostanti.

L'episodio viene citato nelle ultime righe dello stesso incredibile articolo di cui sopra.
Vien da chiedersi il perché questi immigrati si ostinino a voler scappare a tutti i costi dal "miglior centro d'Italia".

La risposta va cercata nelle gambe e nell'angoscia dei fuggitivi braccati dalla polizia, nella loro voglia di scappare dall'abbrutimento, dall'annichilimento, dall'orrore di una carcerazione insensata, ingrata e infame: la risposta va cercata nell'inalienabile diritto alla libertà di ogni essere umano, nel diritto a fuggire dalla fame, dalla miseria, dalle guerre, dalla precarietà, nel diritto a vivere pienamente la propria esistenza.

La macchina repressiva potrà anche imbellettarsi pateticamente di una rispettabilità artefatta, servendosi di un giornalismo acritico e compiacente, ma la verità delle cose appare sempre nella sua dirompente attualità. E' illuso chi crede di poter annientare il bisogno di libertà degli individui innalzando muri, gabbie, sbarre e filo spinato.

Raccontare di donne e uomini riducendoli a meri numeri di una casistica infame che conta i trattenuti e gli espulsi è certamente un segno dei tempi: tempi di guerra, una guerra dichiarata non solo agli immigrati, ma al senso più profondo dell'umano.

In questa guerra, dunque, bisogna avere il coraggio di scegliere da che parte stare, se con l'umano o con il non umano.

Nucleo "Giustizia e Libertà" della Federazione Anarchica Siciliana
Federazione dei Comunisti Anarchici - Sezione di Palermo

gennaio 2005