MEETING ANTICLERICALE

Modena 13 settembre 2003

 

Dalla scuola della Repubblica alla scuola del privato cittadino, storia di un attacco clericale e liberista
intervento di Donato Romito

 

A cavallo della legislatura dell'Ulivo e di quella della Casa delle Libertà, si porta a compimento il progetto di trasformazione del sistema pubblico di istruzione in un sistema integrato composto di scuole pubbliche ed ex-scuole private, trasformate in "pubbliche" con lo status di scuole paritarie.

Sebbene lo status di "paritarie" non fosse particolarmente soddisfacente per il Vaticano, preoccupato per i limiti alla libertà assoluta di offerta formativa fortemente pretesa per le sue scuole cattoliche, tuttavia le gerarchie ecclesiastiche sul territorio vedevano con favore la possibilità che le asfittiche scuole cattoliche potessero beneficiare di flussi di finanziamento sia a livello decentrato (enti locali) che in legge finanziaria dello Stato.

1999

Le premesse di quello che sarebbe successo di lì a breve si trovano in un documento della fine del 1999, intitolato Scuola Libera! (sottoscritto fra gli altri dal futuro ministro Moratti, Carlo Bo, Emma Marcegaglia, Angelo Panebianco, Sergio Romano, Cesare Romiti, Marco Tronchetti Provera,…), all'interno del quale sono esplicitati gli obiettivi strategici ed i passaggi istituzionali necessari a trasformare il sistema scolastico italiano da istituzione della Repubblica a segmento di un più ampio mercato della formazione regolato dalla dinamica della domanda e dell'offerta. Ecco la ricetta dei firmatari di Scuola Libera!:

2000

Passano pochi mesi ed il parlamento approva nel 2000, la Legge 62 che istituisce il sistema pubblico integrato di istruzione a cui accedono le ex-scuole private religiose e non, ridenominate "paritarie", in perfetta sintonia con alcuni desiderata degli autori di Scuola Libera!

La legge 62/2000 risulta tuttavia palesemente incostituzionale perché:

Ma tant'è: con quella sottile distinzione tra finanziamento pubblico vietato al momento dell'istituzione di scuole private e finanziamento pubblico consentito una volta avvenuta l'istituzione, utile ad aggirare il divieto costituzionale, la legge 62 fa i suoi primi passi. Eppure all'interno dell'Ulivo si stava discutendo su strumenti quali il credito d'imposta o meglio la detrazione di imposta con possibilità di detrarre direttamente dalle imposte (non dall'imponibile) le spese scolastiche, andando quindi a credito senza incidere sulla base imponibile, bensì unicamente sul tributo dovuto. Ma alla fine non se ne fece niente: si puntò nella L.62 sulle borse per le famiglie a basso reddito (250 miliardi nel 2000 + 300 nel 2001-art.16); fondi per le elementari e materne paritarie: 60+280 mld-art.13.

2001: la parità in 5 mosse

Appena vinte le elezioni, il governo della Casa delle Libertà, accelera sul raggiungimento della piena parità, mettendo a punto 5 provvedimenti favorevoli alle scuole paritarie, religiose e non:

La CdL mette in finanziaria 2002: 20 mlm euro per 2002, 50 per 2003, 75 per 2004 usando la L.62/2000 (ma non passa).

Il centro-sinistra ancora sotto chock per la sconfitta elettorale non reagisce, il mondo laico e sindacale, salvo i sindacati di base della scuola, balbetta, consapevole che occorrerebbe denunciare il vulnus che sta nella Legge 62 voluta dall'Ulivo.

2002

Nel 2002, la Casa delle libertà dichiara di voler presentare un ddl su corsi per storia e cultura delle religioni (ne sapete qualcosa??).

2003

Inizia il massiccio flusso di risorse pubbliche destinate a finanziare le scuole paritarie:

Rispetto al bonus occorre rilevare che la sua primogenitura spetta ad economisti quali Milton Friedman, seguito da Friedrich von Hayek e in Italia da Antonio Martino (allievo di Friedman). 

Scrive Hayek: "Si può provvedere alle spese per l'istruzione generale, attingendo alla spesa pubblica, senza che debba essere lo Stato a mantenere le scuole, dando ai genitori dei buoni che coprano le spese di istruzione di ciascun ragazzo: buono da consegnare alla scuola da loro scelta (…) Si potrebbe anche auspicare che lo Stato provveda direttamente alle scuole in alcune comunità isolate, dove, perché possano esistere le scuole private, il numero dei ragazzi è troppo basso (e il costo medio dell'istruzione pertanto troppo alto). Ma nei confronti della grande maggioranza della popolazione sarebbe senza dubbio possibile lasciare l'intera organizzazione e amministrazione agli sforzi privati. Da parte sua lo Stato dovrebbe semplicemente garantire uno standard minimo per tutte le scuole in cui potrebbero essere spesi i suddetti buoni. Un altro grande vantaggio sarebbe che i genitori non si troverebbero più davanti all'alternativa o di dover accettare qualsiasi tipo di istruzione fornita dallo Stato o di pagare di tasca propria il prezzo di un'istruzione un po' più cara: se scegliessero una scuola diversa da quelle comuni dovrebbero pagare solo un costo addizionale". 

Qui enunciati i principi di sussidiarietà e competizione, cari agli economisti antistatalisti., tanto da considerare il buono una cosa di sinistra. 

Il bonus ha poi trovato applicazione a livello regionale, con un proliferare di legislazione regionale, fenomeno che anticipa i futuri scenari conseguenti alla riforma del Titolo V della Costituzione ed ai fenomeni di federalismo/devoluzione che daranno alle regioni poteri di organizzazione, gestione e programmi in fatto di istruzione.

La Riforma Brichetto si inserisce all'interno di questo quadro e delinea una scuola riformata in cui i principi della personalizzazione e del familismo si coniugano con l'introduzione di quote orarie destinate a materie opzionali, a scelta dei singoli cittadini. Studenti e genitori, trasformati da soggetti di diritto alla formazione in utenti/consumatori di un'offerta impacchettata rischiano di non cogliere più l'interesse collettivo di cui è portatore l'istituzione scuola e di cui essi sono destinatari e protagonisti, per impegnarsi invece nella ricerca del successo personale in studi scelti per un fine particolare e non per conseguire una formazione olistica.

Sbrindellata e mercificata così la scuola della Repubblica, resta un'unica scuola in grado di offrire una formazione integrale: è proprio la scuola religiosa cattolica che si pone non come primus inter pares, ma come IL luogo della vera formazione spirituale ed intellettuale.

I prossimi anni vedranno un accentuarsi di queste dinamiche.

Ai laici ed agli anticlericali il compito di ostacolare questi processi, sfruttando tutte le possibilità di libertà di azione che l'autonomia scolastica prevede e tutte le strategie educative che mantengano la scuola della Repubblica ai livelli formativi olistici che l'hanno caratterizzata. L'associazionismo laico, i sindacati di base, i comitati dei genitori sono i soggetti a cui spetta l'arduo compito di riorganizzare un'altra possibilità di scuola pubblica, laica e pluralista per tutti e di tutti.

Donato Romito