Solidali contro la mondializzazione della miseria

 

Mentre l'èlite dei paesi ricchi si riunisce per pianificare la mondializzazione delle ineguaglianze e delle esclusioni, l'analisi rassicurante che ci indica un mondo perfetto, il nostro, mostra sempre di più le sue crepe.

La situazione sta precipitando. Sempre più, a scala mondiale, aumenta la disoccupazione e la precarizzazione, sempre più aumentano le difficoltà a coprire i bisogni fondamentali per larghe fasce della popolazione, sia urbane che contadine, sempre più aumentano le disuguaglianze tra una minoranza che possiede e domina ed una maggioranza che non si può pensare resterà sempre silenziosa, anche dove le armi riescono per il momento a zittirla, anche dove il consenso viene comprato a forza di illusioni sulle briciole cedute alle popolazioni dalla legge del mercato o dal "volto umano" del capitalismo.

I poteri politici e militari sono sempre più asserviti al potere finanziario e alla tecnocrazia che lo gestisce.

Lottare contro tutto ciò è la scommessa che abbiamo davanti. Perché ci deve essere un limite alla rassegnazione. Non permettiamo però che l'esasperazione e la rivolta ci spingano verso destra, verso l'estrema destra. La banalizzazione, la ricerca dell'ordine, anche morale, il ripiegarsi su se stessi, la xenofobia, sono risposte troppo semplici. Dobbiamo essere capaci di ridare un senso alle nozioni di partecipazione, di democrazia diretta.

Fare quadrato contro le posizioni di questo G7 sull'occupazione significa ricordare che la disoccupazione non è una fatalità, e che la messa in miseria di interi settori della popolazione non è il risultato di una crisi congiunturale, un semplice incidente di percorso nel sistema liberista. Si tratta del risultato di una scelta, di una scelta di campo: il mondo non è meno ricco di vent'anni fa, ma sicuramente un po' più sfruttato.

La competitività come ottica imprescindibile deve essere messa in discussione. Allo stato attuale dello sviluppo economico, la competitività e l'aumento degli utili delle imprese non creano più lavoro. In realtà, il fatto di produrre sempre di più, con un bisogno sempre minore di manodopera fa sì che i guadagni delle imprese, anche quando vengono reinvestiti, vengano reinvestiti in tecnologie sempre più avanzate, che portano ad una contrazione, invece che ad un aumento, della offerta di lavoro, rinforzando una spirale perversa.

La competitività esige e presuppone la precarizzazione delle condizioni di lavoro e di contrattazione, l'aumento dei ritmi di lavoro, licenziamenti più facili, l'introduzione della flessibilità nell'orario di lavoro e così via.

La competitività tende a distruggere la capacità di resistere dei lavoratori e dell'intero corpo sociale, ed è utilizzata per rimangiarsi conquiste sociali e ottenere un trasferimento ulteriore della ricchezza in favore di interessi privati e minoritari. E' una netta regressione, è una perdita delle garanzie sociali, che dovrebbero attenuare le situazioni più evidenti di ingiustizia che il sistema capitalista provoca, il tutto in nome di una priorità data agli interessi privati.

Il debito crescente nel sud del mondo e i piani di ristrutturazione economica imposti a questi paesi rientrano nella stessa logica.

Ricordiamo gli utili sempre crescenti delle imprese e dei professionisti della speculazione, la concentrazione delle ricchezze sempre più in mano a un'oligarchia internazionale. Siamo convinti che nel nord del mondo la lotta per la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, lasciando inalterate le condizioni di lavoro e non bloccando le assunzioni, è un primo passo verso l'imposizione di un'altra logica.

Perché è ormai indifferibile la ripartizione delle ricchezze. Perché bisogna opporsi a una divisione, utile solo a chi ha in mano le leve del potere, tra salariati, disoccupati e precari. Perché tutti, uomini, donne, giovani, immigrati, non diplomati, possano rivendicare una partecipazione attiva all'interno della società, in tutte le sue dimensioni. Il movimento sociale di dicembre in Francia, la lotta dei contadini del Chiapas, dei Senza Terra in Brasile, le manifestazioni contro la disoccupazione in tutta Europa, e in Spagna in particolare, sono espressione di una volontà di mondializzazione della lotta contro il liberismo.

Da questi spazi di contropotere e di proposte politiche deve emergere una prospettiva di trasformazione radicale della società, verso una società ugualitaria, antiautoritaria, autogestita.

ALTERNATIVE LIBERTAIRE (Francia)
ORGANISATION SOCIALISTE LIBERTAIRE (Svizzera)
WORKERS SOLIDARITY MOVEMENT (Irlanda)
SVERIGES ARBETARES CENTRALORGANISATION (Svezia)
CONFEDERACION GENERAL del TRABAJO (Spagna)
FEDERAZIONE dei COMUNISTI ANARCHICI (Italia)

volantino distribuito a Lione alla manifestazione contro il G7 del 22 giugno 1996