Sabato 24 ottobre 2009

Dibattito sulla crisi in provincia

dalle ore 17.00, presso la sede di

Alternativa Libertaria

a Fano in Via da Serravalle 16

con introduzione di Peppe Lograno

 

Seguito da aperitivo anti-crisi !


 

Resoconto del dibattito sulla crisi

Sabato 24 ottobre presso la sede dell'FdCA di Fano si è tenuto un dibattito sulla crisi nella provincia di Pesaro-Urbino, con introduzione di Peppe Lograno della CGIL.

La Provincia di Pesaro Urbino è caratterizzata da un tessuto imprenditoriale basato sulla piccola e media impresa che opera soprattutto nei settori del mobile arredamento, della metalmeccanica (produzione macchine per la lavorazione del legno), della nautica e del tessile abbigliamento.

E' significativo il numero delle aziende artigiane presenti nel territorio, aziende che occupano circa 16.000 addetti nella provincia.

Analizzando i dati che riguardano i primi sei mesi dell'anno (fonte CGIL) troviamo un incremento di richieste di ore di CIG Ordinaria e Straordinaria del 1249% rispetto allo stesso periodo del 2008, dato questo che comprende sia le ore autorizzate (2.207.000 circa) sia quelle non autorizzate (circa 1.968.000) dall'Inps.

A questi dati vanno anche sommati quelli dei licenziamenti che sono stati fatti nei primi 6 mesi dell'anno, circa 2.400 di cui il 37% donne. Il dato dei licenziamenti si è trovato sommando le domande di mobilità e di disoccupazione presentate all'Inps, quindi un dato che non tiene conto di tutti quei contratti a tempo determinato mai rinnovati e di tutti i lavoratori delle agenzie interinali che hanno smesso di essere impiegati.

La seconda metà dell'anno, per il momento non sta dando segni di discontinuità con i mesi passati, anzi oggi abbiamo una situazione peggiore perché gli ammortizzatori sociali richiesti già da fine 2008 ora stanno finendo. Oggi ci troviamo molte realtà che stanno passando da richieste di CIG Ordinaria o da quelle di CIG in Deroga (aziende artigiane) a quelle, sicuramente più gravose e pesanti, di CIG Straordinaria, di contratti di solidarietà o addirittura di licenziamenti collettivi.

La crisi modificherà notevolmente il modello produttivo della provincia, questo non significherà la riconversione delle nostre filiere produttive, ma una riorganizzazione delle filiere stesse che si attesteranno su produzioni più contenute e quindi che comporterà la chiusura di molte aziende e il licenziamento di molti lavoratori e di molte lavoratrici.

Questa crisi sta colpendo tutti i lavoratori, in particolare i lavoratori extracomunitari perché sono più deboli, e perché tra i lavoratori stessi c'è la brutta tendenza ad identificare l'immigrato come colui che deve per primo "pagare il conto" della crisi.

In tutto questo il sindacato sta attuando una forte politica di contenimento, politica che cerca di evitare i licenziamenti, portando le aziende ad utilizzare ammortizzatori sociali che garantiscano la continuità dei rapporti di lavoro.

Per dare un'alternativa alla sola azione di contenimento è interessante sviluppare iniziative come quella dei finanziamenti regionali a cooperative di lavoratori che volessero rilevare le attività in cui lavoravano, nella direzione dell'autogestione sull'esempio del modello argentino.

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