Libertà senza se e senza ma...

 

Sembra proprio che la legge 194 del 1978, quella che ammette la possibilità per la donna di accedere all’interruzione volontaria di gravidanza, sia stata e sia ancora uno spauracchio, un fantasma che viene utilizzato dalla politica istituzionale e dal potere clericale, che vanno di solito a braccetto, per tenere le donne al loro posto, come un monito chiaro per qualsiasi donna: Sappi che potresti perdere questa libertà che ti abbiamo riconosciuto che è quella di poter decidere della tua sessualità riproduttiva e scegliere con responsabilità, che solo a te cittadina spetta, di abortire o no. E di fronte a questo spauracchio tutte saltiamo, siamo spaventate e pronte ancora una volta a tornare in piazza. Ma la libertà non è qualcosa che ci possono solo togliere o al limite riconoscere con mille paletti, è anche qualcosa che va conquistata, perché le conquiste si difendono solo rilanciando. Perché la 194 è una conquista, mediata dal parlamento, ma una conquista che risale al 1978 e che ormai è diventata un patrimonio della democrazia del nostro paese. Si tratta di una legge monitorata da un’apposita commissione annuale, si tratta di una legge che lascia ampio margine a chi vuole togliere la libertà alle donne di esercitare un loro diritto, per poter creare dei problemi, ma si tratta di una legge che tutto sommato ha dimostrato di funzionare, che lascia alle donne un margine di libertà e che ha fatto riscontrare, nel tempo, una diminuzione del ricorso all’aborto.

Questa legge ha 18 anni, è maggiorenne, come le donne che sono responsabili della loro salute riproduttiva e utilizzano gli anticoncezionali. E il calo della natalità nel nostro paese è legato al precariato delle giovani donne, discriminate sul lavoro e private della di una vita lavorativa e pubblica soddisfacente, non certo dal ricorso all’aborto.

E anche se ogni tanto ministri o uomini politici di destra o di centro, soprattutto sotto campagna elettorale, si esprimono in maniera critica sulla 194, oppure la mettono in discussione, la legge non ha subito più attacchi reali negli ultimi anni e né il governo Prodi, né i terribili 5 anni di Berlusconi, durante i quali sono state fatte e disfatte tante leggi per i comodi della destra conservatrice e soprattutto del suo premier, hanno toccato la 194.

Per questo occorre fare una riflessione. La destra, a braccetto con la Santa Sede, ha prodotto una legge che limita in maniera vergognosa e contraria ai diritti umani, la libertà di scelta delle donne in Italia, la legge 40 per la quale, in modo rovesciato rispetto alla 194, lo Stato decide chi può avere dei figli con le tecniche di riproduzione assistita e chi invece può solo sognarseli perché è infertile fisicamente o solo perché donna sola o lesbica. Come donne, come femministe, come movimento libertario, come cittadini e cittadine di questo paese abbiamo subito una pesante sconfitta, un terribile macigno che è risultato ancora più pesante dopo il fallimento del referendum.

Ed ora ci troviamo qui secondo qualcuna a chiedere impegni sulla 194, ma sappiamo bene che non è questo il punto. Occorre capire che la libertà delle donne e l’autodeterminazione devono essere senza SE e senza MA, che la 194 non si tocca perché è ormai patrimonio condiviso di un paese civile e che le nostre richieste e le nostre pretese devono guardare avanti. Non si deve accettare nessuno scambio elettorale sulla libertà delle donne, non ha senso chiedere impegni su qualcosa che abbiamo già, sarebbe miope e vorrebbe dire che lo spauracchio ancora vince sulla nostra volontà di libertà. Dobbiamo riprenderci spazi di libertà e di condivisione, spazi di dibattito per elaborare le nostre strategie per avere tutta la libertà che ci spetta. Dobbiamo lavorare per la cancellazione di leggi liberticide come la LEGGE 40. Dobbiamo lavorare per mettere in discussione la sorveglianza sanitaria come espressione del potere dello STATO sulla salute dei cittadini che in particolare si esplica in maniera discriminatoria sulla salute riproduttiva delle donne con una mancanza di stanziamenti alla Sanità pubblica e con un difficile accesso a farmaci contraccettivi, come la pillola del giorno dopo, e al farmaco per l’interruzione di gravidanza RU 486. alla faccia del tentativo della chiesa cattolica di giocare sul senso di colpa delle donne, perché noi non abbiamo nessuna colpa e del precetto biblico patriarcale secondo il quale la donna deve soffrire sia quando partorisce sia quando non partorisce.



FEDERAZIONE DEI COMUNISTI ANARCHICI

12 gennaio 2006