Care compagni e cari compagni,

Con soddisfazione (e con il solito, colpevole, ritardo che ormai mi contraddistingue...) posso annunciarvi che il giudizio in primo grado emesso dal tribunale di Roma il 18 novembre u. s. relativo alla "causa dei 10 giorni" è stato a me favorevole. In sostanza, Trenitalia si è vista respingere il ricorso con il quale intendeva avere la conferma del provvedimento disciplinare (i 10 giorni, appunto) a suo tempo inflittomi per aver scritto, in qualità di delegato rsu, una lettera sui disservizi ferroviari al quotidiano Il Secolo XIX.

Per ora non sono a conoscenza delle motivazioni della sentenza e ci vorranno ancora una ventina di giorni per poterle leggere. Anche per questo motivo e non solo per pigrizia ho tardato un po' a darne comunicazione ufficiale.

Vorrei infatti poter festeggiare davvero con una sentenza che entri nel merito della questione (e non, magari, costruita su un qualche vizio di forma...), perché potrebbe essere utilizzata con maggior profitto nelle battaglie che sono ancora aperte e che ci attendono in futuro, a difesa della libertà di espressione e contro la repressione sui posti di lavoro.

La notizia della vittoria in questo processo è positiva e giunge in un momento di grande difficoltà per i ferrovieri italiani. In tribunale, ormai, si perde quasi sempre. Uno dei licenziamenti legati alla vicenda Report è stato confermato dal tribunale di Genova, gli altri hanno esiti quanto mai incerti. Ulteriori processi ed arbitrati per ragioni di servizio, che hanno visto, nei mesi scorsi, protagonisti semplici ferrovieri ed attivisti impegnati nelle lotte sindacali, hanno avuto epiloghi disastrosi, a conferma che il padrone normalmente non si sconfigge utilizzando i suoi stessi strumenti. In realtà la macchina repressiva sta lavorando a pieno regime a sostegno delle politiche di liberalizzazione delle ferrovie. Questa sentenza sembra andare in controtendenza e spero, quindi, che possa avere un'importanza che vada ben al di là del mio caso personale.

Sono convinto che una parte rilevante nell'esito di questo processo l'abbia avuto l'ampia mobilitazione, la straordinaria solidarietà che da tutto il mondo mi è giunta attraverso i canali della Federazione dei Comunisti Anarchici. Il Comitato Fabriziounodinoi, costituito all'indomani della comunicazione del provvedimento contro di me su iniziativa di compagne e compagni con i quali abbiamo condiviso anni di lotte anche molto aspre in ferrovia, ha potuto contare sul sito e sulle relazioni internazionali dell'FdCA. I tanti messaggi di solidarietà giunti da tutti i continenti hanno dimostrato che c'è ancora la capacità di indignarsi e di opporsi all'arroganza liberista. Grazie a ciò, non mi sono mai sentito solo in questa battaglia. In quei momenti molto duri ho potuto verificare la forza dell'appoggio di compagni ben noti e di altri assolutamente sconosciuti. La forza nostra, del nostro progetto e delle nostre idee. La forza dei comunisti anarchici di tutto il mondo.

E' lungo l'elenco delle persone da ringraziare. Oltre a chi mi è particolarmente vicino, alle colleghe ed ai colleghi che mi hanno sostenuto sin dall'inizio (venendo tra l'altro, da tutta Italia, alla prima udienza del processo) ed all'FdCA, vanno citati il bravo avvocato Vincenzo Giovinazzo, del foro di Alessandria, che ha sconfitto uno degli studi più "temibili" della capitale; i compagni della lista ferrovierinlotta, quindi i ferrovieri francesi di AL e di SUD Rail, che per primi mi hanno inviato un graditissimo messaggio di solidarietà; i sindacati SULT, FLTU - CUB e ORSA che, sebbene fossi all'epoca rsu iscritto alla FILT-CGIL, mi hanno apertamente sostenuto, dichiarando tempestivamente uno sciopero ed organizzando altre iniziative; i tanti lavoratori e le tante lavoratrici, i precari, i disoccupati, che da tutta Italia, dall'Europa, addirittura dall'America Latina, dagli USA, dal Sudafrica, hanno sentito il bisogno di esprimersi contro quel provvedimento liberticida.

Ora la strada è pur sempre in salita. Ma teniamo alta la testa e andiamo avanti.

Saluti comunisti anarchici

Fabrizio Acanfora