Organizzazione Anarchica Pugliese

Lotta di classe e teoria rivoluzionario

Bari, 1974

 

INTRODUZIONE

Questo documento è nato dall'esigenza di far conoscere in modo preciso le tesi dell'Organizzazione Anarchica Pugliese, enunciando le stesse in modo tale da non creare confusione; abbiamo presupposto a questo una serie di conoscenze che servirebbero a chiarirci queste tesi, e che noi ci riserviamo di sviluppare in successivi documenti, punto per punto. Qui ci siamo proposti solo di enunciare, senza illustrare né chiarire i presupposti storici e teorici che servirebbero appunti alla chiarificazione storica, le nostre tesi.

Questo è un limite che abbiamo voluto dare coscientemente proprio perché ritenevamo giusto far conoscere la base teorica sulla quale è nata e sulla quale è stata costituita l'Organizzazione Anarchica Pugliese.

Alcuni incontreranno delle difficoltà nell'inquadrare nella giusta luce i principi esposti, ma come abbiamo detto prima è un limite del documento, che è solo enunciativo e non è illustrativo né chiarificatore.

E' nostra intenzione chiarire i singoli concetti alla luce di analisi storiche nei prossimi documenti.

 

PREMESSA

L'anarchismo non è una bella fantasia, non è un principio filosofico astratto, è un movimento sociale delle masse lavoratrici; appunto per ciò esso deve unire le sue forze in una organizzazione permanente così come lo esigono la realtà e la strategia della lotta delle classi”.
(Delo Truda, 1926)

 

LA LOTTA DI CLASSE, IL SUO RUOLO ED IL SUO SENSO

La società attuale è divisa in due grandi componenti: il proletariato e, nel senso più esteso della parola, gli sfruttati, e gli sfruttatori, cioè quelli che detengono i mezzi di produzione o contribuiscono a mantenere le condizioni di sfruttamento.

La sorte del proletariato è quella di portare da secoli il fardello di un lavoro fisico penoso, i cui frutti non sono goduti da lui, ma da una classe privilegiata, detentrice della proprietà, dell'autorità e della cultura (scienza, istruzione ed arte): la borghesia.

L'asservimento sociale e lo sfruttamento delle masse lavoratrici formano la base su cui si poggia la società moderna, base senza la quale questa società non potrebbe esistere. Tutta la storia rappresenta una catena di lotte ininterrotte che le masse lavoratrici hanno intrapreso per l'affermazione dei propri diritti, della propria libertà; la lotta di classe fu sempre, nella storia delle società umane, il principale fattore che determinò la forma e la struttura di questa società. Il regime politico e sociale di qualunque paese è, prima di tutto, il prodotto della lotta di classe. La struttura di una società indica il punto dove si è fermata e dove si trova la lotta di classe; il più piccolo cambiamento nel cammino della lotta di classe produce necessariamente le modifiche nei tessuti e nella struttura della società. Tale è l'importanza ed il senso della lotta di classe nella vita di una società classista.

Il principio dell'asservimento e dello sfruttamento delle masse mediante la violenza costituisce la base della società attuale.

I progressi di questa società, l'evoluzione tecnica del capitale ed il perfezionamento del suo sistema politico, tendono ad articolare le sue contraddizioni e a modificare i termini dello scontro di classe. Pertanto si rende necessario l'adeguamento dell'analisi e della prassi dell'organizzazione rivoluzionaria alle mutate condizioni di lotta di classe, come condizione necessaria all'avanzamento della stessa.

RIFORMISMO GRADUALISMO RIVOLUZIONE

L'analisi della società capitalista ci porta alla conclusione che non c'è che la via della rivoluzione sociale per trasformare la società capitalista in una società di lavoratori liberi ed uguali.

Tutte le manifestazioni della sua esistenza, infatti, l'economia, la politica, le relazioni sociali, si fondano sulla violenza di classe conservata e rigenerata tramite l'apparato di classe (lo Stato) e tutte le sue diverse diramazioni.

Tutto nell'ambito di questa società, ciascuna impresa considerata isolatamente, così come lo stesso sistema statale, è un baluardo del capitalismo, da cui si sorvegliano costantemente i lavoratori ed ove si tengono sempre pronte le forze destinate a reprimere qualsiasi movimento del proletariato che minacci le fondamenta o la stessa tranquillità della società attuale. La democrazia è una delle forme della società capitalistico-borghese. La sua base è il mantenimento delle due classi antagonistiche della società moderna, quella del lavoro e quella del capitale, e la loro collaborazione sulla base della proprietà capitalistica privata. L'espressione di questa collaborazione consiste nel parlamento e nel governo rappresentativo nazionale.

Formalmente la democrazia proclama la libertà di parola, di stampa e di associazione e quella di tutti i cittadini di fronte alla legge. Questa libertà nella realtà hanno un valore molto relativo; esse sono tollerate finché non contrastano con gli interessi della classe dominante, cioè della borghesia, fino a quando, cioè, non superano il limite imposto dal diritto, che non è altro che quell'insieme di garanzie che si dà la classe dominante per poter conservare il proprio potere.

La borghesia tiene in mano tutta l'economia del paese, la stampa, l'istruzione, la scienza, e quindi è anche la padrona assoluta della vita politica. In effetti il parlamento e il governo non sono altro che i suoi organi esecutivi, per cui non può esistere un riformismo che faccia avanzare la lotta di classe, ma questo serve solo al capitalismo per razionalizzare le proprie contraddizioni e articolare lo scontro di classe. Dunque l'unica alternativa esistente è l'alternativa rivoluzionaria, cioè il proletariato che gestisce, in prima persona, le proprie lotte con la prospettiva di cambiare radicalmente la struttura della società attuale, trasformandola in una società comunista anarchica. Per questo motivo noi siamo per la lotta di classe portata all'esasperazione in tutte le sue forme, una lotta senza quartiere e senza eccezioni della classe degli sfruttati contro la classe degli sfruttatori.

Noi crediamo che la rivoluzione non possa avvenire senza l'attacco violento del capitale contro chi la porta avanti, e quindi riteniamo che le organizzazioni di massa del proletariato, e solo esse, saranno costrette ad usare la violenza, tenendo ben presente la situazione dello scontro di classe.

ANARCHISMO E COMUNISMO LIBERTARIO

La lotta di classe, nata dalla schiavitù dei lavoratori e la loro aspirazione alla libertà, fece nascere tra le file degli oppressi l'idea dell'anarchismo, cioè la negazione totale del sistema sociale basato sui principi di classe e dello Stato e la sua sostituzione con una società libera e non statale, società di lavoratori che si amministrano da soli.

I pensatori eminenti dell'anarchismo (Bakunin, Kropotkin, ecc.) non hanno creato l'ideologia dell'anarchismo, ma avendola trovata nelle masse, hanno semplicemente contribuito con le loro conoscenze e capacità di pensatori a precisarla e a diffonderla. E' chiaro quindi che l'anarchismo non è il risultato di ricerche personali o di azioni individuali, e dall'altra, esso non è il prodotto di aspirazioni umanitarie: l'umanità una non esiste. Qualsiasi tentativo di fare dell'anarchismo un attributo di tutta la umanità, tale e quale è attualmente, di attribuirgli un carattere genericamente umanitario, sarebbe una menzogna storica e sociale che sfocerebbe inevitabilmente nella giustificazione dell'ordine attuale e di un nuovo sfruttamento.

L'anarchismo è generalmente umanitario nel senso che le idee delle masse lavoratrici tendono a rendere giusta la vita di tutti gli uomini e che la sorte della umanità di oggi e di domani è legata a quella del lavoro salariato. Se le masse lavoratrici saranno vittoriose, tutta l'umanità rinascerà, se esse non vinceranno, la violenza, lo sfruttamento, la schiavitù, l'oppressione regneranno come prima nel mondo.

La nascita e la diffusione e la realizzazione delle idee anarchiche hanno la loro radice nella vita e nella lotta delle masse lavoratrici e sono inseparabilmente legate alla sorte di quest'ultime; l'anarchismo aspira a trasformare l'attuale società borghese e capitalista in una società che assicuri ai lavoratori i prodotti del loro lavoro, la libertà, l'indipendenza e l'uguaglianza politica sociale; questa nuova società sarà il comunismo anarchico.

E' nel comunismo anarchico che trovano la loro piena espressione la solidarietà sociale e la libertà individuale e queste due idee si dovranno sviluppare in perfetta armonia; il comunismo anarchico afferma che l'unico creatore dei valori sociali sia il lavoro, fisico ed intellettuale, e di conseguenza solo il lavoro ha il diritto di gestire tutta la vita economica e sociale; ecco perché non ammette né giustifica in alcuna misura l'esistenza delle classe che non lavorano o che comunque vivono da privilegiati sul lavoro altrui; fino a che tali classi sussisteranno contemporaneamente al comunismo anarchico, questo non riconoscerà nessun dovere verso di esse. Solo quando i membri delle classi parassitarie si decideranno a divenire produttivi e accetteranno di vivere nella società comunista anarchica alle stesse condizioni delle altre, solo allora essi occuperanno un posto come gli altri, quali liberi membri di una società in cui godranno gli stessi diritti e avranno gli stessi doveri di tutti gli altri lavorativi attivi.

Il comunismo anarchico aspira alla soppressione di qualsiasi sfruttamento e di qualsiasi violenza tanto contro l'individuo che contro le masse, in questa prospettiva stabilisce una base economica sociale del paese, assicura a qualsiasi individuo una situazione uguale a quella degli altri e tende a portare a ciascuno il massimo benessere. Questa base consiste nella messa in comune, sotto forma di socializzazione di tutti i mezzi e strumenti di produzione (industrie, trasporti, terra, materie prime) e la costruzione di organismi economici sul principio dell'uguaglianza e dell'auto – amministrazione delle classi lavoratrici. Nei limiti di questa società autogestita dai lavoratori, il comunismo anarchico stabilisce il principio di uguaglianza dei valori e del diritto di qualsiasi individuo (non della individualità in generale, né della individualità mistica e del concetto di individualità, ma l'individuo concreto). E' da questo principio di uguaglianza e dal fatto stesso che il valore del lavoro compiuto da ciascun individuo non può essere né misurato né stimato, che scaturisce il principio fondamentale economico e sociale del comunismo anarchico: “da ciascuno secondo le sue capacità a ciascuno secondo i suoi bisogni”.

IL RUOLO DELLE MASSE E DEGLI ANARCHICI NELLA LOTTA SOCIALE E NELLA RIVOLUZIONE

Le forze principali della rivoluzione sociale sono il proletariato urbano e rurale ed anche gli appartenenti ad altri strati sociali, come sotto-occupati, disoccupati ed altri. La concezione anarchica del ruolo delle masse nella rivoluzione e nella costruzione del comunismo libertario differisce in maniera assoluta da quella dei partiti statalisti: infatti mentre l'anarchismo lotta per una rivoluzione sociale, cioè strutturale, cioè tale da cambiare completamente i rapporti di produzione capitalistico-borghesi e, di conseguenza, anche tutte le sovrastrutture atte a riprodurli e a conservarli come la delega del potere, e ritenendo che solo il proletariato attraverso le sue organizzazioni di massa deve portare avanti la lotta di classe, cioè la lotta per la propria emancipazione economica e politica, rifiuta qualsiasi forma di delega, potere che porterebbe di fatto a ricreare le condizioni di sfruttamento e alla formazione di un ceto di intellettuali e burocrati piccolo-borghesi, che gestirebbero in un primo momento le lotte, in seguito la vita della nuova società, trasformandosi in classe dominante. AL contrario, il bolscevismo e tutte le correnti che gli si avvicinano sono convinti che delle strutture oggettivamente controrivoluzionarie, nate per conservare lo sfruttamento e per riprodurlo, possono essere rivoluzionarie se gestire da rivoluzionari, ma a questo punto è palese la contraddizione, perché l'unico rivoluzionario, sia oggettivamente che soggettivamente, è il proletariato, in quanto soggetto della lotta di classe, che si organizza per autogestire le proprie lotte oggi e in futuro, dopo la rivoluzione, per autogestire la produzione e la distribuzione, non gli intellettuali o il partito o la “dittatura del proletariato” che si appropria della teoria rivoluzionaria, e in base a tale appropriazione sancisce il proprio potere e lo sfruttamento sul proletariato, trasformando la rivoluzione da sociale in ideologica.

Gli anarchici considerano, infatti, lo Stato proprio come il principale degli ostacoli per l'emancipazione dei lavoratori, in quanto usurpa tutti i diritti delle masse, togliendo loro qualsiasi iniziativa e funzione nella vita sociale ed economica. Lo Stato è infatti simultaneamente la violenza organizzata della classe dominante verso i lavoratori e il sistema dei suoi organi esecutivi. Tenendo conto di tutti i tipi passati e presenti di Stato, noi possiamo trovare la definizione dello Stato nella formula “apparato della classe dominante”.

Questo deve essere distrutto dalle forze rivoluzionarie sin da primo giorno della rivoluzione, perché una gestione soggettivamente rivoluzionaria dello “apparato statale” rigenera le condizioni che producono una società divisa in classe.

I socialisti autoritari considerano anch'essi l'autorità e lo Stato come dei “servitori del capitale”, ma ritengono che l'autorità e lo Stato possano diventare nelle mani dei partiti socialisti un mezzo potente nella lotta per l'emancipazione del proletariato.
Questi partiti sono per una autorità socialista e uno Stato proletario; noi consideriamo queste due tesi fondamentalmente controrivoluzionarie e storicamente negative per l'emancipazione del proletariato.

L'autorità è sempre stata legata all'asservimento ed allo sfruttamento delle masse proletarie; nasce da questo sfruttamento o è creato nell'interesse di questo; l'autorità senza sfruttamento e senza violenza perde qualsiasi ragione di esistere. Lo Stato e l'autorità levano dal proletariato l'iniziativa, uccidono lo spirito di creazione e dell'attività libera, coltivano in esse la psicologia di sottomissione, di attesa, di speranza di salire la scala sociale, di cieca fiducia in guide, di illusione di condividere l'autorità, quindi l'emancipazione dei lavoratori non è possibile che nel processo di lotta rivoluzionaria diretta dal proletariato e dalle sue organizzazioni di classe contro il sistema capitalistico.

La conquista del potere con mezzi parlamentari, sostenuta dai partiti socialdemocratici e da tutti i riformisti comunque etichettati, nelle condizioni dell'ordine attuale, non farà avanzare di un sol passo l'opera di emancipazione dei lavoratori, per il semplice fatto che il potere legale e di conseguenza quello reale, resteranno ad una classe dominante che terrà nelle sue mani tutta l'economia e la politica di un paese.

La rivoluzione non si improvvisa, nasce perché le condizioni storiche oggettive e soggettive (momento economico e politico favorevole, livello di coscienza di classe necessario o sufficiente dal punto di vista qualitativo e quantitativo) e non la nostra volontà individuale, lo permettono.

Occorre accentuare al massimo la lotta di classe e quindi svegliare e sviluppare la coscienza di classe e l'intransigenza rivoluzionaria. Ma l'educazione delle masse da sola non basta, è anche necessaria un'organizzazione autonoma delle stesse; per realizzarla bisogna operare in due sensi: da una parte in quello della selezione e del raggruppamento delle forze rivoluzionarie del proletariato urbano e rurale su una base teorica comunista anarchica, dall'altra parte nel senso del raggruppamento del proletariato urbano e rurale sulla base economica della produzione e del consumo.

La rivoluzione sociale instauratrice di una società senza classi si compie con la simultanea liquidazione della classe dominante come tale e dello Stato come apparato della classe dominante. Questa simultaneità dello sbocco del processo rivoluzionario si realizza attraverso l'intervento congiunto contro il regime da parte delle organizzazioni proletarie di massa (i consigli di fabbrica, collettività agricole, comitati popolari) e da parte dell'organizzazione politica di classe (minoranza rivoluzionaria).

ANARCHISMO E SINDACALISMO

Noi consideriamo artificiosa e priva di ogni buon senso la tendenza che oppone il comunismo anarchico al sindacalismo e viceversa. I concetti di anarchismo e sindacalismo appartengono a due diversi piani: mentre il comunismo anarchico è lo scopo della lotta anarchica, il sindacalismo, cioè il movimento operaio rivoluzionario organizzato sindacalmente, non è che una delle forme di lotta rivoluzionaria di classe. Raccogliendo i lavoratori sulla base della produzione, il sindacato rivoluzionario, come del resto ogni movimento di carattere professionale, non possiede una determinata ideologia, non possiede una concezione del mondo che risponda a tutte le complicate questioni politiche e sociali della realtà contemporanea. Esso riflette sempre l'ideologia di diversi gruppi di politici, e precisamente di quelli che operano più intensamente fra i suoi aderenti.

Considerando il sindacalismo rivoluzionario unicamente come un movimento professionale di resistenza del proletariato, privo di una ideologia sociale e politica determinata e perciò impotente di risolvere da se stesso la questione sociale, noi riteniamo che il compito degli anarchici, nei ranghi di questo movimento, debba consistere nel tentativo di diffondervi le idee libertarie, di orientarlo anarchicamente per trasformarlo in uno strumento attivo della rivoluzione sociale.

Occorre comunque non dimenticare mai che se il sindacalismo non troverà al momento opportuno il sostegno dell'ideologia anarchica, esso ripiegherà, volente o nolente, sull'ideologia di qualsiasi partito politico statalista.

Il sindacalismo francese che un tempo brillava di parole d'ordine e di tattiche anarchiche, cadde poi sotto l'influenza dei comunisti da una parte e, soprattutto, dall'altra parte sotto l'influenza dei socialisti opportunisti di destra. Si tratta di un esempio sintomatico. Comunque l'azione degli anarchici nelle file del movimento sindacale rivoluzionario non potrà essere svolta se non a condizione che la loro opera sia coerentemente legata e sincronizzata con l'attività dell'organizzazione anarchica che si trova fuori del sindacato. In altre parole, noi dobbiamo aderire al movimento rivoluzionario operaio come forza organizzata, responsabile del lavoro svolto nei sindacati di fronte all'organizzazione anarchica. Senza limitarci alla creazione di sindacati anarchici, noi dobbiamo cercare di esercitare la nostra influenza su tutto il sindacalismo rivoluzionario, organizzato nelle più diverse forze. Potremo raggiungere questo scopo mettendoci al lavoro solo come collettivo anarchico organizzato e non in piccoli gruppi empirici senza alcun legame organizzativo e senza alcuna convergenza teorica tra loro.

Quindi formare dei raggruppamenti anarchici nelle fabbriche, che siano impegnati nella creazione di sindacati anarchici, in lotta nei sindacati rivoluzionari per la preponderanza delle idee libertarie nel sindacalismo stesso. Questa esigenza scaturisce dal nostro fine teorico, che è quello di costruire una organizzazione totale del proletariato, che sia autonoma ed autogestita; quindi è necessario far nascere un sindacato che permetta il confronto delle varie organizzazioni, con una metodologia giusta e perciò stesso libertaria, e quindi far rinascere e generalizzare l'esperienza di un sindacato anarchico.

PRINCIPI ORGANIZZATIVI

Fin qui abbiamo definito come nasce l'anarchismo e come esso agisce nella realtà storica, mettendo in evidenza la necessità di un movimento anarchico organizzato per poter influire sulla stessa realtà. Resta da definire la base sulla quale deve nascere una organizzazione rivoluzionaria per poter andare avanti sulla strada della rivoluzione stessa.

Nell'interno del movimento anarchico si sono sempre state diverse tendenze a volte inconciliabili tra di loro, per cui qualsiasi organizzazione che tentasse di unire tali tendenze è sempre fallita, sfociando in inutili polemiche teoriche, annullando qualsiasi tentativo di lavoro tra il proletariato.

La necessità di una organizzazione anarchica si è fatta sentire moltissimo durante la Rivoluzione d'Ottobre e la sua mancanza ha fatto disperdere l'intervento degli anarchici, i quali, in tali condizioni, non potettero essere di nessun ostacolo all'avanzamento della controrivoluzione bolscevica.

In seguito si è sempre portata all'interno del movimento anarchico la discussione sull'organizzazione specifica degli anarchici e del suo ruolo all'interno del movimento di classe.

Per noi tutti quei compagni che si propongono di intervenire all'interno del proletariato con una teoria e una prassi libertaria, fondata essenzialmente sui principi fin qui esposti, dovranno necessariamente coordinarsi in una organizzazione ben precisa, che ha come base di partenza una teoria comune, cioè i militanti anarchici devono avere necessariamente dell'anarchia la stessa idea. Infatti per noi il solo metodo per superare la crisi, la sola via per uscire dalla confusione, consiste nella differenziazione, consiste nel raggruppamento di nuclei militanti, sulla base di programmi teorico-pratici il più omogenei possibile: è questo lo scopo della piattaforma di organizzazione.

Il punto debole e più vulnerabile dell'anarchismo è stato l'assenza di programmi collettivi ed omogenei; a causa di ciò gli anarchici si sono trovati varie volte nell'impossibilità di presentarsi ai lavoratori con una concezione coerente e un programma pratico. Essi hanno bisogno, e subito, di vedere il più chiaramente possibile come possono giungere alla loro liberazione.

Quindi riteniamo che le idee anarchiche potranno divenire una bandiera per il proletariato solo se l'organizzazione avrà questi presupposti. L'unione degli anarchici sulla base di un programma coerente come quello dell'anarchismo si presenta, quindi, come la condizione necessaria e indispensabile per la rinascita e lo sviluppo del movimento.

E' inconcepibile per un militante rivoluzionario anarchico che si preso la responsabilità verso gli altri compagni e verso il proletariato e di portare alta la bandiera della rivoluzione sociale, agire individualmente, in quanto il suo atto ricade di fatto su tutto il movimento.

Quando si combatte la società capitalistico-borghese per instaurare una società libera di uguali, non si può agire individualmente per cose che riguardano tutti, perché di fatto saremmo in contraddizione con il fine che ci proponiamo e quindi controrivoluzionari.

L'anarchismo ha sempre negato l'organizzazione centralizzata, tanto nel campo della vita sociale del proletariato quanto in quello della sua azione politica. Il sistema della centralizzazione si regge sul soffocamento dello spirito di critica, dell'iniziativa e dell'indipendenza di ciascun individuo e sulla cieca sottomissione di vaste masse al “centro”. Le conseguenze naturali inevitabili di questo sistema sono l'asservimento e la meccanicizzazione della vita sociale e di quella dei partiti. Al contrario del centralismo, l'anarchismo ha sempre difeso e professato il principio del federalismo, che concilia l'indipendenza e l'iniziativa dell'individuo e dell'organizzazione con il servizio della causa comune. Conciliando l'idea dell'indipendenza e della soddisfazione dei diritti di ciascuna individualità con le necessità e i bisogni sociali, il federalismo apre perciò le porte ad ogni sana manifestazione delle capacità di ciascun individuo. Senonchè, molto spesso il principio federalista venne deformato tra gli anarchici: lo si intendeva sovente come il diritto di affermare il proprio “io”, senza tener conto dei doveri verso l'organizzazione. Questa falsa interpretazione disorganizzò nel passato il nostro movimento. E' quindi tempo di mettere fine, in maniera decisa e definitiva, a questo inconveniente.

Il federalismo è libera intesa fra gli individui e le organizzazioni per un lavoro collettivo, orientato verso un comune obiettivo. Orbene, una tale intesa, e l'unione federale fondata su di essa, non divengono realtà –invece che finzioni e illusioni – se non alla condizione che tutti i partecipanti assolvano ai loro doveri nel modo più completo e si conformino alla decisioni in comune discusse e accettate. In un lavoro sociale, per quanto vasta possa essere la base federalista sulla quale esso si fonda, non vi possono essere deliberati senza esecuzione. Questo è soprattutto inammissibile in una organizzazione anarchica che si assume impegni che riguardano esclusivamente i lavoratori e la rivoluzione sociale. Appunto perciò, la forma federalista dell'organizzazione, pur riconoscendo a ciascun membro dell'associazione il diritto all'indipendenza, alla libera opinione ed alle libertà individuali, lo incarica di determinati compiti organizzativi, esigendone la puntuale esecuzione, così come si pretende l'esecuzione delle deliberazioni adottate in comune.

Solo a queste condizioni, il principio federalista sarà vitale e l'organizzazione anarchica funzionerà regolarmente puntando verso l'obiettivo finale.

 

BIBLIOGRAFIA

Come testi introduttivi al documento, per una lettura critica, consigliamo:


(Originale ciclostilato presso il Centro di Documentazione Franco Salomone, Fano.)