Spagna 1936-'74

Allegato B

L'autogestione delle ferrovie nella Spagna rivoluzionaria

 

I ferrovieri spagnoli erano organizzati in due sindacati, il Sindacato Nazionale delle Industrie Ferroviarie (FNIF, che aderiva alla CNT) e il Sindacato Nazionale delle Ferrovie, aderente alla UGT.

Nel luglio del 1936 la UGT contava, sul piano nazionale, un maggior numero di aderenti, anche se la differenza non era notevole ed i progressi degli anarco-sindacalisti erano costanti. In Catalogna questi ultimi poi erano già i più numerosi.

In tutti i congressi della CNT s'era sempre affermato che la espropriazione delle ferrovie era una necessità immediata di una futura rivoluzione: così, vinto il fascismo nelle strade di Barcellona, i nostri compagni non persero tempo e il 20 luglio, mentre fuori per le strade ancora infuriava la battaglia, convocarono gli alti funzionari delle compagnie ferroviarie nella sala del consiglio di amministrazione. "Vi abbiamo chiamato per ricevere da parte vostra la rinuncia ai posti ed a tutti i diritti acquisiti nella Compagnia": era l'inizio dell'autogestione, i lavoratori, senza più padroni né dirigenti, si incaricavano di far funzionare le ferrovie. Cosa non facile, nelle condizioni in cui si trovavano. La rivoluzione, la guerra e l'avanzata fascista in Aragona avevano interrotto il traffico ed in tutte le stazioni si erano accumulati i vagoni. Il 21 i militanti ispezionavano la linea e lo stesso giorno partiva il primo treno carico di truppe per l'Aragona. Nel giro di pochi giorni la circolazione era ristabilita anche se l'opera di riorganizzazione era portato avanti quasi esclusivamente dai compagni della CNT, mentre la UGT, tenendosi in disparte, non faceva assolutamente nulla. Era stato subito nominato dai ferrovieri (che non avevano mai abbandonato il posto di lavoro) un comitato centrale rivoluzionario che, dopo alcuni rimaneggiamenti, fu organizzato con un compagno alla testa di ciascuna delle dieci sezioni tecniche, più un segretariato e un presidente. Le sezioni erano: traffico, servizi elettrici, contabilità e cassa, trazione, economato, servizi sanitari, ponti e binari, controllo e statistica e, oltre che dal membro del Comitato Centrale, erano dirette da un comitato organizzatore.

A) Il potere dell'assemblea

In un secondo tempo le assemblee dei lavoratori di ogni stazione nei centri minori e di ogni sottosezione nelle grandi città provvedevano a eleggere direttamente i delegati che presero il posto dei comitati organizzatori di sezione. I lavoratori di ogni località si riunivano in media due volte al mese per discutere e per prendere decisioni su lavoro e sulle condizioni di vita. In ogni stazione la gestione del servizio era affidata al comitato locale responsabile, composto da lavoratori eletti dall'assemblea generale. I membri del comitato non lasciavano il loro consueto lavoro, ed il loro operato era sottoposto al giudizio o all'approvazione degli operai nelle assemblee.

Il comitato centrale cominciò ad assumere la direzione solo dopo la metà del '37, sia perché i membri che lo componevano, tutti lavoratori manuali, non possedevano le conoscenze necessarie a sostituire rapidamente gli amministratori della vigilia, sia perché in principio la sua funzione continuava non era necessaria. Poiché il personale di ogni sezione continuava la sua consueta attività, i membri del comitato centrale dovevano all'inizio solamente vigilare sulla attività generale e coordinare il lavoro delle varie linee.

Senza azionisti, senza più ingegneri, senza più dirigenti, la circolazione continuava: 17.740 vagoni nell'ottobre del '36, 21.470 solamente due mesi dopo (e bisogna considerare che la vita economica del paese era danneggiata dalla divisione della Spagna in due territori), ci fanno comprendere le proporzioni dell'impresa. Furono anche commessi degli errori, come quello di far circolare troppi treni nei primissimi tempi dopo la rivoluzione: era l'entusiasmo che trascinava e non faceva considerare di dover risparmiare il carbone che, essendo importato dalle Asturie e dall'Inghilterra, sarebbe venuto a mancare con il protrarsi della guerra.

B) I miglioramenti salariali

I lavoratori presero subito provvedimenti per migliorare i salari, specialmente di quanti, come le donne cantoniere, guadagnavano talmente poco da essere costretti ad una vita di stenti. Stabilirono un salario minimo di 300 pesetas al mese (le donne cantoniere prima ne prendevano 75, mentre la media era sulle 200), ed anche un limite massimo di 500, a cui livellarono tutti gli stipendi più elevati.

Quello dei tecnici fu un grosso problema ed un grosso limite dell'autogestione, mancavano persone in possesso di quelle conoscenze tecniche indispensabili al buon andamento del servizio, anche se 5 ingegneri si erano presentati per riprendere il lavoro (il loro stipendio fu aumentato a 750 pesetas per invogliarli a tornare).

Un altro problema che i lavoratori dovevano affrontare era dato dalla posizione e dalle iniziative dell'UGT che, se all'inizio era stata costretta a mandare 4 delegati concordi con la maggioranza dei lavoratori per l'autogestione, in un secondo tempo, ligia alle direttive delle autorità governative (ligie alle direttive di Stalin), li sostituì con altri quattro che sostenevano la necessità di nazionalizzare le ferrovie e di eliminare i sindacati come organi responsabili. Questa lotta con la burocrazia statale rendeva diffidenti i lavoratori che non accettavano neppure il controllo sull'amministrazione, ben sapendo che non sarebbe stato altro che il primo passo verso maggiori intromissioni dello Stato.

E non avevano nulla da nascondere, anzi, pur essendosi trovati a dover cominciare la gestione con un passivo di 502.660 pesetas, pur trasportando gratuitamente tutto quanto serviva per la guerra in Aragona, pur facendo fronte ad un aumento di 668.667 pesetas per i ritocchi agli stipendi e pur subendo una diminuzione mensile di 1200 carri per l'interruzione del traffico con i territori occupati dai fascisti, riuscirono a mantenere costante il prezzo dei viaggi e del trasporto delle merci. Per far fronte alle difficoltà preferivano fare appello alla riorganizzazione generale dei mezzi di trasporto.

C) La riorganizzazione dei trasporti

La circolare che venne inviata a tutti i ferrovieri il 5 novembre fu una delle iniziative prese per procedere alla riorganizzazione generale su scala regionale dei trasporti. I risultati furono illuminanti sul buon funzionamento dei servizi gestiti dai capitalisti, in certe zone, come lungo la costa mediterranea della provincia di Barcellona, otto, dieci, dodici linee di autobus e di autocarri si accavallavano e facevano concorrenza sia al treno, sia tra di loro. Viaggiavano spesso vuoti, erano costretti, per vivere, a mantenere alti i prezzi dei trasporti mentre in altre regioni come la provincia di Lerida, decine e decine di paesi erano privi di un qualsiasi trasporto regolare, costretti così all'isolamento ed alla ignoranza che da esso deriva.

Attraverso il formulario si poté cominciare a conoscere la vita economica di tutta la regione, le necessità dei trasporti che ne derivavano, e si poté così cominciare a riorganizzare il tutto per il bene della società, non per quello delle compagnie, né per quello dei piccoli padroni. Per le località isolate della provincia di Lerida, ad esempio, furono organizzati dei trasporti regolari, che se per ora lavoravano in perdita, erano mantenuti in vita dalle più remunerative linee della costa.

Il ruolo del governo fu, anche in questo caso, di cercare di ostacolare, di intralciare l'azione dei lavoratori. Solo dopo molti sforzi essi riuscirono ad ottenere la collaborazione del "Servizio di Statistica dei Trasporti" della Generalità di Catalogna per compilare un nuovo e più ampio formulario in cui si facevano più di 57 domande sulle caratteristiche naturali, sui mezzi di comunicazione, sul traffico delle merci, sull'importanza delle scuole e sulla loro dislocazione, su numero, caratteristiche e dati dei taxi, autobus, camion, bastimenti, automobili e sul grado della loro collettivizzazione, ed infine sul problema sindacale.

La riorganizzazione dei trasporti fu attuata riunendo tutte le linee ferroviarie (la rete Madrid-Saragozza-Alicante, quella del nord e la catalana) sotto la direzione di un comitato centrale regionale.

In ogni stazione, cantiere o reparto i lavoratori nominavano liberamente un delegato responsabile, incaricato della direzione e coordinazione dei servizi di quella particolare dipendenza. Erano questi delegati che facevano parte dei comitati di sezione (gestione, controllo e statistiche, commercio e reclami, materiale e trazione, ecc.) in cui venivano eletti i delegati che andavano a far parte del Comitato Centrale.

Tutti i delegati che facevano parte dei comitati di sezione continuavano, per tutto il tempo della loro delega a svolgere il loro lavoro e si riunivano nelle ore di libertà.


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