"LA COMUNE DI PARIGI"

Conclusioni

 

Siamo ormai all'epilogo di questa grande pagina di storia: il 21 maggio, domenica, le truppe versaglieli entrano a Parigi.

Sarà l'inizio di una battaglia che quartiere per quartiere, strada per strada, casa per casa vedrà i comunardi costretti a ripiegare lentamente sotto il fuoco nemico.

Troppo facile sarebbe la descrizione di quelle pagine di eroismo scritte col sangue da migliaia di proletari che piuttosto che cedere al nemico di classe preferirono la morte, come troppo facile sarebbe ripercorrere passo passo gli ultimi decisivi errori che il Consiglio commise nella difesa della città (un esempio: "il 19, mentre si scatenava il bombardamento della cinta, la Comune discuteva sui problemi dei teatri" (15)); basti dire che gli uomini, donne e bambini, che moriranno in questi giorni lo faranno coscientemente, non come bestie mandate al macello in una delle tante guerre "sante" ma come interpreti e protagonisti di un episodio che resterà storico per il proletariato si tutto il mondo.

Questa coscienza del proprio ruolo che viene sostenuto fino alla fine è la logica conseguenza di un processo che ha visto operai trasformarsi in pochi mesi da oggetti in soggetti, da strumenti in individui che lottano per qualcosa che trascende l'immediato e abbraccia la visione di un mondo trasformato rendendoli capaci di qualsiasi sacrificio.

Dopo una settimana di agonia la Comune cessa di esistere, e la borghesia potrà scatenare la tanto attesa vendetta e il freddo livore con cui pone in atto la rappresaglia è la logica conseguenza del terrore provato da una classe che ha visto da vicino l'ora della resa dei conti.

"Al signor Thiers resta da assolvere un compito di estrema importanza:purgare Parigi…Non si presenterà più una simile occasione di risanare Parigi dalla cancrena morale che la sta divorando da vent'anni. 

D'altro canto che cos'è un repubblicano? Una belva...

Che tutti gli onesti diano il loro aiuto per finirla con questo putridume democratico internazionale", scriverà "Le Figaro", riassumendo così il pensiero di tutti i benpensanti francesi, che si vedranno nelle settimane successive soddisfare ampiamente questa esigenza da una soldataglia che potrà finalmente sfogarsi a sazietà in un'orgia di sangue e di violenza.

"Ventimila uomini, donne e ragazzi uccisi durante la battaglia e dopo la resistenza a Parigi e in provincia; almeno tremila morti nelle carceri preventive, sui galleggianti, in fortezza, in prigione, nella Nuova Caledonia, in esilio o in seguito a malattie contratte in prigionia; 13.700 condannati a pene durante nove anni; donne, ragazzi, vecchi privati dei loro naturali sostegni o buttati fuori della Francia; 170.000 vittime circa, ecco il bilancio della vendetta che si prese l'alta borghesia contro la rivoluzione di due mesi del 18 marzo" (16).

Su queste parole di Lyssagaray concludiamo questa brevissima carrellata; i problemi di maggiore portata sono stati solo brevemente accennati (per esempio la partecipazione femminile alla Comune) o addirittura ignorati; il senso di questo scritto del resto non voleva essere una ricostruzione storica particolarmente curata ma, semplicemente, la ricerca di quelle espressioni organizzative autonome che il proletariato sempre raggiunge quando la coscienza del proprio ruolo si affianca a un momento dinamico particolarmente vivo.

Movendoci sotto quest'ottica possiamo ritrovare i vari momenti in cui questa coscientizzazione si attua:

da una generica insofferenza si passa, durante la guerra franco-prussiana, alla decisa opposizione che sfocia nella sollevazione generale del 4 settembre.

Cacciato l'imperatore e proclamata la repubblica, una fase di riflusso generale nella lotta segna l'avvento al potere dei vari Trochu, Favre, ecc. Ma non appena comprende come chi gestisce il potere non fa altro che rappresentare i propri interessi e quelli della sua classe di provenienza, ecco il proletariato risollevato che con un unico colpo si scrolla di dosso tutti i manutengoli e i parassiti borghesi.

E in quei due mesi gloriosi vediamo questo stesso proletariato riempire di contenuti e dare un significato a quel gesto spontaneo; possiamo osservare giorno dopo giorno il processo che porta questi operai a riunirsi per discutere, decidere, cambiare, plasmare una nuova società praticamente dal nulla, possiamo assistere al rapidissimo processo organizzativo che li porta, ben presto a superare in chiarezza e in capacità di analisi quelle stesse "avanguardie" cui inizialmente aveva delegato la gestione sociale della Comune.

Ed è in questo momento che i proletari parigini raggiungono quella coscienza politica che li accomuna agli operai di Pietroburgo e ai marinai di Kronstadt, ai proletari ungheresi della rivoluzione del 1919-'19, ai contadini dell'Andalusia e agli operai di Barcellona del 1936.

Il rifiuto di una delega passiva, la precisa esigenza di organi decisionali gestiti assemblearmente dal popolo stesso, il rifiuto di qualsiasi compromesso di classe sono quegli elementi che emergono più chiaramente da quei due mesi di lotta.

Non ci interessa riesumare la vecchia polemica Marx-Bakunin, né andare a interpretare in questa o in quella chiave "La guerra civile in Francia"; sarebbe un falso problema interpretare in maniera centralizzata o libertaria l'esperienza del proletariato parigino; né possiamo ipotizzare quale sarebbe stata l'organizzazione sociale della Comune se questa non fosse stata soffocata dalla reazione.

L'unica base su cui è accettabile il tentativo di interpretazione della Comune è la riscoperta della lotta, degli errori, dell'auto-organizzazione che il proletariato come classe, come corpo sociale si è dato in questo periodo chiave della storia; esperienza che non può non essere acquisita da quei militanti rivoluzionari che ritengono possibile la realizzazione concreta di una società senza sfruttamento e senza classi quale è stata, in embrione, la Comune del '71 e che continuano a ritenere valido ciò che Pottier scriveva più di cent'anni fa e cioè che "La Comune non è morta". 

 

(15) "La Comune del '71", E. Tersen - J. Dautry
(16) Lyssagaray, "Storia della Comune


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