Fuori dalle grinfie?

 

C'è chi crede, e lavora, a una microeconomia che sia capace di creare reti, occupazione, salute , magari arrivare a strappare brandelli di territori al capitalismo, partendo da alcuni punti saldi. In Italia sono censiti un centinaio di GAS, Gruppi di Acquisto Solidale, il che significa diverse migliaia di persone che, nella vita di tutti i giorni, fanno della spesa un momento collettivo di riflessione sul territorio, scegliendo su criteri "politici", dai metodi di coltivazione alla sensibilità politica al rispetto dei diritti del lavoro. L'acquisto diretto dal produttore permette l'abbattimento dei costi indiretti e di ricarica, a parte il trasporto;, la gestione collettiva degli ordini e della distribuzione è un'ottima palestra assembleare proficua, il rapporto sul territorio essenziale. 

II produttori che fanno parte di queste realtà sono in alcuni casi stati capaci di creare uno standard assolutamente elevato di qualità senza rinunciare ai principi e agli ideali da cui sono partiti. Maurizio Gritta, uno dei fondatori della Cooperativa IRIS di Calvatone (CR), è uno di questi. 

Puoi farci una breve panoramica della vita della IRIS, come nasce e come è arrivata oggi. Insomma, come definiresti la IRIS?

Nasce il 30 ottobre '84, quest'anno sono 20 anni e stiamo preparando grandi festeggiamenti per il 3 ottobre: viene fondata da un gruppo di giovani che si riuniscono da tempo, in un gruppo variegato dove era forte l'influenza libertaria, ma c'era anche chi veniva dal PCI e chi non era attivo politicamente, qualcuno che all'epoca era definito qualunquista. Quello che ci accomunava è stato la centralità del biologico, il rispetto dell'ambiente la cooperazione. Più donne che uomini, e questo è stato significativo nella sensibilità dimostrata dalla cooperativa in questi anni. 

Nella prima fase si è trattato di puro autosfruttamento consapevole. Non ci pagavamo stipendi, ma dividevamo quello che sarebbe venuto fuori. Poi le cose sono andate avanti, mantenendo ferme delle discriminanti forti, anche sui rapporti di lavoro: gestione collettiva.

Possiamo dire che per noi la IRIS è uno spazio per le nostre idee che siamo riusciti a tenere aperto nel territorio, sono valori portati avanti con il lavoro, una esperienza giovanile che sta durando. 

Con quanti gruppi e di quali realtà siete in contatto come cooperativa; in Italia e all'estero?

Come rispondere? Tantissimi. Centinaia di gruppi d'acquisto in tutta Italia, prevalentemente al nord perché privilegiamo il criterio della distanza (anche per abbattere, se possibile il costo del trasporto), associazioni, centri sociali... Una comune francese radicata nelle valli al di là delle Alpi ci fa ordini di 3 quintali per volta, così come comuni italiane, ma anche colonie e campeggi per ragazzi organizzate da associazioni cattoliche, campi di lavoro archeologici. Tutto e il contrario di tutto ma accomunati dalla ricerca di trasparenza e consapevolezza che con il mangiare sano bisogna sostenere e salvaguardare ambiente e diritti.

Siamo in rete anche con tantissimi produttori, che aiutiamo e sosteniamo. Ciascuno di noi fa distribuzione solo dei suoi prodotti, e questa è una scelta precisa, perché evita il ricarico economico, ma è sempre pronto a consigliare, e garantire, un produttore che tratta altri prodotti, o magari anche gli stessi nostri, ma che sia più vicino a chi si rivolge a noi. In questi casi si mette in gioco la propria credibilità, costruita in tanti anni, anche a favore di realtà che stanno nascendo adesso, ma che conosciamo e di cui fidiamo come garanzia di qualità e di coerenza. Così la rete si stringe sul territorio. 

Dal biologico alla certificazioni di qualità o rete informale: sempre più spesso produttori biologici della prima ora, come voi, stanno ripensando alla certificazione biologica puntando a un insieme di reti: puoi spiegarci questo passaggio? 

Noi siamo stati capaci, all'epoca, di imporre una certificazione biologica, esterna, su criteri da noi decisi, a tutela della coltivazione biologica e per entrare nel mercato. Abbiamo marcato una discontinuità e indicato una strada, dimostrandoci capaci di dare uno scossone in cui sono passati alcuni principi. Oggi, con la crisi della sicurezza alimentare, il biologico è cresciuto ovunque, e molto spesso il mercato lo ha riassorbito completamente. Ma c'è ancora tanta gente fuori, anzi più di ieri, e molti in grado di sostenere e scegliere le differenze. Il nostro sistema di distribuzione parte dal biologico certificato, e ora in molti casi è capace di scegliere il biologico sostanziale, in particolare per i piccoli produttori che non potrebbero permettersi i costi della certificazione. 

Va considerato che nei GAS si crea uno stretto rapporto tra produttori e consumatori, spesso produttori a loro volta, e quindi dotati di competenze specifiche. Si viene a visitare le realtà con cui si è in contatto, e c'è sempre chi ha competenze sul biologico e sull'agricoltura, perché il GAS è composto anche da produttori. E quindi c'è un passaggio di competenze e un confronto continuo, in un clima inimmaginabile per chi crede alla concorrenza come unica forma di rapporto in campo commerciale. Sta a tutti noi, non solo produttori, essere capaci di continuare a portare produttori e consumatori sempre un po' più fuori dal mercato. 

Corrieri, fisco, controlli, bolle di consegna: quanto è ancora possibile, e in che misura, l'aspetto informale in alcuni circuiti?

Molto ancora si riesce a fare, anche se stiamo studiando: è su questo che ci aspettiamo l'attacco del sistema e non vogliamo farci cogliere impreparati. Ora che i numeri stanno diventando consistenti sui corrieri è più facile in corso d'opera riconvertire piccoli corrieri. A Milano si è riuscito a inserire anche il trasporto nella filiera, tramite un trasportatore che si è "riconvertito" in corriere. Parliamo di un centinaio di migliaia di euro di merce l'anno, non briciole. Dice che lavorare con noi non è la stessa cosa che consegnare nei negozi normali, trova modo di fare due chiacchiere e magari di prendere un'incazzatura, ma si sente parte di un tessuto che cresce.

Cooperative, gruppi di acquisto solidali, commercio e finanza etica: quanto si sta dimostrando dirompente questo intreccio? Quanto invece non rischia di ridurre impegno e militanza al "tu voti ogni volta che fai la spesa", e solo lì?

L'intreccio è dirompente perché si è creata una sinergia importante, in cui realtà ormai stabilizzate, come la nostra, riescono ad essere la punta di diamante che fa coagulare il processo e dà credibilità al sistema. I gruppi d'acquisto hanno maglie di tolleranza etica molto basse, e questo è una spinta e uno stimolo continuo per i produttori a non trascurare nessun aspetto della produzione e potenzialmente della filiera. Il grado di compromissione con il sistema è sempre il minor male possibile, quello che proprio non si è ancora studiato è il modo per riuscire ad evitare il ricorso al mondo finanziario. La finanza etica è un aspetto ancora non risolto, il meccanismo di Banca Etica non ci soddisfa pienamente, perché non riesce a concretizzare in progetti quello che raccoglie, e per garantire il risparmio è costretta a ricorrere a BOT e CCT.

Per quello che riguarda il "voti ogni volta che fai la spesa", beh... si vota in senso anarchico: è il perfetto rifiuto della delega, perché sai a chi dai forza e chi fai crescere.

Cosa faremo da grandi? Quanto manca alla soglia critica oltrepassata la quale passi da nicchia del mercato a sabbia nel motore del capitalismo, ammesso di arrivarci? 

In termini bocconiani, ormai non siamo più nicchia ma segmento, in termini bocconiani; all'interno del segmento c'è una parte che è fuori dal sistema e crea altro mercato. Dentro al mercato sei di necessità all'inizio, quando sei costretto con i debiti, e in quel momento sei in mano al sistema. Poi però bisogna riuscire a tenere la testa alta, e a continuare a fare quello che volevi. Noi vogliamo riuscire a fare economia, e se per farlo tocca passare per il credito tradizionale, perché i compagni non bastano, perché il movimento non ha strutture sue proprie che funzionano, ancora, sappiamo che al mercato restituisci sangue e sudore. Ma non puoi e non devi restituire i tuoi progetti e farti inglobale dal mercato per sopravvivere, magari coltivando biologico e vendendo all'Esselunga. Oggi il sistema biologico è al bivio, ma la scelta sulla strada da imboccare è in mano al singolo produttore e al singolo consumatore, e dipende da quanto ciascuno è disposto ad investire. 

Quando all'estero, nel movimento, si sente parlare di aziende autogestite, viene il dubbio che si possa tradurre in italiano con cooperative. Il movimento delle cooperative in Italia ha davvero perso il treno e si sono chiusi tutti gli spazi per l'autogestione nelle cooperative italiane, o esiste ancora qualche possibilità di progettualità libertaria? E, meglio, il movimento libertario ha ancora qualcosa da proporre in questo campo?

Il movimento cooperativo era già morto quando abbiamo cominciato noi. Rimane qualche spazio solo nel sociale, perché è funzionale allo smantellamento dello stato sociale. Come forma di produzione comunque rimane una possibilità. Il nostro modo di pensare la società è sempre il più attuale. Ma c'è un problema pratico: il movimento libertario ha idee e non abbiamo braccia. Perché i figli dei compagni non si mettono in queste esperienze? Non c'è più spinta nel movimento culturale? Sono domande che anche io mi faccio. 

Ma se dovessi definire il termine autogestione oggi direi: qualcosa che crea lavoro e ricchezza e soddisfacimento di bisogni, reinvestendo nello sviluppo di altre realtà non controllate direttamente, che condividono lo stesso obiettivo culturale, offrendo aiuto reciproco nella crescita professionale, in una filiera non gerarchica. 

"Ma la domanda fondamentale è: chi, da questa parte dell'Atlantico potrebbe immaginare una tale situazione, continuare a domandarsi come coniugare sperimentazione sociale, lavoro, radicalità e rispetto delle condizioni di lavoro? La ricetta: una sola, molto semplice: la convinzione che è possibile, a partire dai problemi che si pongono, qui e ora, 'seminare da ora il grano del socialismo'. Niente di più, niente di meno, che una voglia furiosa di non farsi dettare le regole del gioco." Come commenti queste frasi dette da un tuo "collega" brasiliano nel parlare della sua esperienza? 

Le sottoscrivo. Le nostra esperienza è quella di poter coagulare attorno a un progetto pratico, che crea economia e lavoro, valori come il rispetto dell'ambiente, il recupero della ruralità, il rispetto dell'uomo. Io ho imparato da mio padre e dai vecchi, quando non era di moda farlo, e cerco di trasmettere la mia esperienza. Ma se il lavoro si impara bisogna attualizzarlo e lavorando praticamente si attualizzano anche le idee, come il socialismo, attraverso il fare passano valori come quello della pace e del rispetto dell'uomo. Parlo di un rispetto laico, chiaramente non la religiosità esteriore e massificante che io ho sempre rifiutato e continuo a rifiutare. Però devo dire che, contrariamente a quanto si può pensare, tanta laicità è presente anche nell'area cattolica radicale, in cui spesso ho trovato unità sincera di intenti. Anni fa non l'avrei mai fatto, ora posso sedermi a tavola con un prete o un frate, al di là della tonaca. Anche perché, forse, per loro non è più peccato mangiare polenta e cotechino sotto una bandiera rossa. Provo più disagio a volte con dei vecchi compagni dell'ex-PCI, che hanno fatto del pragmatismo e del razionalismo una caricatura, ma sono capaci di mettere in vendita, e pensano di poter comprare, tutto. L'IRIS è una realtà che non nasconde la sua anima libertaria, ma non si nasconde dietro questo. Come ho risposto a un convegno internazionale a una signora che mi dava del Bovè italiano, chiedendomi se sarei stato capace di bruciare un McDonald's, lavorando come facciamo noi secondo me distruggiamo questo sistema più che bruciando delle vetrine, azione che è un evidente sintomo di repressione emotiva e sessuale. E chi lavora con noi fa politica nei prezzi, nella trasparenza, nel rispetto dell'ambiente, anche senza tessera in tasca, senza essere necessariamente passato attraverso una scuola quadri .  

Intervista a MAURIZIO GRITTA a cura di Lia Didero
Maurizio Gritta è Presidente della Cooperativa IRIS