Bagatelle per un massacro

 

L'esercito israeliano sta duramente colpendo la città di Gaza, come sempre, e con un copione ormai vecchio e ripetitivo va avanti la politica di annientamento della popolazione palestinese.

Centinaia di vittime, migliaia di feriti, con un'accelerazione della politica di distruzione della popolazione di Gaza, già duramente provata da un barbaro embargo, che ha di fatto rinchiuso in un ghetto migliaia di persone privandole delle più elementari necessità.

L'informazione, quasi tutta, si appresta a leggere le veline delle forze armate israeliane, le vittime devono essere vittime di loro stesse, la vergognosa propaganda bellicista israeliana ha già trovato nuovi e vecchi pennivendoli a cui assegnare il prossimo premio amici di Israele.

Tutti contro Hamas, l'indifendibile Hamas, partito vincitore delle ultime elezioni nella striscia di Gaza, è un vecchio ed ormai liso copione, quello di scegliersi gli interlocutori desiderati, alla fine degli anni '70 fu il governo Begin che decise i primi stanziamenti alla Alleanza islamica dello sceicco Yassim, intervento economico incrementato dal successivo governo Shamir, che permise ai movimenti islamici una continua conquista ed ascesa tra la popolazione palestinese, sottraendo peso e prestigio internazionale all'OLP di Arafat ed in modo particolare al Fronte di liberazione della Palestina, i cui dirigenti venivano assassinati o incarcerati, (il caso di Marwan Barguti ne è la testimonianza più evidente).

L'unico responsabile di quello che sta accadendo e di ciò che sembra addensarsi per il prossimo futuro è la politica guerrafondaia e razzista dello Stato Israeliano sessanta anni di guerre hanno dapprima consolidato una casta militare che di fatto controlla tutto il paese, un economia di guerra assistita che ha drogato l'economia e reso buona parte della popolazione legata al ciclo economico sicurezza-guerra.

Non sarà la mafia degli Abu Mazen o il presunto integralismo di Hamas a limitare la nostra solidarietà e la nostra lotta a fianco della popolazione palestinese ed al movimento pacifista e anarchico israeliano, da anni impegnato nelle lotte contro la costruzione del muro in Cisgiordania, contro la distruzione delle case palestinesi e contro la politica di nuovi insediamenti.

Non abbiamo mai creduto che la fine dell'aggressione israeliana si risolva nella formula "due popoli, due stati", a meno che si voglia legittimare la nascita di nuovi ghetti nei quali la condizione di vita per la popolazione palestinese sarà fortemente privata dei più elementari diritti.

La fine del conflitto che da sessanta anni insanguina la costruzione dello stato di Israele sarà resa possibile e praticabile se la comunità internazionale saprà ascoltare le voci, le lotte, le speranze, che se ancor limitate, vogliono costruire una pace in una terra che unisca i popoli e non gli Stati.

Su queste basi, e non su tesi rivolte alle dispute di bottega si può ragionare dell'aggressione israeliana, dobbiamo ringraziare chi ha permesso la riuscita della manifestazione di sabato 3 gennaio a Reggio Emilia che ha visto finalmente protagonisti i migranti, persone che a Reggio Emilia vivono e lavorano; grazie a loro ed al laboratorio AQ16 finalmente a Reggio Emilia si è levata una voce indignata per il massacro di Gaza, altro che bandiere bruciate, dov'è l'indignazione nei confronti di un popolo massacrato, dove i bambini impazziscono sotto i bombardamenti.

Noi libertari, senza partito, senza stato, senza potere, stiamo ancora dalla parte degli oppressi, oggi stiamo con il popolo palestinese.

Per la Federazione dei Comunisti Anarchici (Reggio Emilia)

Gino Caraffi
 

(gennaio 2009)

[Comunicato stampa inviato al giornale La Gazzetta di Reggio Emilia.]