Libano:

Una finta pace tra una guerra interrotta e quella che verrà

 

Eserciti europei stanno per schierarsi nel sud del Libano - con le bandiere dell'ONU, in nome della UE e della NATO - fiduciosi che Tsahal ritiri le truppe e le navi e metta gli aerei negli hangar. Italia, Francia e Spagna mandano 7.000 uomini a garantire una "pace" nel segno della potenza israeliana.

Il Libano è infatti un paese distrutto nelle sue infrastrutture. E’ quello che soprattutto voleva Israele.

I morti civili sono oltre 1000, gli sfollati un milione, una società civile a pezzi; un paese in ginocchio ed ora obbligato ad una onerosa economia di ricostruzione. E’ quello che voleva Israele.

Ora Hezbollah sono osannati come vittoriosi eroi di guerra in Siria ed in credito di riconoscenza - come resistenti e come potenza economica di ricostruzione - in un Libano che da oggi si scopre un po’ meno laico; la resistenza delle milizie sciite ha dato filo da torcere a Tsahal pur senza impedire le distruzioni ma ha legittimato lo stato-ombra del Partito di Dio in tutto il Libano. Quello stesso stato-ombra con cui Israele aveva trattato nel recente passato un cospicuo scambio di prigionieri e con cui non ha mai smesso di trattare. Infatti Hezbollah è vivo e vegeto: e ad Israele va bene. La guerra non potrà mai finire; la classe dirigente israeliana continua a condannare il suo paese allo stato di guerra come dimensione di vita.

Gli eserciti europei faranno perciò da scudo tra uno Stato che sa di avere un luminoso futuro imperialista nell’area (sta per arrivare dalla lontana Baku il petrolio nel porto turco di Cehyan - a soli 30 km dal nord del Libano - e da lì un oleodotto sottomarino lo porterà al porto di Ashkelon in Israele, che lo commercializzerà), ed un paese ancora una volta martoriato e spossessato della sua terra, dei suoi beni, della sua autonomia, tra le continue invasioni israeliane ed il protettorato siriano. La Francia non poteva restare muta di fronte agli appelli della "sua" borghesia libanese; l’Italia non poteva perdere questa occasione per ricostruirsi un ruolo nello scacchiere mediterraneo e con lei la Spagna, entrambe alle prese con seri problemi di immigrazione dai paesi costieri. Ma tutta l’Europa spera di guadagnarci indirettamente, sulla distanza: una riduzione almeno dell’1% del prezzo del petrolio e le solite commesse nella ricostruzione. Senza contare la partecipazione della Turchia, amica di Israele, ed un’eventuale presenza della Russia, gradita alla Siria (vedi progetto di base navale russa nel porto siriano di Tartus). Nello scontro interimperialistico che va dal Medio Oriente all’area turanica, il fronte libanese sarà ancora il campo di battaglia tra gli interessi che dall’Iran guardano verso ovest tramite la Siria ed il Partito di Dio in Libano, e l’avida potenza di Israele, per procura USA. Lungi dall’essersi incrinato l’unilateralismo statunitense, l’Europa non può che portare perciò una finta pace su un fronte senza futuro di pace.

Senza futuro finché non matureranno movimenti realmente anti-imperialisti ed antimilitaristi da entrambe le parti, in grado di mobilitarsi per il ritiro di soldati e coloni di Israele dai territori occupati dal 1948 in poi, per la smilitarizzazione di tutta l'area ed il disarmo. Per questo non possiamo che porre la nostra fiducia nella speranza che i lavoratori e le lavoratrici di Israele si organizzino per respingere la politica militarista e colonizzatrice dei loro dirigenti, e tendano la mano al popolo palestinese (vittima sacrificale e misconosciuta in questo conflitto). Nel fatto che il popolo libanese riesca ad opporsi alla minaccia israeliana, e a dimostrarsi capace di ricostruire, oltre ai ponti e alle strade, quella società civile composita e laica che si stava organizzando negli ultimi tempi, liberandosi dell'ingerenza dello Stato siriano e della influenza militare e religiosa incarnata nel partito di Hezbollah.

A tutti coloro che si oppongono alla guerra, ai comitati popolari di resistenza palestinesi contro il muro, al movimento israeliano degli Anarchici contro il Muro, ai militanti comunisti libertari di Al-Badil in Libano vada tutta la solidarietà internazionale del movimento comunista anarchico e libertario perché dalla loro attività nascano speranze di rinascita nella società civile palestinese, israeliana e libanese, per la pace contro ogni militarismo, per la solidarietà contro ogni cultura di morte, per l’emancipazione contro il dominio di qualsiasi èlite. In Israele, nella Palestina occupata, nel Libano e in tutto il Medio-Oriente, la via verso la pace non è quella dei rapporti di forza militari, la pace non può che nascere da un equo accesso alle risorse e alle ricchezze e non può che avere un futuro nella costruzione di un’alternativa popolare laica, internazionalista ed anti-imperialista.

Roma, 29 agosto 2006

Federazione dei Comunisti Anarchici