Tragedia (in)utile

 

Kossovo italianizzato, Kosovo in lingua serba (la lingua in realtà sarebbe il serbo-croato ma dopo le varie guerre i governi hanno fatto di tutto per differenziare le culture alimentando perciò artificialmente la divisione etnica e il conseguente odio da usarsi strumentalmente); Kossava in lingua albanese.

Il Kossovo, useremo la dizione italianizzata per non offendere la sensibilità di nessuno, è una regione dell'attuale federazione Jugoslavia, confinante a sud con la Macedonia, ad Ovest con Albania e Montenegro, al nord ed ad est con la Serbia. Ha circa due milioni di abitanti, dato molto approssimativo perché ricavato dal censimento del 1991 avvenuto in una situazione politica instabile, ripartiti secondo le seguenti etnie: 85% albanesi, 9% serbi, e il restante 6% ripartito tra turchi, ROM e croati. Il territorio occupa una superficie di kmq.10887. Le centrali elettriche del Kossovo riforniscono di energia Belgrado. Si trovano in questa zona miniere di carbone (specialmente lignite), piombo, zinco; nelle vicinanze di Trepca ci sono giacimenti di magnesite, asbesto, nichel, cromo. Gli albanesi Kossovari parlano il dialetto ghego che insieme al Tosco caratterizzano la lingua albanese. In Albania il primo dialetto viene parlato al nord mentre l'altro viene parlato nel sud, questa divisione linguistica si ripercuote anche in divisioni politico-economiche, nord collegato alla fazione di Berisha sud socialdemocratico.

L'impero romano conquista il Kossovo nel 33 a.c.; nell'ottavo secolo dopo Cristo passa sotto il controllo dei Serbi chiamati da Bisanzio per difendere i confini dell'impero d'oriente. I serbi nel 1389 persero la battaglia denominata di Kosovo-Polie, con conseguente perdita del territorio che entrerà a far parte dell'impero ottomano. Nel 1912 dopo la prima guerra Balcanica il Kossovo verrà nuovamente affidato alla Serbia.

Questa è una regione povera e di frontiera tra occidente ed oriente. Durante la dominazione turca gli albanesi abbracciano quasi totalmente la religione mussulmana, i serbi non abbandonano il territorio e continuano a professare la religione cristiano ortodossa. La battaglia persa dai Serbi e i luoghi di culto ortodossi sparsi per il territorio sono usati strumentalmente dalla propaganda del Governo per giustificarne il controllo politico-economico. Il Kossovo è definito dalla propaganda governativa "la Gerusalemme serba". Durante l'impero ottomano le zone abitate dalla maggioranza albanese erano divise in quattro governatorati (Vilayet); Kosovo, corrispondente approssimativamente all'attuale Kossovo; Bitola, corrispondente ad una parte dell'attuale Macedonia; Scutari, corrispondente all'attuale Albania del Nord; Giannina, corrispondente all'attuale Albania del Sud. Il 10 Luglio del 1939 la Regione viene occupata dall' Italia; alla fine della II Guerra mondiale entra a far parte della Federazione iugoslava.

Nel secondo dopoguerra fino all'incirca la fine degli anni '60 le popolazione di etnia albanese erano considerate pericolose in quanto durante la II guerra mondiale avevano considerato le forze dell'Asse come forze di liberazione in funzione anti serba. Atteggiamento inverso ebbero gli albanesi di Albania; le forze partigiane erano divise in due fazioni, una marxista ed una nazionalista. Quando nel 1966 il serbo Rankovic, Ministro dell'Interno della federazione iugoslava, fu estromesso dalla carica per dissensi con Tito, l'atteggiamento del Governo iugoslavo nei confronti dell'etnie albanesi cambiò, tanto che, con la nuova Costituzione del 1974 fu concesso al Kossovo di diventare una provincia autonoma all'interno della repubblica serba. All'atto della costituzione della Federazione iugoslava l'etnia albanese era stata divisa su vari territori al fine di indebolirla; la maggior parte al Kossovo, alla Macedonia (700.000, pari a un terzo dell'intera popolazione), alcuni Comuni al Montenegro e alla Serbia. Gli albanesi del Montenegro sono abbastanza integrati sia politicamente sia economicamente. In Macedonia, invece, sono repressi ed è vietato l'uso della lingua albanese ed i simboli nazionali; per ora la protesta è rimasta a livello politico ma con l'oggettivo rischio di una degenerazione violenta. Gli albanesi tra i popoli della Jugoslavia sono quelli che presentano il più alto tasso di endogamia (si sposano solo tra di loro), invece nelle altre popolazioni della Federazione i matrimoni misti erano abbastanza diffusi, chiaramente questo prima del 1991. Dopo la Morte di Tito (1980) vi furono delle manifestazioni nel Kossovo causate principalmente da motivazioni economiche (rivendicazioni salariali dei minatori) dalla quali venne una forte rivendicazione di autonomia. Nel 1982 si formò il Movimento per la Repubblica Socialista albanese in Jugoslavia (LRSSHJ). Per contenere l'accusa di irredentismo albanese formulata dal Governo iugoslavo LRSSHJ cambiò il nome in Movimento Popolare per la Repubblica del Kossovo (LPRK). All'interno del LPRK si aprì una discussione politica che portò alla divisione del movimento in due fazioni: quella moderata che si unì alla Lega Democratica del Kossovo (LDK) presieduta da Rugova (detto anche il Gandhi dei Balcani), l'altra più estremista agiva in clandestinità cambiando nome in Movimento Popolare del Kossovo (LPK), in seguito, da una sua costola, nacque l'UGK (esercito di liberazione kossovaro).Nel 1989 Belgrado toglie al Kossovo ogni apparenza di autonomia licenziando, in particolare dai posti pubblici, gli albanesi sostituendoli con personale serbo; attua una repressione poliziesca, non riconosce i titoli di studio delle scuole albanesi; vieta di usare in tutte le manifestazioni ufficiali la lingua albanese. Gli albanesi si organizzano costituendo un'organizzazione sociale parallela a quella ufficiale e fra loro non si intersecano quasi mai (uno stato nello stato); si viene così a formare un regime di reciproco "apartheid" mai ammesso dalla propaganda di entrambi. Vengono indette elezioni (illegali secondo Belgrado) nel 1992 dal LDK e il suo leader Rugova viene eletto Presidente. I serbi tollerano questo stato di cose perché per ragioni economiche e politiche non in grado reggere un'altra guerra. L'emigrazione kossovara nel nord Europa e negli Stati Uniti sostiene economicamente questo nuovo Governo e dagli inizi del 1998 anche l'UGK (per quest'ultima soprattutto da parte americana).Gli albanesi attuano una resistenza non violenta fino a quando il 1° marzo 1998 vengono uccisi due militari serbi e la polizia e la milizia scatenano una brutale repressione. Si arriva allo scontro armato che secondo le stime più attendibili della fine di Novembre parlano di 1800 morti albanesi, 200 morti serbi, 300.000 profughi e diversi villaggi dati alle fiamme. Questa guerra, come tutte le altre avvenute nell'ultimo decennio nell'area balcanica, sono generate dagli squilibri economici; le aree più ricche vogliono integrarsi ai mercati europei abbandonando le aree più povere. Ciò è stato incentivato dall'occidente: infatti l'episodio scatenante di questa crisi balcanica fu nel 1991 è il riconoscimento della Slovenia e della Croazia da parte del Vaticano. Riconoscimento importante perché permise a questi due stati, in particolar modo per la Slovenia , di entrare organicamente nell'area di mercato del Marco. Questo riconoscimento fu importante anche a livello simbolico perché quest'area è sempre stato il punto di contatto tra Oriente e Occidente con tutto il miscuglio conseguente di etnie, culture e religione, che può essere fonte di arricchimento e miglioramento sociale e culturale in presenza di una politica di eguaglianza economica, ma anche ideale per alimentare guerre violenze, razzismo in presenza di una politica di disuguaglianza economica, il classico "dividi et impera". In questa guerra nessuno dei due contendenti ha la forza per vincere; per cui questa continuerà fin quanto le potenze occidentali non avranno interesse ad imporre la loro "pace" (ricordiamo Libano, Bosnia, Iraq). La Serbia non usa tutto l'esercito, ma solo reparti scelti o Polizia a causa della sua disastrosa situazione economica; per ragioni politiche interne legate alla diserzione giovanile, per quelle esterne legate all'atteggiamento della Comunità internazionale; per ragioni propagandistiche legate al fatto che per la Serbia nel Kossovo ci sono solo degli atti terroristici e non una guerra civile (ad esempio diversi mezzi militari dell'esercito federale sono passati dal colore mimetico al colore blu simbolo della polizia). L'UGK per rifornirsi di armamenti può contare sulle rimesse degli emigranti e sui traffici illeciti internazionali; però l'appoggio logistico politico in territorio albanese è condizionato dalle politiche vincenti del momento. Gli abitanti del Kossovo puntano ad una piena indipendenza o in via alternativa ad una autonomia simile giuridicamente al quella del nostro Trentino Alto Adige. L'unione del Kossovo con l'Albania non è caldeggiata né da i kossovari né dagli albanesi di Albania, i primi, nonostante siano gli ultimi della federazione iugoslava sono certamente più evoluti sia dal punto di vista economico che da quello sociale; i secondi sono impegnati a sconfiggere la loro povertà. Queste due regioni sono separate; culturalmente perché il regime di Hoxha faceva leva sul sentimento nazionale ignorando il Kossovo; fisicamente perché tra il Kossovo e l'Albania vi sono montagne alte 2000 metri con passi sui 1000 e strade in condizioni fatiscenti; i migliori collegamenti stradali sono con la Serbia.

La risposta a questo conflitto non deve essere soltanto un pacifismo acritico ed interclassista, ma deve analizzare la componente di classe. I serbi sono la popolazione che controlla tutto l'apparato burocratico, vi sono i dirigenti delle poche imprese industriali rimaste (centrali elettriche e miniere), però coloro che detengono il potere o sono tornati in Serbia o vivono in Kossovo sfarzosamente ma blindati, gli altri quelli con poche risorse economiche lavorano negli apparati repressivi del regime. I serbi profughi delle Krajne (territorio a sud della Croazia) sono stati mandati dal regime di Belgrado per colonizzare e ripopolare etnicamente il Kossovo facendo i peggiori lavori. Gli albanesi che si sono dedicati al commercio, attività economica totalmente abbandonata dai serbi, hanno formato una classe abbastanza abbiente mentre gli altri vivono in situazione di indigenza e con un altissimo tasso di disoccupazione. Questo conflitto etnico cela niente altro che uno scontro di classe internazionale ed interno. Per gli Stati Uniti il Kossovo rappresenta l'ultimo piede nei Balcani, mentre per l'Italia la prosecuzione di una politica neocolonialista, che ha incontrato per ora solo molti problemi e pochi profitti in Albania. La mancata soluzione del conflitto, anzi il suo riacuirsi, è da ricercarsi, come sempre, nelle ragioni internazionali, che vedono un tentativo di recuperare in minima parte il proprio ruolo da parte della Russia, fiaccata e destrutturata economicamente dalla lunga acquiescenza alle politiche liberiste del FMI. Come sempre la guerra la fanno par procura i più poveri.

Dicembre 1998