Ronde, gabbie, serrate, stragi...

 

A colpi di decreto, di statistiche, di ingiunzioni, di provvedimenti giudiziari si intrecciano leggi, ordinanze, annunci, teoremi che - all'interno di una apparente pluralità democratica - si stringono intorno al collo di un paese sempre più costretto, nelle parole come nei fatti, a rinchiudere se stesso in una prigione di paura, di rimozioni e di indifferenza.

Il regolamento sulle ronde volontarie, emanato quasi insieme al rinnovo delle ronde militari, rende legale il riconoscimento e l'utilizzo di cittadini associati in forma di volontariato per il controllo del territorio. Triste evoluzione del movimento del volontariato ed ancora una volta eversiva applicazione del principio di sussidiarietà. Si apre così il safari, quartiere per quartiere, alla ricerca delle prede dalla pelle scura, dalla lingua sconosciuta, dal velo sul capo in nome della sicurezza di un paese che consegna le chiavi della sua prigione alle ronde ed al governo che le ha istituite.

Le statistiche diffuse dalla Banca d'Italia sul costo della vita, apparentemente inferiore nel sud d'Italia, hanno ridato fiato ai vecchi e nuovi sostenitori del ritorno alle gabbie salariali, consapevoli che qualora fossero reintrodotte si darebbe una mazzata forse definitiva al contratto nazionale di categoria (già minato dalla riforma del sistema contrattuale sottoscritta da parti padronali con CISL, UIL, UGL) nonché a qualsiasi speranza di ricomposizione dell'unità dei lavoratori e delle lavoratrici. Un incubo di federalismo fondato sul censo e sul dialetto, sulla divisione e sulla esclusione si materializza nelle forze di governo, incuranti dei redditi bassi al sud e del più alto costo del denaro nelle banche del sud.

Intanto le promesse di ricostruzione per l'Abruzzo terremotato si risolvono, al di là di proclami pubblicitari, in un'occupazione militare in cui gli abitanti restano ostaggi delle ditte appaltatrici scelte dal Governo in base a principi clientelari e delle forze dell'ordine, espropriati del diritto di ricostruire le proprie case e le proprie vite. E un altro pezzo di territorio, guarda caso del sud, viene sottratto ad ogni controllo democratico e consegnato in mano alle mafie.

Chiusi nei quartieri, chiusi nelle gabbie salariali, chiusi nella disperazione della disoccupazione quando è la fabbrica a buttarti su una strada. La serrata dell'INNSE di Milano, fabbrica metalmeccanica florida nonostante la crisi generale, è l'emblema dell'arroganza padronale che compra e vende capannoni, macchine e lavoro a solo scopo speculativo e poi chiude, gettando via la maschera del capitalismo "responsabile". La lotta dei lavoratori della INNSE, da 14 mesi prima in autogestione e impegnati poi a non far portare via le macchine e la produzione, è la conferma della resistenza di una solidarietà di classe proprio nel cuore del potere leghista.

E la scarcerazione di Fioravanti e l'ennesimo depistaggio sulle stragi fasciste degli anni '70 e '80 vorrebbero chiudere quel periodo nell'ennesimo armadio degli orrori da girare porte al muro nella speranza che nessuno lo vada mai più a riaprire. Scardinandolo così dalla memoria collettiva del paese. Quella che conta è la memoria di Stato!!

In una società attraversata da eclatanti o meno avvertibili fenomeni di separazione, divisione, esclusione, chiusure di spazi di convivenza e di auto-organizzazione, occorre ricostruire e sostenere un ampio movimento per una società aperta, fatta di organismi di base, federati sulla base della solidarietà e di un progetto di libertà ed uguaglianza che veda protagonisti i lavoratori italiani ed immigrati e tutti i soggetti sociali portatori di alternativa al capitalismo, allo Stato, al fascismo.

Segreteria Nazionale
Federazione dei Comunisti Anarchici

Agosto 2009