URSS: La fine di equivoco

 

La crisi dell'URSS e la dissoluzione del Partito Comunista dell'Unione Sovietica segnano la fine di un'epoca, caratterizzate dall'egemonia leninista sulla sinistra di classe nel mondo.

La crisi ha origine lontane e risale all'arresto del processo rivoluzionario in Russia imposto dalla introduzione del capitalismo di stato voluta da Lenin. I passi successivi quali la dittatura del partito, la repressione della stessa opposizione di classe fuori e dentro il partito, la persecuzione poliziesca di migliaia di uomini e di donne, sacrificate sull'altare degli interesse della Russia, non sono che le conseguenze di questo vizio di origine.

Per questi motivi in URSS non è morto il comunismo ma si è decomposto un impero, per il quale si è avviata una fase di decolonizzazione che porterà alla ristrutturazione dei rapporti di scambio e di dominio tra le nazionalità e le etnie più forti a detrimento di quelle più deboli.

Il capitalismo internazionale si sente giustamente vittorioso. Può partecipate al banchetto della redistribuzione dei mercati e delle aree di influenza, può più agevolmente integrarsi con i gruppi capitalistici e i ceti burocratico-militari già da tempo affermatisi nell'area geoeconomica che fu l'URSS.

Da questa disgregazione vengono pericoli per la pace, il rischio di una "balcanizzazione" dell'intera Europa dell'Est e di parte dell'Asia è reale e già riprendono forza negli Stati occidentali atteggiamenti guerrafondai e interventisti, poiché è inevitabile che nel disordine della lotta tra nazionalismi ed etnie prima o poi bisognerà mettere ordine, dividendosi le sfere di influenza.

Occorre poi assicurare il controllo degli arsenali atomici per impedire un'ulteriore proliferazione nucleare, per evitare che nei conflitti che comunque ci saranno si facci ricorso a queste armi.

La crisi economica di quest'immensa area minaccia di produrre una gigantesca migrazione verso i paesi dell'occidente capitalistico che si unisce all'altra in corso, proveniente dal terzo mondo.

Crescerà il proletariato industriale di riserva e le posizioni di benessere, conquistate dalle masse dei paesi "occidentali" rischiano il tracollo per effetto di una lotta fratricida. Le sacche di miseria già presenti si allargheranno a strati sempre più larghi di popolazione.

L'EQUIVOCO È FINITO

Nel mondo le masse lavoratrici sentono più che mai con urgenza il bisogno di affrancarsi dallo sfruttamento, di uscire dalla miseria, di lottare per un avvenire migliore.

IL COMUNISMO NON È MORTO

Dopo una fase di ubriacatura caratterizzata dalla convinzione che con la conquista delle libertà borghesi sia stata conquistata anche la liberazione dallo sfruttamento, i popoli che già fecero parte delle "democrazie socialiste", che hanno conosciuto gli orrori del capitalismo di stato, riprenderanno la lotta per la loro emancipazione.

Sarà la lotta per il comunismo, comunque lo chiameranno, perché il bisogno di giustizia sociale è insopprimibile.

Sapranno evitare gli orrori del passato che così duramente li hanno segnati.

Per questo motivo, oggi, in Italia sentiamo di poter chiamare a raccolta tutti i sinceri comunisti per riprendere insieme la lotta.

Firenze, 31 agosto 1991

Federazione dei Comunisti Anarchici