TIEN A MEN

 

Con il bagno di sangue crolla in Cina il capitalismo di Stato.

Il bagno di sangue con il quale i dirigenti del Partito Comunista Cinese stanno schiacciando la pacifica opposizione del popolo induce ad evidenti analogie, che sia pure in contesti diversi, hanno caratterizzato l'edificazione dei "socialismi nazionali".

In tali regimi il capitalismo di stato si è progressivamente affermato con il sostegno degli apparati di repressione che a più riprese hanno soffocato le lotte dei lavoratori.

Oggi in Italia le forse politiche del pentapartito speculano sulle vicende cinesi per biechi fini elettoralistici. Si tace il sostegno politico ed economico concesso alla classe dirigente cinese, la stessa che in questi giorni ha ordinato il massacro di Pechino: l'Italia vanta con la Cina un florido rapporto economico che nel 1988 ha sfiorato i 3.500 miliardi di lire.

La nuova leadership tecnocratica guidata da Deng Xiao-Ping ha progressivamente aperto le porte dello sterminato mercato cinese e della enorme massa di manodopera a basso costo alla penetrazione del capitale occidentale, lanciando l'arretratissima società cinese in un malriuscito tentativo di imitazione della società americana, al punto che Cina ed USA hanno finito per collimare i propri indirizzi nel panorama della politica internazionale.

Quei settori della sinistra italiana che avevano ancorato il proprio bagaglio politico ed ideologico, non ad una concezione teorica da verificare costantemente nella prassi quotidiana, ma ad un paese mitico dove il futuro è già presente, hanno perso con il cadere dei miti il timone della propria azione. Per tutti coloro che non avevano occhi per vedere se non le lenti deformanti del mito del paese-guida, la fine dei miti ha rappresentato la perdita di ogni parametro di giudizio.

Ma la Cina allora, si configura storicamente come un paese capitalista? Se a suo tempo la sinistra avesse risposto affermativamente e con rigore scientifico ad una simile domanda, certamente oggi avremmo ben altre argomentazioni da opporre al massacro di Pechino e ad ogni "grancassa" anticomunista.

La rivolta cinese è una rivolta contro il capitalismo di stato, contro le conseguenze sociali della industrializzazione accelerata, caldeggiata dall'attuale classe politica cinese e dal capitale multinazionale. Tutto ciò ha esposto la Cina alle dinamiche tipiche della ristrutturazione capitalistica. Quella cinese è una rivolta contro il capitalismo di stato, che dimostra drammaticamente l'asprezza dello scontro di classe in atto nel paese.

E' nelle caratteristiche dello scontro di classe che si manifesta oggi in Cina che risiedono le premesse del comunismo, e non nei miti sbiaditi dei socialismi nazionali.

Federazione dei Comunisti Anarchici
Segreteria Nazionale

Lucca, 4 maggio 1989