No allo smantellamento della sanità pubblica!

 

Dalla sanità pubblica alla sanità privatizzata

Sette facciate del maxi emendamento al decreto Enti Locali, modificano per l'ennesima volta l'assetto del servizio Sanitario Nazionale, declinato nelle già disomogenee organizzazioni regionali.

Nei 37 anni dall'entrata in vigore della riforma sanitaria legge 833/78 che istituiva il SSN, pubblico, unico, universale, si sono succedute una miriade di controriforme (L. delega 421/92, D.L. 502/92, Dlg 517/93, L. 189/2012) per ridurre un sistema previsto dalla Costituzione, equo e di qualità, a ciò che la scelta neoliberista (feb/1992 Trattato di Maastricht) ha imposto: una sanità in cui chi ha i soldi si cura (sia nel pubblico che nel privato) e chi non li ha, resterà impaurito, frustrato, rassegnato, oltre che malato.

Il morbo della spending review

Quello che non è riuscito a fare il governo Amato (sistema duale con la spinta verso le assicurazioni private per la specialistica ambulatoriale) lo completa il governo Renzi, in un momento in cui anche la tutela sociale è ridotta dalla crisi economica e dalle scelte governative, e appare incerta la possibilità di una mobilitazione generale capace di bloccare questo processo.

Il cavallo di Troia si chiama "appropriatezza delle prestazioni" (art 9 quater): cioè il servizio pubblico non offrirà più quelle prestazioni che non sono ritenute necessarie e che verranno indicate entro un mese da un decreto.

La salute come consumo

Negli anni passati si è preferito incoraggiare l'affermarsi della medicina prescrittiva, rafforzata da quella difensiva e dalla "redditizia" sovra-diagnosi, che mercificano le attività sanitarie, per distogliere l'attenzione dai fattori di nocività dell'ambiente, di vita e lavoro, evitando di investire adeguatamente in prevenzione, promozione della salute e combattere i determinanti delle malattie.

Ora, che il paziente/consumatore è sufficientemente indotto al consumismo sanitario, si possono togliere le prestazioni garantite dal sistema pubblico (abbassando di fatto i Livelli Essenziali di Assistenza) e spingere ancor più verso l'acquisto privato (secondo il Censis nel 2014 i cittadini hanno già speso 33 mld di tasca propria per garantirsi assistenza e cure e, secondo l'ISTAT, sono circa l'11% i cittadini che rinunciano a curarsi per ragioni economiche o per mancanza di offerta).

Educare e coinvolgere

Se le prestazioni sono davvero "inappropriate" è urgente fornire un'adeguata educazione sanitaria ed un coinvolgimento dei cittadini per la loro difesa da ciò che è inappropriato (e a volte dannoso), sia esso gratis o a pagamento, erogato dal pubblico o dal privato, gravante sul bilancio pubblico o su quello familiare.

I medici (Simg) propongono di essere incentivati in base a evidenti risultati di un bilancio spesa/salute degli assistiti, piuttosto che essere premiati o puniti in base ad un bilancio amministrativo: per i cittadini sarebbe sicuramente un vantaggio e a medio-lungo termine lo sarebbe anche per il bilancio della sanità.

Chi deciderà l'appropriatezza? Un altro decreto!! Chissà se ci vorrà un'altra fiducia.

L'art.9 del decreto fa male alla salute

L'art 9 fa anche molto altro:

Meno tasse ma senza salute

Renzi ha già dichiarato (campagna amministrative 2016?) che con i soldi risparmiati si possono ridurre le tasse ai cittadini: ma quali tasse? Quelle sulla prima casa che non tutti hanno? O regalando un'altra riduzione dell'IRPEF del tipo 80 € a chi un IRPEF la paga e quindi ha anche un reddito, e continuando a lasciare nell'indigenza i cittadini non più in grado né di avere una vita dignitosa né di curarsi?

Mobilitazione

Proponiamo di ridurre le spese sanitarie:

Per salvaguardare il bene SALUTE e il diritto ad una SANITA' UNIVERSALE sarà necessario che cittadini e professionisti, pazienti e operatori si uniscano nel contrastare lo smantellamento del SSR così come era stato conquistato con le lotte di uomini e donne per un diritto ad una vita dignitosa.

Alternativa Libertaria/FdCA

10 agosto 2015