La questione istituzionale

 

Nella ristrutturazione dei processi produttivi, sociali e istituzionali che accompagnano questa fase di globalizzazione del mercato, la crisi istituzionale italiana presenta aspetti originali e peculiari.

Infatti stanno venendo meno quelle garanzie di equilibrio dei poteri e d bilanciamento degli interessi che erano divenute le caratteristiche degli Stati borghesi, cosiddetti "di diritto", che adottavano la divisione dei poteri propria della rivoluzione francese.

Gli anarchici non hanno mai creduto che questa legalità di classe assicurasse diritti, uguaglianza e tanto meno libertà: coerentemente perciò hanno combattuto questi sistemi sociali e politici proponendo in alternativa la costruzione di una società di liberi ed uguali che, abolito lo sfruttamento mediante la socializzazione dei mezzi di produzione, avviasse il cammino verso istituzioni capaci di assicurare la reale partecipazione di tutti alla gestione delle strutture politiche della società: da qui le parole d'ordine di autogestione, rifiuto della delega, primato del sociale sull'economia e la politica, solidarietà fra i popoli, rispetto delle culture e delle diversità di genere, di lingua, ecc.

Il processo di mondializzazione dell'economia presuppone per il capitale, a torto o a ragione, di poter fare a meno dei ceti medi e, in un certo senso, delle borghesie nazionali, e ciò significa l'abbandono dello stato di diritto, che ha permesso alle strutture politiche e istituzionali che finora hanno dominato, di operare e contrastare efficacemente la lotta di classe.

Queste istituzioni sono oggi in crisi ovunque, per effetto di processi che abbiamo sommariamente richiamato e più volte analizzato nelle nostre elaborazioni, ma lo sono ancora più in Italia, dove è in atto un processo di "balcanizzazione" delle istituzioni, che ha come effetto primario la scomparsa repentina di quelle garanzie minime di libertà e legalità borghese, che erano proprie degli stati cosiddetti di diritto.

Le nuove dislocazioni dei poteri (vedi le leggi finanziarie dal 1993 in poi, il DLgs 29/93 e successive modificazioni, le numerose "leggi Bassanini" già emesse e in corso di preparazione sul cosiddetto "federalismo fiscale e amministrativo"), che si va prospettando comporta anche la decadenza di quei diritti di cittadinanza che, pur originandosi dentro le tradizionali strutture istituzionali, hanno consentito un'agibilità delle lotte sociali, alle quali si devono tante conquiste di libertà e dignità che ora sono totalmente poste in discussione.

Se guardiamo al fenomeno in generale, vediamo che in Italia siamo molto al di là di processi quali la dissoluzione dello stato centrale e conseguentemente federalizzazione dello stato in Belgio, processo anch'esso ricco di incognite e spinte distruttive e dissolutrici anche a livello sociale, ci troviamo di fronte a conflitti istituzionali potenzialmente ben maggiori di quelli che caratterizzano già la Spagna, dalle autonomie regionali sempre più accentuate.

Oggi l'Italia è un paese nel quale una classe politica globalmente insulsa e incapace, una "sinistra" politica "riformista" (?!) ignorante e priva di valori di riferimento, sta gestendo la demolizione sistematica delle vecchie istituzioni politiche e, soprattutto, di ogni garanzia e solidarietà sociale, per costruire la società destrutturalizzata funzionale al mercato globale, una società nella quale donne e uomini, suddivisi in gruppi tendenzialmente omogenei al loro interno si oppongono ad altri in uno scontro feroce per accaparrarsi quote di ricchezze e di benessere, garanzie sociali e politiche, peraltro labili e incerte.

Nessun aiuto, nessuna alternativa, nessuna lettura credibile di quanto sta avvenendo, viene dai tradizionali partiti politici, conservatori o progressisti che siano, impegnati a demolire il passato per un futuro incerto ed improbabile, in una totale confusione di prospettive e di valori.

A questo disastro istituzionale e sociale può, e deve, dare risposta oggi il comunismo anarchico organizzato, attraverso una propria proposta di società di valori, di istituzioni solidali, libere e partecipate, stimolando aggregazioni che, in una prima fase –in questa fase- non possono che essere difensive, ma che già da ora si fanno portatrici di un progetto sociale e politico generale. E' per questo motivo che la FdCA può proporre e promuovere comitati e associazioni in difesa di specifici interessi e valori sociali, nell'ambito di una tendenza generale che vede il fiorire di un associazionismo particolare in difesa di interessi ormai abbandonati dalle organizzazioni politiche.

E' compito dei militanti stare dentro questi organismi, è compito dell'organizzazione politica coordinarne e federarne l'azione e ricondurre a sintesi strategica, e nell'ambito di un progetto politico globale, segmenti di azione diretta che, lasciati a se stessi, potrebbero ridursi a puro movimento d'opinione ed essere riassorbiti in ottiche velleitarie e sostanzialmente inefficaci.

36° Consiglio dei Delegati
Federazione dei Comunisti Anarchici
 

Fano, 4 ottobre 1998