QUALI CAPITALISMI?
MONETARISMO E
KEYNESISMO
Intervento al Convegno della FdCA sul tema - Bologna 12 marzo 1995
Volevo partire da 2 fatti, di cui uno è sotto gli occhi di tutti ed uno si nota soltanto nella stampa specializzata. Il primo è la tempesta monetaria, su cui non mi attardo: tutti sanno e tutti vedono quali sono gli effetti sulla lira, sul franco, sulla peseta, sul peso messicano, sul dollaro. Il secondo è la nomina del presidente del WTO. La World Trade Organisation è la nuova forma che gli Stati, tutti gli Stati del mondo, si danno per regolamentare il commercio internazionale.
Prima del WTO, che è entrato in vigore il primo gennaio 1995, esisteva il GATT. Il GATT era una forma di convenzione che gli Stati trovavano periodicamente sulle quote di commercio internazionale; si organizzavano in round, cioè in lunghe conferenze che duravano anni, per poi arrivare ad un accordo che periodicamente ridistribuiva le quote di mercato. Il GATT è finito e con un nuovo accordo nasce il WTO.
Che differenza c'è tra i due organismi? Il WTO è qualcosa che sta molto di più sotto il controllo delle grosse potenze commerciali e delle grosse potenze industriali del mondo. Perché? Perché mentre un tempo nel GATT le forme di sanzione per chi non ottemperava poi agli accordi erano vaghe e spesso inapplicabili, il WTO è un nodo molto importante della struttura capitalistica internazionale. Ebbene, fino a questo momento ci sono solo 2 candidati; fino a qualche mese fa ce n'erano tre. I 2 candidati sono un coreano e un italiano, che è quello che ha le maggiori speranze in questo momento: Renato De Ruggero, che è stato ministro del commercio con l'estero qualche governo fa, e fino a qualche tempo fa Salinas De Gortari, che è l'ex-presidente del Messico. Lo scontro vero è stato a lungo fra De Ruggero e Salinas De Gortari, il quale è stato costretto alla rinuncia per lo scandalo legato all'assassinio di un uomo politico messicano, considerato un innovatore. Comunque, la cosa importante è che per mesi si sono fronteggiati un candidato italiano sostenuto dall'Unione Europea (UE) e un candidato americano. Tuttora gli americani hanno cercato di sbarrare il passo al candidato europeo dicendo che non era sufficientemente liberista e cercando quindi di fermarlo. In realtà sembra che De Ruggero stia guadagnando posizioni anche se non si sa se gli americani riusciranno a trovare una soluzione di stallo.
Perché mettere insieme questi due fatti? La nomina del presidente del WTO e la tempesta monetaria? Perché tutti e due sono gli effetti di uno scontro molto duro che c'è tra l'economia statunitense e l'economia europea: cioè tra Stati Uniti da una parte e Germania dall'altra. Questi rappresentano due modi di concepire la gestione del capitalismo. Tutti e due comunque all'interno di una teoria complessiva che è il monetarismo. In questo momento da nessuno -o solo marginalmente- viene posta in discussione la teoria di fondo del capitalismo in questo momento, che è il monetarismo. Stati Uniti e Germania rappresentano modi diversi di intendere lo stesso credo. Mentre da una parte possiamo dire che la Germania ha una discreta attenzione alla struttura dello stato sociale, pur all'interno di una impostazione liberista, questo non esiste nel liberismo spinto che è stato portato avanti negli Stati Uniti negli ultimi anni. Per cui, ad esempio, i lavoratori tedeschi riescono ancora a strappare le 35 ore, riescono a strappare un contratto che prevede il 7% di aumento in 2 anni: un punto al di sopra del tasso di inflazione, cosa che noi non ci sogniamo e ora la Germania gode di una struttura produttiva e sociale abbastanza più soft dal punto di vista degli ammortizzatori sociali di quanto non lo siano gli Stati Uniti.
Ma cos'è il monetarismo, che è il modello che è invalso nel mondo capitalistico dalla fine degli anni '70 e qui veramente parliamo di capitalismi diversi. Cosa era prima il capitalismo, cosa è ora il capitalismo? Prima del monetarismo, che è una teoria che è stata avanzata negli anni '60 da quelli che si chiamano i Chicago Boys, cioè Friedman e altri di cui fa parte Dini, l'attuale presidente del consiglio italiano, c'era il modello keynesiano. Una delle grosse differenze tra questi 2 modelli è che mentre nel modello keynesiano lo stato sociale, il salario sono motori dello sviluppo, nel monetarismo quello che conta è il libero mercato.
Queste sono le grosse affermazioni, poi di fatto nelle applicazioni pratiche molte cose finiscono per coincidere, però ci sono due filosofie di fondo. Spesso noi sentiamo ragionare le persone all'interno di un modello monetarista non annunciato. Quando noi stiamo attenti particolarmente ad esempio al debito pubblico e veniamo martellati sul discorso del debito pubblico, non ci accorgiamo e non ci rendiamo conto che questo è un problema tutto interno ad un discorso di tipo monetarista. Perché il keynesismo che ha dominato il capitalismo dagli anni '30 fino agli anni '70 per un quarantennio e che è stato quello che ha risollevato le sorti del capitalismo dopo la crisi del '29, è entrato in crisi?
C'è chi sostiene che in realtà il modello keynesiano non è mai andato in crisi. Questo in parte è vero ed in parte non è vero: nel senso che una crisi del modello c'era, ma non era forse così drammatica e così irrisolvibile come la si vuol far credere. In realtà quello che è successo è che durante gli anni '40, '50 e '70 è cresciuta a livello internazionale una classe economico-finanziaria -quella che si chiama il management- che è diventata ipertrofica ed i cui interessi sono sempre più stati svincolati dalla produzione industriale e sempre più legati al capitale finanziario, quindi ad investimenti di per sé non legati alla produzione. Quindi, progressivamente, i centri di potere si sono spostati dalle grosse famiglie industriali ai grossi gruppi finanziari. I due modi di concepire il capitalismo sono sostanzialmente differenti, nel senso che da una parte quello che si privilegia è il profitto finanziario, cioè il profitto quale esso sia: se viene ottenuto attraverso un investimento produttivo, bene, se no lo si può ottenere ugualmente giocando in borsa, creando una finanziaria alle Bahamas e vendendo al momento giusto, facendo spostamenti monetari o a volte nemmeno quelli, semplicemente al calcolatore con compravendita di monete o addirittura si possono comprare delle aziende per distruggerle, senza ristrutturarle. Se un'azienda è in crisi viene comprata a prezzo stracciato non per ristrutturarla ma per demolirla perché l'area è remunerativa dal punto di vista edilizio.
Quella che in realtà è entrata in crisi quando il monetarismo ha sostituito il modello keynesiano è stata la centralità degli Stati Uniti d'America. Tale centralità era frutto degli accordi post-bellici. In realtà questo modello non era esattamente keynesiano, perché all'epoca degli accordi post-bellici di Bretton Woods, Keynes aveva progettato un piano diverso di struttura internazionale. Quella che vinse fu la linea americana, la centralità del dollaro che ci siamo portati avanti fino agli anni '70. Poi questa è entrata in crisi perché il dollaro da solo non reggeva a causa della competizione con Germania e Giappone, perché la guerra in Vietnam aveva creato una inflazione elevata e comunque aveva distrutto una serie di beni prodotti, perché i conflitti sociali erano aumentati. Da questo è emerso un tentativo degli USA di ricostruire una leadership internazionale attraverso una nuova teoria. Perché si dice liberismo: perché appunto la teoria monetarista pensa che l'equilibrio non è opera di un'azione programmata dello Stato, ma è in buona sostanza (poi ci sono dei correttivi) il riflesso di un equilibrio che si crea automaticamente tra le forze economiche e sociali. Quindi il vecchio credo di Adam Smith: do la massima libertà a tutti e le singole spinte poi si equilibrano in un sistema complessivo. L'intervento statale, che era stato il punto di forza dell'economia negli anni '30, '40 e così via, è venuto in crisi. Ne è seguita una forte deindustrializzazione negli anni '80, poiché il profitto era sempre più un profitto monetario non sempre legato ad un fatto produttivo. Complessivamente questo ha comportato una grossa restrizione dei mercati: non utilizzando più il salario come motore dello sviluppo, le basi di acquisto dei singoli paesi sono andate comprimendosi. Se si dà meno salario alle persone, il loro potere d'acquisto scende e questo provoca un crollo verticale dei mercati generale. Questo comporta poi un'altra conseguenza: siccome c'è bisogno di capitali, è necessario tenere alto il tono della moneta: ho bisogno di dire che la moneta è forte, venite da me che vi do un buon rendimento. Per tenere alta la moneta, ancora una volta si va contro i mercati. Gli USA sono passati nel periodo del reaganismo da una moneta debole ad una moneta forte, allo stesso tempo sono passati da paese essenzialmente esportatore a paese essenzialmente importatore: la bilancia commerciale degli USA è in deficit permanente da circa 7-8 anni. Per la prima volta si crea negli Stati Uniti una differenza tra bilancia commerciale e bilancia dei pagamenti: si ha una bilancia commerciale in deficit perché si esporta meno di quanto si importa e nello stesso tempo si ha una bilancia dei pagamenti attiva perché nella bilancia dei pagamenti vengono contati anche i capitali i quali rendono da un punto di vista monetario e provocano un attivo. Questi fatti hanno generato una strozzatura nel sistema internazionale e il tentativo di alcuni settori industriali di uscire da un modello di sviluppo che li penalizzava.
Ecco quindi che alcuni meccanismi keynesiani tornano. Ovviamente si tratta di un keynesismo mutato: dentro le teorie di Keynes la cosa fondamentale è l'intervento statale, quindi la nazione, attualmente un modello keynesiano ha senso soltanto a livello globale. Se tutti i mercati tirano è possibile per ognuno investire in salari: è impossibile per i tedeschi dare più soldi ai propri operai se non fanno altrettanto gli altri, perché le merci non diventano più competitive. Per ora la Germania si salva perché ancora perché ha un modello di produzione che si basa più sulla qualità che sul prezzo, per cui uno finisce per preferire una merce tedesca perché è sicuro del prodotto, però questo meccanismo rischia di usurarsi se la differenza monetaria è grossa. E questo spiega la tempesta monetaria. La tempesta monetaria sta avvantaggiando gli USA e l'Italia e sta danneggiando la Germania. E' quindi chiaro che non si può più fare uno Stato keynesiano isolato. Si ha bisogno in questo caso di un sistema internazionale di gestione come passaggio irreversibile. Il keynesismo è perciò possibile se il mercato internazionale a livello globale sale di tono, se cresce dappertutto. Questo è anche i limite del caso italiano: un modello sostanzialmente esportativo, confidando nella costrizione del nostro mercato e nell'espansione degli altri; ma se gli altri applicano le stesse ricette, anche il mercato internazionale finisce prima o poi per diventare precluso alle merci di basso costo.
Comunque i segnali di un ritorno del keynesismo ci sono. Ad esempio Jospin nella sua corsa all'Eliseo: tra le prime cose che ha affermato c'è stato il NO alle privatizzazioni, perché ovviamente le privatizzazioni rientrano in un piano di smantellamento dello Stato imprenditore -cosa che preoccupa molto anche i nostri industriali- e danno assai gioco alle forze economiche. Jospin ha detto NO alle privatizzazioni e poi ha presentato un programma di "sinistra" (siamo sempre all'interno delle dinamiche capitalistiche, naturalmente). Magari ci fosse in Italia una forza di sinistra moderata e riformista in grado di avere una alternativa economica, ma questa non c'è. I laburisti hanno una visione completamente diversa da quella di Mayor. La stessa SPD in Germania ha una visione differente da quella di Kohl, pur essendo il modello tedesco un modello ammorbidito di monetarismo. Il caso interessante comunque è sempre quello degli USA: ovverosia il caso Clinton. Infatti Clinton si era presentato all'inizio del suo mandato con una autentica rivoluzione dopo gli anni della gestione repubblicana: il piano sanitario nazionale, garanzie sociali, tipiche ricette keynesiane. In realtà, poi, questa "rivoluzione" si è abbastanza fermata e Clinton è ricaduto ostaggio del vecchio potere. Ha perso le elezioni di metà mandato con la vittoria dei repubblicani di Greenich, ha avuto dei pesanti attacchi personali, gli è stato bocciato il piano sanitario nazionale e soprattutto al vertice della Federal Reserve c'è Greenspan, che come tutti i banchieri centrali del mondo è un monetarista convinto. Il tasso di sconto in USA è raddoppiato: significa che il costo del denaro aumenta e blocca gli investimenti, blocca una ripresa che in USA nel '94 è stata abbastanza sostenuta. L'America ha avuto un aumento del prodotto interno lordo del 4,7% l'anno scorso: il più grosso del mondo. Però, chiaramente questo rischia di bloccarsi se il costo del denaro va su.
Ci sono stati 16 aumenti del tasso di sconto nell'arco degli ultimi 13 mesi in USA per un raddoppio totale del tasso si sconto. Questo vuol dire che il potere a livello internazionale è ancora nelle mani dei monetaristi e si concentra nel FMI, che con le sue politiche ha imposto il monetarismo in tutto il mondo. Per esempio l'ha imposto al Terzo Mondo. Quando il FMI dà dei prestiti, chiede che il paese che riceve il prestito si attenga ad un certo modello: controllo del bilancio statale, distruzione dello stato sociale, le stesse cose che noi stiamo osservando in Italia dal governo Amato in poi. Altro elemento forte del monetarismo è il Trattato di Maastricht in Europa, il quale è forse il punto di applicazione più interessante del monetarismo, anche se la Bundesbank ha un ruolo particolare, perché la Germania ha una struttura particolare. In Germania in capitale finanziario e il capitale di investimento non hanno questa così forte distinzione. Dagli inizi del '900 il capitale finanziario e il capitale di investimento sono molto integrati in Germania: questo comporta che il conflitto tra le due concezioni sia minore e che si trovi una mediazione onorevole nella gestione delle cose. Cosa che non avviene in America e non avviene in Italia.
C'è poi il caso del Messico che risulta interessante. Il Messico ha avuto un crollo finanziario, in quanto inserito l'anno scorso di forza in quello che si chiama il NAFTA, il mercato comune americano. L'occupazione di San Cristobal de las casas è avvenuta il 1° gennaio, esattamente in concomitanza con l'avvio del NAFTA, quale scelta precisa dell'Esercito Zapatista: colpire in un momento in cui, entrando il Messico nel NAFTA, si avviava la totale subordinazione agli USA in un accordo che avrebbe reso il Messico più povero di prima. Il NAFTA entra in crisi perché il Messico entra in crisi, non avendo un'economia in grado di reggere in rapporto a quella americana: si era trattato di un salto nel buio dal punto di vista economico. Ma perché Clinton difende il NAFTA? Perché in qualsiasi visione la si possa inquadrare, un mercato largo è necessario sia per chi opta per una teoria monetarista sia per chi non opti per quella. Quindi la necessità per gli USA di avere un mercato ampio da contrapporre al mercato che l'Europa si era creato è importante e fondamentale. I crediti che Clinton ha concesso al Messico sono crediti incredibili e mai concessi prima; sono condizionati al controllo del debito pubblico, ma anche all'aumento del salario minimo garantito che rappresenta una linea di controtendenza. Infatti le teorie monetariste, con la loro iperattenzione nei confronti dell'inflazione, nei confronti del debito pubblico e a come si muovono i capitali nel mercato finanziario, portano alla disattenzione nella produzione di merci, dei mercati reali delle merci. Generalmente veniamo bombardati sul fatto che la lira è a quota 1200 nei confronti del marco, ma non si dice che le esportazioni sono raddoppiate negli ultimi tempi e che avranno accelerazioni enormi nei prossimi mesi. Non si dice ad esempio che i tedeschi vengono a comprare le macchine tedesche in Italia! Figuriamoci le merci italiane! La produzione auto in Italia è aumentata di 57.000 unità dal gennaio '94 al gennaio '95 e quasi 40.000 auto sono andate all'export. Tutto l'aumento della produzione è recepito dal mercato dell'export. Questo salva la FIAT e provoca i sabati lavorativi, i doppi turni e la nuova offensiva FIAT sul lavoro. Un'altra cosa a cui il monetarismo non è attento sono i conflitti sociali. Siccome il monetarismo premia i più ricchi e bastona i più poveri, semplicemente i più poveri prima o poi si incazzano. Abbiamo i casi di Crotone, del Sulcis, ma a livello internazionale c'è il caso Chiapas. Il caso Chiapas riguarda tutto il Messico, e così via.
Non è un caso che il Trattato di Maastricht abbia realizzato fin da subito l'unione delle banche e l'unione degli eserciti! Vale a dire che la via per reprimere il disagio sociale è la via militare. Chiapas insegna!
Con questo possiamo concludere sui due capitalismi: in questo momento si osserva come dominante ancora il monetarismo, ma si osserva un bisogno da parte del capitale produttivo e di chi è più attento alle lacerazioni sociali di trovare delle mediazioni onorevoli e quindi di passare ad un modello keynesiano.
Quali sono le forme politiche che possono essere collegate a questi due modi di vedere lo sviluppo economico e l'organizzazione economica della società? Parlare di destra e sinistra è difficile, perché sia l'una che l'altra forma hanno visto gestioni di destra e gestioni di sinistra. Keynes ha visto il New Deal in America, ma ha visto anche il fascismo in Italia. O ha visto la pianificazione nei paesi dell'Est, quindi forme totalitarie e non totalitarie. Ma anche i monetaristi hanno avuto forme di gestione cosiddetta democratica e liberale e forme chiuse: pensiamo al Cile o agli USA e alla Gran Bretagna. Tutti e tre monetaristi, ma con gestione del potere completamente diverse. Allora quali sono le cose che distinguono dal punto di vista politico le due teorie? Da una parte il ruolo dello Stato: per i keynesiani il ruolo dello Stato è un ruolo di governo dell'economia, quindi lo Stato imprenditore, lo stato sociale, lo Stato che fornisce servizi, perché tutto questo fa da motore all'economia, rende oleato il ciclo. Per la visione friedmaniana o monetarista, lo Stato è semplicemente il comitato di affari delle banche: cioè l'ente che si preoccupa di applicare le teorie e le ricette decise dal capitale finanziario nei singoli settori della società e poi li controlla militarmente, controlla in maniera poliziesca la situazione.
Sul versante sociale, da una parte la visione keynesiana pensa ad una tutela dell'individuo che comporta una integrazione nel meccanismo statale, ma anche una certa sicurezza; pensiamo al caso svedese ad esempio. Dall'altro in una società di tipo monetarista, l'individuo è solo e c'è una forte cesura tra le classe. Mentre nel modello keynesiano le classi tendono ad integrarsi a livello economico in un sistema che le comprende tutte, nella teoria monetarista la cesura è forte e la classe subalterna viene controllata a livello militare, di ricatto occupazionale, di ricatto economico.
Nel modello friedmaniano c'è un equivoco di fondo che dovrebbe colpire soprattutto noi libertari. Siamo tutti rimasti attoniti nel guardare il cavalier Berlusconi che ha perso le staffe in una conferenza stampa non su un problema della manovra economica di Dini, non sul problema delle elezioni anticipate, ma su un solo problema: il problema del controllo delle TV. Ribadendo che non vuole regole ma libertà, libertà massima. Il ministro degli esteri del governo Berlusconi, Martino, si era definito liberale in politica, liberista in economia e libertario nei rapporti sociali e privati. Occorre allora far chiarezza sulla libertà. La libertà si fonda soltanto sulla PARITA' nelle condizioni sociali, non solo sulla parità delle opportunità, per cui chi è più forte vince.
Ci sono gli anarchici di destra in America. Hanno una forte presenza all'interno del partito repubblicano. Questa è una cattiva concezione della libertà, perché prevede che l'individuo può fare quello che vuole sulla scorta delle teorie di Hobbes. Gli anarchici hanno sempre sostenuto che la priorità è quella dell'uguaglianza economica e su quella si fonda la libertà, perché solo a quel punto le opportunità sono veramente uguali per tutti.
Non si può cadere nell'equivoco della libertà come assenza di regole come qualcosa che può essere per noi conveniente.
Saverio Craparo